Tra le paludi di coccodrilli e serpenti un "terminal,, per il greggio nigeriano

Tra le paludi di coccodrilli e serpenti un "terminal,, per il greggio nigeriano A Brass, il contributo del lavoro italiano all'estero Tra le paludi di coccodrilli e serpenti un "terminal,, per il greggio nigeriano Inaugurato alia presenza del capo dello Stato, Gowon, e del presidente dell'Eni, Girotti - E' una gigantesca opera sottomarina, realizzata dove il Niger si getta nell'Oceano - Un oleodotto di 60 cm lungo 99 km (Dal nostro inviato speciale) Lagos, 21 dicembre. Dopo Forcados e Bonny, è gra la volta di Brass. Sono nomi antichi, gli attracchi da dove, nel Sei-Settecento, partivano i vascelli portoghesi carichi di braccia nere per il Brasile. Ora il traffico che prende le mosse da queste località allineate lungo la costa settentrionale del golfo di Guinea è un altro e ben più pulito, il petrolio. Ieri a Port Brass, là dove il Niger si getta nell'oceano in un inimmaginabile incrocio di canne, di mangrovie e di paludi popolate di coccodrilli e di serpenti, è stato inaugurato il terzo terminale sottomarino per il carico del greggio. Una grande opera per la Nigeria, che, in pochi anni, è diventato il settimo paese esportatore del mondo (110 milioni di tonnellate l'anno). Una grande opera anche per l'Italia, in particolare per l'E¬ ni. che l'ha realizzata superando molte difficoltà, anche di natura puramente tecnica: basteranno alcune cifre, per dare un'idea dello sforzo compiuto dalla grande società italiana attraverso l'Agip e in associazione con la Phillips americana e la compagnia nazionale Nigeriana nell'organizzare e mettere in opera lo sfruttamento dei campi petroliferi, scoperti in questa zona alla fine degli Anni 50. La produzione è cominciata nel '66. Dopo ricerche protrattesi per una decina d'anni, ora esistono già cinque campi di lavoro, con un gettito che nel '72 è stato di 62 mila bari- li il giorno, nel '73 era salito a 137 mila, nel '74 sarà di 200 mila e salirà entro il 75 a 250 mila, cifra che corrisponde approssimativamente a 12 milioni cinquecentomila tonnellate annue, la nona parte del fabbisogno italiano. Si tratta d'un petrolio, a unanime giudizio dei tecnici, di qualità altissima, migliore del greggio iraniano, irakeno e americano, a causa del basso tenore di zolfo, che rende meno difficile e costoso soddisfare i livelli imposti dalle leggi sull'ecologia. Il terminale inaugurato ieri — alla presenza del capo dello Stato, generale Gowon, e del presidente dell'Eni, Girotti — convoglia il greggio dei cinque campi di lavorazione. La parte essenziale è costituita da un oleodotto di sessanta centimetri di diametro (i tubi sono della Dalmine), lungo novantanove chilometri, e dalla boa mobile sottomari- na, capace di permettere il carico, anche con mare notevolmente grosso, a petroliere giganti di duecentocinquanta mila tonnellate. La spesa totale è stata di 60 milioni di dollari (circa 36 miliardi di lire), di cui 46 per il terminale vero e proprio e 14 per l'oleodotto. Soprattutto, come è naturale, si sono rivelate costose le infrastrutture, il terreno acquitrinoso che non regge strade senza grandi massicciate, la necessità di trasportare ogni cosa da lontano, persino la mancanza di campi d'atterraggio. Per andare da Port Harcourt a Brass abbiamo dovuto servirci di elicotteri. Il campo base è in grado di «ospitare» due milioni di tonI nettate di greggio. Il terminale della Naoc (è questo il nome della compagnia italo-ni- ] I geriana che ha costruito il terminale) è stato reso necessario dal continuo aumento 1 | della produzione, previsto — : I secondo le indicazioni date | i dal generale Gowon — in un i 9,2 per cento l'anno. Finora, I ] il petrolio pompato dagli itaI liani veniva convogliato al ca-i rico attraverso i primi due i oleodotti Forcados e Bonny della Shell-Bp, la maggiore fra le compagnie di altre naj zioni che operano in Nigeria. Il recente «oil cut» imposto dagli arabi ha naturalmente portato in primo piano i paesi che non intendono partecipare al boicottaggio: l'Iran, il Venezuela, la Nigeria. Il generale Gowon è stato esplicito, la Nigeria (non dimentichiamo che più di un terzo degli abitanti, soprattutto gli Haussa del Nord, sono musulmani) non intende speculare sopra le difficoltà intervenute tra paesi produttori mediorientale e consumatori europei, ma continuerà egualmente ad aumentare la produzione, secondo i piani già stabiliti. Una garanzia anche per l'Italia: i rapporti fondati sulla cooperazione reciproca (la Naoc ha realizzato a Warri. nella Mid-western Region, un centro d'istruzione per i tecnici nigeriani) si rivelano a lungo andare, specialmente in tempi di crisi, anche i più redditizi dal punto di vista semplicemente economico. Umberto Oddone