Un'evasione e molte spie

Un'evasione e molte spie PRIME SULLO SCHERMO Un'evasione e molte spie "Papillon", di Franklin J. Schaffner con Steve McQueen e Dustin Hoffman "Vivi e lascia morire", di Hamilton Papillon di Franklin J. Schaffner, con Steve Me Queen, Dustin Hoffman. Americano, drammatico. Cinema Reposi. Tratto dall'omonimo « bestseller» di Henri Charrière, è uno spettacolo di grosse proporzioni (oltre due ore e mezzo), che lascia un po' a desiderare nel ritmo ma non nell'impiego dei mezzi né nell'impegno dei due interpreti protagonisti, i bravi Me Queen e Hoffman. Il primo impersona lo stesso Charrière, soprannominato Papillon (da un tatuaggio sul petto), accusato ingiustamente d'omicidio, condannato all'ergastolo e quindi relegato con altri disgraziati nel bagno penale della Guiana francese, un vero inferno carcerario la cui pittura, guidata sull'amore dell'effetto e anche dell'effettaccio, occupa la prima parte del lavoro. Papillon, stretta amicizia col falsario Louis Degas, non ha che un pensiero: evadere. La prima occasione egli la coglie di furia, dopo aver difeso l'amico dai maltrattamenti d'una guardia; e subito acciuffato, deve passare due anni in isolamento al buio, con poche cucchiaiate di brodaglia condita d'immondi insetti. Quando torna ai vivi, ridotto a una larva, può contare sulla riconoscenza di Degas, coll'aiuto del quale e di un altro detenuto, un giovane invertito, mette in atto un secondo tentativo di evasione. La barchetta che deve portare i tre evasi nell'Honduras è fornita da una colonia di lebbrosi, scostanti da principio e poi cortesi e magnanimi; e le successive peripezie all'aperto non sono meno drammatiche di quelle vissute in cattività. Volendo abbreviarla, rimasto solo, tradito da una monaca e riconsegnato al bagno penale. Papillon subirà altri cinque anni di « isolamento », per passare poi all'Isola del Diavolo (tristamente famosa per l'affare Dreyfus), dalla quale spiccherà l'ultimo volo. Alla fine il suo anelito a tornare libero e a raccontare a vantaggio del prossimo e a infamia del sistema carcerario francese vigente negli «Anni Venti», il proprio calvario, è premiato; e lo spettatore si sente sollevato con lui dal peso di tante ambasce. Si possono ricordare modelli di film carcerari di maggior vigore e tensione, ma non di altrettanta meticolosità nel rappresentare condizioni di vita che non serbano più nulla di umano, e dove l'iperbole è di casa fin dalle prime battute e cresce per così dire continuamente su se stessa. Anche i polpettoni sentono il cangiare delle mode, e fanno sempre più a confidenza col concetto di « durata ». E' fama che Papillon, secondo la concezione originaria, durasse quattro ore. 1. p. Agente 007. Vivi e lascia morire di Guy Hamilton, con Roger Moore, Japhet Kotto, Jane Seymour. Gloria Hendry. Inglese, a colori. Cinema Corso. (a. v.) Per la seconda volta James Bond non è impersonato da Sean Connery; se nel 1969 il sostituto era l'australiano George Lazemby, stavolta il nuovo «007» è l'inglese Roger Moore, attore già noto al pubblico anche italiano per la serie televisiva Simon Tempiar. Egli eredita il popolare personaggio fleminghiano dell'«agente con licenza d'uccidere» proprio nel momento in cui esso sta mostrando la corda e le vicende in cui si trova immischiato denunciano un logorio che, all'ottavo prodotto della serie, era inevitabile. Diretto da Guy Hamilton, già regista di Al servizio segreto di Sua Maestà e Una cascata di diamanti, il film si distingue dai precedenti per il diverso colore di pelle del criminale obbligato, dalla prevedibile sceneggiatura, a fare da antagonista a Bond. Il «despota», bramoso di mettere a terra le potenze occidentali al solito scopo di ereditarne la supremazia, è difatti il negro Kananga (attore Yaphet Kotto), individuo ambizioso e losco che in un'isola caraibica controlla il traffico della droga facendone lo strumento micidiale per l'annichilimento dei bianchi. Alla fine, come d'uso, è Bond ad avere la meglio e a conquistare altresì l'amore della cartomante Solitaire (Jane Seymour) succuba dell'ucciso Kananga: però l'organizzazione della quale costui era il cervello è potente e ben ramificata, talché darà altro filo da torcere a «007» al ritorno della sua vacanza amorosa: l'ultimo dei titoli di coda annuncia già il seguito della storia per l'anno prossimo. Artificioso assai più degli altri e assai modesto nell'inventare i tipici diabolici aggeggi che servono a trarre d'impaccio il protagonista quando sembra non aver più scampo, il film si salva per la grandiosità e la sfacciataggine d'alcuni episodi: la corsa pazza d'un autobus a due piani decapitato da un ponte, una gimkana tra auto ed aerei, un inseguimento folle' tra «fuoribordo», e, più incredibile di tutti, Bond che sfugge a un assedio di caimani affamati. Ma questo non basta a perpetuare il mito d'un personaggio ormai nella parabola discendente.

Luoghi citati: Honduras