Dürer grafico di Marziano Bernardi

Dürer grafico Più grande del pittore? Dürer grafico Albrecht Diirer: « Disegni », scelti e annotati da Roberto Salvini, Ed. La Nuova Italia, pag. 59, 60 tavole, lire 32.000. L'italiano appassionato d'arte già disponeva di un imponente corpus dell'iconografia dureriana. Era (ed è se, come speriamo, qualche esemplare si trova ancora in commercio) il grande volume pubblicato nel 1964 da «La Nuova Italia» di Firenze, di 70 riproduzioni egregiamente eseguite delle più celebri incisioni di Albrecht Dtirer. datate da circa il 1492 al 1526. scelte ed annotate da quell'eminente studioso che Roberto Salvini: un'opera adatta a dar piena misura dello stile e della tecnica del massimo artista del Rinascimento tedesco. Ora, col medesimo scrupolo di perfezione tipografica, la stessa casa editrice ripete l'impresa per un altro aspetto dell'attività del maestro di Norimberga: quello del disegnatore; e di nuovo il Salvini ci dà di lui, in copiose e fitte pagine che si differenziano dalle solite sommarie « presentazioni » di analoghi florilegi illustrati, una illuminante definizione critica accompagnata da un apparato filologico esaustivo. Se v'è artista la cui produzione pittorica non si possa scindere, per il giudizio su di essa, dalla produzione grafica, questi è Diirer. Per capire Raffaello e Tiziano non sono necessari i loro disegni. Non così accade col pittore dell'Adamo e dell'Ero del Prado, i due nudi eseguiti nel 1507 a Norimberga subito dopo il secondo soggiorno in Italia. Sono il risultato di una lunghissima meditazione che si inizia nel 1500 con una serie di disegni tra i quali VEsculapio di Berlino. l'Apollo e una figura femminile di Londra, a meno che non si voglia risalire addirittura (ipotesi che ci permettiamo) al 1493, ch'è la data del foglio del Museo Bonnat di Bayonne. primo studio « dal vero » di nudo femminile — forse una frequentatrice di bagni pubblici, forse una prostituta — dell'arte tedesca. Poi l'esplorazione di tanta realtà inedita in Germania si concreta in un'immagine definitiva. E abbiamo allora lo stupendo disegno del 1504, penna su carta preparata a pennello della Pierpont Morgan Library di New York, composizione in controparte da cui scaturisce, 10 stesso anno, la celebre incisione del Peccato originale. Ma si guardino, sui due volumi della « Nuova Italia », il disegno e l'incisione; si guardi in L'opera completa di Diirer. della serie « Classici dell'arte » di Rizzoli — eccellenti monografie che non ci stancheremo mai di lodare per la loro compiutezza informativa e non superficialmente divulgativa benché si vendano nelle edicole (l'ultima delle 70 uscite è il Bronzino. L. 1800) — le riproduzioni a colori delle due tavole del Prado. Non v'è dubbio: il magistero grafico prevale su quello pittorico, è il più autentico linguaggio di Diirer. Concorda del resto il Salvini quando ci dice che Diirer «pensa graficamente», che per lui, come per Leonardo, il disegno è un mezzo linguistico, ancor prima che di espressione artistica, per impossessarsi della realtà, definire e ordinare le proprie esperienze « man mano che dà un nome alle cose e alle relazioni Ira le cose ». Ben l'aveva intuito il più grande umanista nordico del suo tempo. quell'Erasmo da Rotterdam di cui l'artista, sul finir della vita, delineò il ritratto. « Cavaliere di Cristo » aveva Diirer nel suo diario chiamato Erasmo, forse rammentando il suo sublime Cavaliere, la Morte e il Diavolo. Ed Erasmo a sua volta salutava in lui il genio capace di rivaleggiare mediante le sole « linee nere » con 11 colore di Apelle: « Ombra e luce, splendore, l'avanzare e il ritrarsi; tutti gli affetti e l'anima intera dell'uomo che traluce dal corpo, e quasi la sua voce stessa. Tutto questo egli presenta all'occhio con le sue linee nere così felicemente che si guasterebbe l'immagine se le si aggiungesse il colore ». Nessuno mai penetrò più a fondo nell'essenza del disegno dùreriano. E che in lui l'istinto del « reissen », cioè del « tratteggiare, disegnare », precedesse quello del figurare col colore, lo prova il fatto che il documento più precoce della sua attività artistica, mentr'era ancora apprendista nella bottega del padre orafo, è il famoso Autoritratto del 1484, disegnato a punta d'argento su carta preparata, dell'Albertina di Vienna. La scritta autografa che reca è commovente: « Questo l'ho ritratto io da me stesso con uno specchio nell'anno 1484 quando ero ancora un fanciullo ». Ave¬ inpfdgfisilmqclrumel«dt va tredici anni; c se qualche incertezza si riscontra qua e là nell'esecuzione, l'immagine appare per la sua spontaneità e freschezza anche più sorprendente dell'altro autoritratto giovanile — dipinto, questo — di nove anni più tardo. Autoritratto con fiore d'eringio, del Louvre. S'apriva con quella punta d'argento la scric dei capolavori grafici ciascuno dei quali significava per Diirer. al modo stesso di Leonardo, la conquista intellettuale d'una realtà, qualunque essa fosse: umana, animalesca, vegetale, minerale; e questa realtà diventava « sua » col segno, all'occorrenza con l'aggiunta di tempera o acquerello, a condizione che riuscisse un « ritratto » spinto all'estremo limite della « verità » fisica; ed è appunto questa miracolosa tensione nel captare tutto « il vero », che finisce col fare d'ogni soggetto un archetipo. La veduta di un monte nel Trentino, acquerello dell'Ashmolcan Museum di Oxford, presa probabilmente nel primo viaggio verso l'Italia, del 1494, è appunto un archetipo del motivo montuoso, ed è per la sua unità di visione che il Salvini la indica quale un preludio, attraverso i secoli, all'arte di Cézanne. Lo spettacoloso Leprotto (1502) dell'Albertina di Vienna è un altro archetipo di tutte le lepri da allora fino ad oggi introdotte in un quadro. E' Iti stessa virtù — di creare col segno un'immagine incancellabile dalla continuità dell'arte — ch'è propria di Leonardo. 11 confronto di parecchi disegni dei due geni indurrebbe a credere in una conoscenza, da parte del tedesco, più approfondita dell'opera dell'italiano, di quanto di solito si ritenga: ed il Salvini insiste su questo punto: la stessa, insomma, che per reciproci scambi di disegni e stampe. Diirer ebbe di Raffaello. Marziano Bernardi

Persone citate: Morte, Roberto Salvini, Salvini