Pacato, senza rancore, Amerio racconta gli otto giorni che ha trascorso nella "prigione,, delle Brigate Rosse

Pacato, senza rancore, Amerio racconta gli otto giorni che ha trascorso nella "prigione,, delle Brigate Rosse E stato rilasciato ieri mattina alle sei, con gli occhi bendati in piazza Zara Pacato, senza rancore, Amerio racconta gli otto giorni che ha trascorso nella "prigione,, delle Brigate Rosse Appena libero ha preso un tassì e si è fatto portare a casa • Il lungo abbraccio della moglie e dei figli, le prime dichiarazioni - "Sono stato trattato bene, faceva freddo e mi hanno portato mutandoni di lana e pantofole. Avevo sempre sul tavolo tè o caffè, il cibo era buono e si preoccupavano di variarlo" - Non ha mai potuto vedere in faccia i rapitori: "Mi hanno sequestrato anche l'orologio, per togliermi la nozione del tempo. E' stata un'esperienza che induce a meditare più profondamente" - La moglie: "Non ho mai dubitato che sarebbe tornato" Libero. Dopo otto giorni I di prigionia Ettore Amerio direttore del personale del la Fiat Gruppo auto, è tornato a casa. Quando ha suonato il campanello del citofono della sua abitazione in corso Tassoni 57 erano le fi.SO l'oscurità ancora profonda, il silenzio quasi assoluto. I suoi rapitori lo avevano lasciato su una panchina di piazza Zara un quarto d'ora prima. Sfinito, ma in buone condizioni psichiche aveva atteso qualche minuto, secondo le istruzioni, e poi si era fatto portare a casa. Era stato rapito lunedì della scorsa settimana, alle 7,30, appena uscito per andare al lavoro. Un'operazione rapida, condotta con fredda efficienza. Ettore Amerio aveva fatto solo pochi passi, svoltato l'angolo con via Levanna per raggiungere la rimessa dove tiene la propria « 124 » quando era stato afferrato per le spalle da due uomini che si nascondevano all'interno di un furgone della Sip-Stipel parcheggiato accanto al marciapiedi. Aveva tentato una reazione, ma in pochi secondi era stato trascinato all'interno e il furgone, seguito da una « 127 » rossa, si era allontanato verso corso Lecce. Alcuni testimoni avevano assistito impotenti al ratto, l'allarme era stato immediato, la polizia era accorsa in forze e fatto posti di blocco. Ma i banditi avevano una base molto vicina, in corso Appio Claudio 39, nello stesso stabile dove abita il figlio Enrico, avevano affittato un box, il numero 17. Forse lo stesso in cui, lo scorso febbraio, avevano tenuto segregato alcune ore Bruno Labate, sindacalista Cisnal. Una sosta di pochi secondi, per far cambiare furgone al prigioniero, poi Ettore Amerio è stato portato nel covo della banda, o come pom- posamente lo definiscono le « Bri' gate Rosse », nel « carcere del popolo ». Erano cominciate le indagini, ma per giorni le uniche notizie sulla sorte del prigioniero si erano conosciute dai volantini lasciati dalle « Brigate » nella cabina telefonica di corso Inghilterra e in alcune fabbriche, anche a Milano, Genova, Marghera e Roma. Per provare che era vivo i rapitori avevano anche inviato due foto scattate con una « Polaroid ». Però da giovedì scorso, giorno del secondo comunicato, di Amerio non si erano avute altre notizie: timori e speranze per la sua sorte si alternavano, in famiglia moglie e figli aspet¬ tavano lottando contro la disperazione. I carcerieri avevano deciso la liberazione per lunedì, poi per qualche ragione hanno rinviato di ventiquattr'ore. Pochi minuti prima delle 6 Ettore Amerio è stato svegliato, lo hanno fatto vestire, gli hanno bendato gli occhi con un cerotto e fatto mettere occhiali da sole, ed è salito su un'auto. Un viaggio, a velocità moderata, piuttosto lungo, con molti giri viziosi per far perdere il senso di orientamento, poi la macchina si è fermata, uno dei rapitori ha fatto scendere il dirigente e lo ha accompagnato vicino a una panchina: « Siedi qui. aspetta qualche minuto, poi torna pure a casa. Sei libero ». gEqilfilemnteGcmshmlaarpNsr gli ha detto con voce pacata. Erano le 6,15. Amerio ha atteso qualche istante, poi si è tolto il bendaggio ed è andato a piedi fino in piazza Carducci. Calzava le pantofole fornite dai rapitori, ma il tassista a cui si è rivolto non ci ha fatto caso. « Un cliente come tanti — racconta Luigi Giaretto, 37 anni, abitante a Moncalieri in strada Viveto 75 — che mi ha chiesto di portarlo in corso Tassoni. Quando è sceso, mi ha dato una banconota da diecimila per pagare le mille lire della corsa ed è scappato sema aspettare il resto. Soltanto allora sono rimasto folgorato dal pensiero: ''Dev'essere Amerio". Non lo avevo riconosciuto perché sulle loto dei giornali è raffigurato con gli occhiali, mentre era senza ». Amerio era già sul portone di casa. Quando ha suonato il campanello la casa era immersa nel sonno. « Chi è, cosa volete? », ha chiesto dopo qualche istante la voce ansiosa della moglie. « Anna sono io, sono tornato ». Ettore Amerio ha cercato di vincere la commozione, ha salito lentamente le scale, sottobraccio alla moglie che gli era scesa precipitosamente incontro. Era tranquillo. Qualcuno ha telefonato al figlio Enrico: « Vieni subito. C'è una bella notizia ». Il telefono era sotto controllo, anche la polizia ha così saputo del ritorno del dirigente. Enrico Amerio si è disteso su una poltrona del salotto, ha detto: « Sono felice di essere con voi ». Ha abbracciato la moglie silenzioso e le ha a lungo battuto la mano sulla spalla in un gesto carico di tenerezza. Sono accorsi parenti, amici, colleghi di lavoro, giornalisti, è cominciato il fuoco di fila delle domande: — Cosa pensa di quello che le è accaduto? — Anche questa è un'esperienza di vita e come tutte serve a maturarci e a farci riflettere più profondamente. — Che cosa prova a tornare a casa? — Potete immaginare anche voi il senso profondo di liberazione e di conforto. Ringrazio amici, compagni di lavoro, le autorità, i dirigenti, l colleghi e la stampa, che sono stati vicini alla mia famiglia ». La moglie era raggiante. « Non ho mai avuto il minimo dubbio che sarebbe tornato. Sono felicissima ». Parlava tranquilla, sicura, ma l'emozione l'ha vinta per un breve attimo: a Che posso dire oltre a questo? », e la voce si è rotta quasi in un singhiozzo. Ettore Amerio ha raccontato in sintesi la sua avventura. Pacato, senza rancore. Ha detto: « Quella mattina, quando mi hanno preso, mi hanno subito bendato. Abbiamo fatto un lungo giro, forse per confondermi. Non sono in grado di dire dove mi hanno portato. Mi sono trovato all'interno di una stanza priva di finestre ». Forse era uno scantinato. L'arredamento era sommario e anonimo: un letto, un tavolino e tuia sedia. Il prigioniero spesso era costretto a tenere una benda sugli occhi; udiva parlare due persone, a volte le voci diventavano quattro. Quando aveva gli occhi scoperti i volti dei rapitori erano nascosti o da passamontagna o da cappucci neri. Gli « interrogatori » sono quasi sempre stati fatti da due persone: n Si sono comportati bene, quasi con cortesia. Avevo di fronte persone decise e molto preparate culturalmente. Unica cosa: mi hanno tolto l'orologio, forse per non /armi orientare sul tempo, e non mi hanno dato giornali. Ero completamente isolato. Ma mi hanno procurato mutande di lana per ripararmi dal freddo, e dato abiti caldi e vari. A mia disposizione avevo sempre tè o caffè caldi ». Da due giorni Amerio sapeva che sarebbe stato lasciato libero, gli avevano detto: « Lunedi potrai tornare a casa ». Poi c'è stato il rinvio dell'ultima ora, di un giorno. Le indagini sono subito scattate, in questura c'era aria di eccitazione, non si nascondeva un cauto ottimismo. Il dott. Massagrande, alle 11,55 ha tenuto una conferenza stampa. « Ho sentito brevemente il cav. Amerio: mi ha detto di essere stato trattato bene e che verso di lui hanno usato tutti i riguardi possibili e