Natale con Charlot

Natale con Charlot Un bel ritorno al cinema e alla televisione Natale con Charlot Sullo schermo in riedizione " La febbre dell'oro": il capolavoro del muto - Da lunedì sul video tutti i più importanti film di Chaplin: si inizia con "Charlot soldato", del 1918, si potranno vedere anche le opere più rare, come "Monsieur Verdoux" La febbre dell'oro, di Charlie Chaplin, con Charlie Chaplin, Georgia Hale, Mack Swain. Riedizione. Cinema Gioiello. Natale giulivo con La febbre dell'oro (1925), il più citato dei film di Chaplin, l'opera della sua piena salute. Riveduto oggi, nella riedizione curata dallo stesso autore (con un commento parlato, in verità, un po' sopraffacente, da far rimpiangere talvolta l'edizione muta), esso produce la gremita impressione di un prezioso albo di francobolli, dove ogni pezzo sia da contemplare con la lente. Il tempo ha operato con The Gold Rush al contrario di quel che suole: serrandone e omogeneizzandone lo stile fino alla politezza del marmo. Perché, quando apparve, sebbene tutti i critici fossero compresi della sua classicità, non furono risparmiate riserve; e per esempio il Consiglio (tanto era animosa e a sua volta artistica quella vecchia critica del gusto) reputava che La febbre dell'oro pericolasse tutte le volte che Chaplin si ricordava d'essere uomo di teatro, anzi di music hall. L'imbandigione della scarpa lessata, la danza dei panini, il ballo col cane legato alla cintola e altri luoghi proverbiali di quel film, erano bensì trovate e grandi trovate, ma facevano deviare l'opera dal suo corso di epopea, l'epopea, in chiave più o meno satirica, dei minatori e pionieri dell'Alaska, messa in voga dai romanzi di Jack London. Accade oggi che la nostra ammirazione batte invece sulla splendida qualità della fusione tra i particolari e l'insieme: onde tutto, in La febbre dell'oro, risulta essenziale, incisivo e rapido (rapidissima, come non la ricordavamo, è « la danza dei panini », una delle supreme cabalette chapliniane), ivi compreso il discusso finale, anch'esso chiuso in un ritmo di ferro, e sbrigato, come tutto il resto, con divina economia. L'economia! Con un film che sarà costato poche lire, con una montagna cartonacea, una capanna, qualche carra di neve finta o vera e una mano di comparse, sentiamo non solo il gelo dell'Alaska ma la straziante illusione del formicaio umano che sfila sulla via del Klondike dietro al miraggio dell'oro. In quell'anno di grazia 1925, l'ispirazione di Chaplin, come quella di Verdi nel Rigoletto, brucia le tappe, ha qualcosa di rapinoso; e non mai, come qui, il suo sentimentalismo dickensiano (l'amore per Georgia, l'amore dell'amore), è rintuzzato, nel modo e nel tempo più giusto, dall'invenzione plastica. Se ci può mai essere qualcuno che veramente non sappia nulla della Febbre dell'oro, noi lo lasciamo, non senz'invidia, al vergine godimento di questo capolavoro, in cui hanno tanta parte le poche figure di caratteristi (il buon Giacomone sopra tutti, ossia Mack Swain) e il candido visino di Georgia Hale (una donna quasi alla moda d'oggi), e coi già ricordati gag, le celebrate geometrie della capanna in bilico sull'orlo dell'abisso. Dal frascame, dalle lungherie, dai tormenti attivi e passivi del cinema contemporaneo, occhieggiamo una radura di cinema immacolato. Il lettore vi si butti a pesce, ce ne sarà grato. Completa il programma un'altra celebre reliquia chapliniana: Vita da cani (1918), con Edna Purviance. 