Temeva che la moglie avesse contagiato il figlio: lo ha ucciso e dopo si è sparato di Remo Lugli

Temeva che la moglie avesse contagiato il figlio: lo ha ucciso e dopo si è sparato LìSl tragedia, forse per follia, in una casa di Genova Temeva che la moglie avesse contagiato il figlio: lo ha ucciso e dopo si è sparato Anche l'uomo, un idraulico di 47 anni, è morto - Il piccolo aveva 4 anni - E' stato colpito con una fucilata mentre dormiva - Da una settimana la donna era ricoverata a Cuneo per una malattia polmonare II marito era ossessionato dall'idea che il figlioletto avesse contratto lo stesso male - Una lunga lettera (Dal nostro inviato speciale) Genova, 21 dicembre. Ha sparato una fucilata al proprio bambino di quattro anni e poi, con un altro colpo, si è ucciso. Follia? «Non sono pazzo, né egoista, ma cosciente di quello che faccio» ha scritto al fondo della letteratestamento che ha lasciato. Quarantasette anni, idraulico all'Ansaldo, una corporatura da atleta, appassionato di pesca subacquea dalla quale traeva anche un po' di denaro per arrotondare la paga. Si chiamava Cesare Boero e abitava da molti anni in un appartamento al piano terreno di via Nizza 36, una grossa casa popolare, accesso dal cortile, tante finestre intorno. Nei quartieri i vecchi abitanti si conoscono tutti. «Cesare era un brav'uomo, per nulla strano, tranquillo — dicono; e aggiungono —: Nessuno avrebbe potuto pensarlo capace di una tragedia dì queste proporzioni». Sua moglie, Pierina Bisio, di 36 anni, da sabato della scorsa settimana è ricoverata nell'ospedale sanatoriale «Carle» di Cuneo per una infiltrazione polmonare che le era stata scoperta una ventina di giorni or sono. Il bambino, Dario, aveva la tosse, accessi violenti che lo scuotevano soprattutto la notte, a volte a lungo. Forse era pertosse, forse era un malanno di origine nervosa. Su questi elementi la fantasia certamente deviata di Cesare Boero ha lavorato e ha creato il dramma, l'angoscia, il terrore di qualcosa di irreparabile che poteva succedere. E, assurdo, per evitare che accadesse, lui l'ha causato. Il Boero aveva contratto la sifilide da giovane. Era guarito, ma forse proprio nella consapevolezza di quella malattia s'era annodato il germe della sua follia. Cinque anni fa si era sposato ma per accettare il matrimonio aveva preteso la condizione di non avere dei figli. Temeva che il suo vecchio male rispuntasse fuori sulle creature innocenti. La moglie aveva accettato la condizione, ma poi, a poco a poco, lo aveva convinto a cambiare idea. Era nato Dario. Il padre lo aveva visto di malavoglia venire alla luce; infine gli si era attaccato morbosamente, spiando ogni suo gesto o atteggiamento come se avesse dovuto annunciare l'esplosione di una malattia ereditaria. Il bambino era gracile, mangiava poco. Il padre si disperava, si lamentava continuamente con la moglie, con gli amici, ogni sua parola esprimeva preoccupazione. Quando Dario ha incominciato a tossire, è subentrata l'angoscia. Poi, venti giorni fa, l'improvvisa scoperta della malattia della moglie. La donna va con una vicina, la signora Olga Bruschi, a sottoporsi a una radiografia per avere la tessera sanitaria. I medici scoprono che è malata, le ordinano il ricovero. La Boero parte sabato 15 dicembre. Per Boero incominciano giorni terribili, a tutte le sue ossessioni si aggiunge anche quella della moglie ammalata di una malattia che, secondo lui, può anch'essa essere trasmissibile. Quando sente Dario tossire crede di capire che la causa può essere una forma di tbc già contratta. E non basta tutto questo: ci sono anche le difficoltà di ordine pratico, non c'è chi possa custodire il bambino quando lui va al lavoro. L'uomo lo affida alla sorella Gianna che è sposata e abita altrove. Lei glielo tiene per un paio di giorni, poi è costretta a declinare l'incarico perché suo marito si è fatto male a una gamba e lo deve assistere. Cesare Boero si mette in mutua per poter accudire al figlio, portarlo all'asilo, andarlo a prendere. Incomincia a parlare in giro della propria disperazione: «Non è più possibile andare avanti così». Tre giorni fa va a far visita a un vicino, suo vecchio amico, Armando Mainetto, gli dice che ha deciso di uccidere il bimbo e poi di sopprimersi. Mainetto lo rincuora calorosamente e affettuosamente: «Ma perché ti avvilisci in questo modo? Io rimasi vedovo con tre bambini, eppure ho saputo farmi coraggio, li ho cresciuti e mi sono anche risposato». Cesare sembra sollevato di morale. Ma per poco. Ieri entra nella farmacia Nizza per comperare supposte contro la tosse per il bimbo. Dice il farmacista dottor Ottolenghi: «Era disperato e io ho cercato di calmarlo e fargli coraggio». Va anche a comperare carne dal macellaio che è di fronte a casa. Gli dice: «Sa cosa volevo fare stanotte? Uccidere il bambino e poi spararmi». Era tutto esatto. Effettivamente la lettera che poi è stata trovata sul tavolo della cucina era stata scritta dal Boero non ieri sera, ma l'altra sera, perché la tragedia si sa¬ rebbe dovuta concludere nella notte di ieri; evidentemente all'ultimo momento il padre non era riuscito a trovare il coraggio e aveva rimandato regalando al figlio e a sé un'altra giornata di vita. Nella lettera aveva scritto: «Chiedo perdono a tutti quelli cui possa causare questo dolore. Credetemi, non v'è altra alternativa. Quello che faccio è nel bene in particolare del mio bambino malato. Purtroppo è nato con un brutto destino e vivrebbe da infelice con una madre tbc e nevrotica e un padre con una tara luetica precedente il matrimonio di 20 anni. (...). Tutto quello che è successo e succede purtroppo lo avevo previsto, parlandone prima di sposarmi con i parenti e poi col prete della parrocchia e il dottore di famiglia, quando disgraziatamente ho concepito mio figlio (non desideravo figli e l'avevo premesso fermamente prima di sposarmi). Paghiamo io e un innocente (mio figlio), l'ignoranza, l'incoscienza e l'irresponsabilità o leggerezza degli altri...». Il momento tragico arriva alle 5 di questa mattina. Il Boero si alza, carica a panettoni il proprio fucile da caccia (era anche cacciatore oltre che pescatore subacqueo), spara al bimbo che dorme nel lettino e lo colpisce un po' sopra la regione cardiaca. Poi si siede sul proprio letto, si punta la canna sotto il mento e preme il grilletto. Remo Lugli Genova. Cesare Boero

Luoghi citati: Cuneo, Genova, Nizza