Le prime storie degli Hobbit

Le prime storie degli Hobbit Le prime storie degli Hobbit J.R.R. Tolkien: «Lo hobbit o la riconquista del tesoro », Ed. Adelphi, pag. 342, lire 4000. H. P. Lovecraft: « Opere complete », Ed. Sugar, pagine 933, lire 6500. Mangiano molto i protagonisti di queste commestibilissime pagine del Tolkien. I loro pensieri hanno spesso la acquolina in bocca. Nani dall'insospettabile pedigree, timidi e cerimoniosi come vuole la tradizione del paese delle favole, essi si offrono continui banchetti, merende e improvvisati spuntini. Ingoiano profumati arrosti, brioches con la panna, torte di mele e gelatine di lamponi. Quantunque conoscano le delizie della birra appena spillata e le soddisfazioni del tabacco si esita nell'attribuire loro gusti e palati schiettamente adulti. Nulla hanno infatti dei crapuloni intemerati, dei gottosi frequentatori di osterie. Come spesso avviene agli eroi fiabeschi, ai personaggi del tutto fantastici, essi mostrano qualcosa di umanamente imperfetto; si portano dentro una scheggia d'irrisolta adolescenza. Così nella loro ingordigia, senza far troppa psicologia, si riconosce di fatto una compensazione a evidenti carenze affettive, sentimentali e soprattutto erotiche. Niente amore dunque, come ognuno vedrà, ma solo quell'amicizia edificante e cameratesca, che conforta le imprese virtuose e gli adempimenti difficili. Siamo nel bel mezzo di questo libro affabile e cattivante, che cronologicamente precede e anticipa le creazioni del fortunatissimo Signore degli anelli. In un'epoca incerta, fra il passato delle leggende e l'arcaico presente dei sogni, vive e spende allegramente la vita Bilbo Baggins, paffuto campione del mite e saggio popolo degli Hobbit. Di statura non superiore agli ottanta centimetri, che nel suo beato paese rappresentano tuttavia un rispettabile traguardo, costui sposa a modi squisiti ideali di tutto riposo. Un giorno, a mettere scompiglio nella sonnolenta cuccia del signor Baggins, a turbare la sua privacy, sopraggiungono il teatrale mago Gandalf e tredici alacri gnomi. Fra trucchi baracconeschi e cascate di goffe risatacce, costoro convincono il riluttante padron di casa all'impossibile. E il giorno dopo, sottobraccio alla rumorosa compagnia, Baggins parte alla perigliosa riconquista d'un tesoro. Lungo la strada, lo attendono anelli magici, terribili orchi e tenebrosi incantesimi. Come spesso si ripete, e non a caso. Tolkien giunse alla narrativa ultraquarantenne, quasi al culmine di una ragguardevole carriera accademica. E la sua ilare immaginativa appare perfettamente coadiuvata dalle risorse dello studioso di letteratura, del filologo espertissimo. I risultati sono alla portata di tutti, adulti o meno. Favola e scherzo gogliardico, situazioni derivate dal poema cavalleresco o dal romanzo avventuroso dell'ultimo Ottocento collaborano alacremente nel presente volume a creare un impasto inedito e prezioso. Ancora. I nani, gli squamosi mostri e le altre eccitanti creature, che allignano nell'universo fantastico del Tolkien hanno una natura complessa, a non dire doppia. Dietro un aspetto pittoresco, anche troppo godibile e sensazionale, rivelano un fondo assai calcolato, comunque di grande pretesa. Una considerazione, per concludere. Senza essere un pretesto erudito o tantomeno un divertimento alla Walt Disney, l'opera del Tolkien si finge tanto l'uno quanto l'altro. E in questa perenne simulazione risiede probabilmente il suo fascino irresistibile. Orrore e letteratura senza risparmio nei cinquanta racconti nerissimi che costituiscono le opere complete dell'americano Lovecraft. I brividi garantiti sono di marca squisitamente cimiteriale. Fanno infatti ressa in queste pagine, che risalgono agli anni ruggenti, i defunti irrequieti e le salme dalle imprevedibili risorse ventrìloque. Cadaveri insomma non ancora rassegnati al loro immobile futuro incolore. Sullo sfondo, come nei brutti film di vampiri o in certe visioni ispirate dalla più genuina tanatofobia, tombe scoperchiate e ragnatele spesse un dito. Eppure, esorcizzati dal tempo certi frettolosi ingredienti consumistici, Lovecraft sta diventando una moda e un passatempo raccomandato dagli intellettuali. Nelle sue cerebrali superstizioni si vuole infatti vedere, non a torto, un'incolta ma poetica risposta al fanatismo tecnologico del giovane Novecento. Antonio Debenedetti

Persone citate: Antonio Debenedetti, Tolkien, Walt Disney