1. p. Tutto Chaplin o per lo meno tutto il Chaplin più famoso e significativo arriverà tra breve sul video. La Rai, dopo non facili trattative e dopo avere superato «la ben nota resistenza di chi cura gli interessi di Chaplin a cedere i diritti per una trasmissione televisiva», ha acquistato 14 pellicole che sono cortometraggi e lungometraggi e che vanno dal 1918 al 1952. Il ciclo non seguirà, per motivi che probabilmente saranno chiariti più avanti, un criterio cronologico che sarebbe stato il più augurabile perché il più logico. Procederà un po' a capriccio: cioè cinque film, Charlot soldato, Il pellegrino, Luci della città, Tempi moderni e Un re a New York saranno trasmessi dal 24 dicembre alla fine dell'anno o comunque entro l'Epifania. Avremo pertanto le feste all'insegna di Charlot. Gli altri nove film. Vita da cani, Il monello, Charlot e la maschera di ferro. Giorno di paga, La febbre dell'oro, Il circo. Il dittatore, Monsieur Verdoux e Luci della ribalta andranno in onda successivamente, tra inverno e primavera, secondo una sistemazione e in date ancora da stabilire. Superfluo sottolineare l'ampiezza e l'eccezionalità di una rassegna del genere. Limitiamoci a ricordare, una per una, le quattordici opere. Charlot soldato è un cortometraggio del 1918, satira sarcastica e amara della guerra; Il pellegrino (1923), già com- parso in tv, è la breve storia di un detenuto che evade travestito da reverendo e che per vero reverendo viene scambiato; Luci della città è un noto lungometraggio del '31, riproposto abbastanza di recente dal cinema, in cui Charlot, straccione disoccupato, si innamora di una giovane fioraia cieca; Tempi moderni (1936) non ha bisogno di commentì: è noto come uno dei capolavori degli Anni 30, è un'analisi feroce e umoristica della tecnologia, della disu¬ manità del lavoro a catena, dell'invadenza della macchina; con Un re a New York si fa un salto di oltre venti anni, nel 1957, è un film di tono autobiografico, discusso e criticato, ma contenente alcune sequenze irresistibili di mordace attacco a certi aspetti del costume americano. Nel secondo gruppo, quello che vedremo nel 1974, troviamo una comica del '18, Vita da cani (disoccupato perseguitato da poliziotti) seguita dal primo e celebre lungometraggio di Chaplin II monello (1921) che allora fece ridere ma causò anche fiumi di lacrime con quella umoristica - patetica vicenda del povero vetraio che raccoglie un bambino abbandonato (Jackie Coogan); dopo Charlot e la maschera di ferro (1921) e Giorno di paga (1922) che è uno degli ultimi cortometraggi, eccoci a quel capolavoro straordinario che è La febbre dell'oro (1925): una sera in cui varrà bene la pena di restare in casa solo per vedere o rivedere Charlot che mangia le scarpe bollite, e la capanna, nell'uragano, sull'orlo del precipizio. Ma anche quel che segue non è da poco... Il circo (1928), con il suo melanconico humour; Il dittatore (1940), satira del nazismo e del fascismo, che sino a pochi mesi fa, in nuovo rilancio, ha circolato nelle sale cinematografiche di tutta Italia con gran successo (ma riguardarlo fa sempre bene...); Monsieur Verdoux (1947) che al suo apparire suscitò dissensi, ebbe discrete accoglienze in Europa e freddissime in America e che da alcuni anni è stato rivalutato da una parte della critica che giudica questa allucinante e sarcastica storia alla Landru « il miglior film della maturità di Chaplin ». Infine, a chiudere (ed ha veramente l'aria da opera dell'addio), Luci della ribalta (1952) che ha fatto singhiozzare le platee di mezzo mondo, con Charlot trasformato nel vecchio clow Caivero e la melodiosa musica di accompagnamento (sarà, a distanza di vent'anni, una verifica importante, forse non priva di sorprese). Ricordiamoci comunque sin d'ora che il video è il video, cioè è un piccolo, molto piccolo schermo da cui — bisognerà tenerne conto — i 14 film non saranno certamente avvantaggiati. Ugo Ruzzolar! Charlie Chaplin: il pubblico non si stanca dei suoi film

Luoghi citati: Alaska, America, Europa, Georgia, Italia, New York