immaginabili, compatibilmente, s'intende, con la sua situazione di sequestrato. Dal momento del rilascio del prigioniero sono scattati tutti i dispositivi predisposti in questi giorni, dalle prime ore di stamani cerchiamo di raccogliere il frutto del lavoro fatto nei giorni scorsi. Quelli che erano sospetti, indagini, identificazioni cerchiamo ora di renderli j concreti per inviare cos'i un rapporto alla magistratura che, comunque, di ora in ora è tenuta al corrente sulla situazione ». Gli | è stato chiesto: — I due fermati erano ricercati? — No. — In questura avete altre persone? — Sì, ma solo per sentirle: alcuni sono stati « invitati » a presentarsi, altri « accompagnati ». — Avete perquisito un appartamento? — Si, in Borgo San Paolo: riteniamo di aver trovato elementi di grande aiuto nelle indagini. — Quando ha saputo della liberazione? — Alle 6,31, mentre mi facevo la barba. — Come lo ha saputo? — Non lo posso dire. — Perché in casa Amerio i telefoni erano controllati? — Comunque per ordine dell'autorità giudiziaria. Una voce In falsetto, educata, leggero accento piemontese, ha telefonato alle 12,45 all'Ansa: « Nella cabina telefonica di corso Vlnzaglio, angolo corso Vittorio, ci sono dei volantini ». Era il terzo messaggio delle « Brigate » lasciato, forse per ultima sfida, a pochi metri dalla questura. Dopo aver dato notizia della liberazione del prigioniero, informa che nel periodo di detenzione Amerio è stato sottoposto a « precisi interrogatori sulle questioni dello spionaggio Fiat, dei licenziamenti, del controllo delle assunzioni selezionate di fasetsti e più in generale sull'organizzazione all'interno della contro-rivoluzione all'interno della Fiat ». S"cecliddccinasdndrgvdmpgaEp—dpisz« sctmlagleszacItlcAdIIlllllllllMlirillllllllllMIl Illtilltlll IIIIM Segue l'affermazione: « Egli ha "collaborato" in modo soddisfacente ». Si parla poi delle ultime vicende sindacali alla Fiat, sottolineando il ritiro delle minacce di cassa integrazione. « Le forze di polizia nonostante le false dichiarazioni e il terrorismo usato contro i militanti di sinistra e in particolare contro alcune avanguardie operaie, sono state seccamente sconfitte. I giornali di Agnelli non sono riusciti a nascondere la qualità politica della nostra azione e contemporancamente hanno messo sotto gli occhi di tutti le loro disinvolte manipolazioni, le loro "audaci" interpretazioni, riconfermando un'antica convinzione proletaria: "La Stampa" è bugiarda. I giornali riformisti sono andati oltre la manipolazione. Essi hanno inventato di sana pianta storie infami, storie che — sia chiaro — mai uscirebbero dalla testa di un comunista, soprattutto perché discreditano più il Movimento operaio che la nostra organizzazione ». I primi commenti alla liberazione sono del sindacato Fismic: « / lavoratori hanno accolto coti sollievo e solidarietà, per la vicenda umana e familiare, la notizia della liberazione del cav. Amerlo e hanno espresso con forza la domanda di giustizia e di rigore dei pubblici poteri e della legge contro il sequestro di persono e ì responsabili della violenza. Nelle fabbriche si sottolinea anche il danno che simili atti recano, come è stato dimostrato In questa occasione, al movimento sindacale italiano e alle sue lotte ». Servizio di: Vincenzo Tessandori, Ezio Mascarino, Roberto Reale, Mario Varca L'incubo è finito all'alba: il cav. Ettore Amerio ha potuto riabbracciare la famiglia. Da sinistra: la nuora, i figli Enrico e Isabella e la moglie Anna ci pf BRIGATE ROSSE Oggi, martedì 18 dicembre, nelle prime ore del mattino è stato rimesso in liberta il capo del personale FIAT-AUTO, Ettore Amerio, Negli otto giorni di detenzione egli è stato sottoposto a precisi interrogatori sulle questioni dello spionaggio FIAT, dei licenziamenti, del controllo delle assunzioni, delle assunzioni selezionate di fascisti e più in generale sull'organizzazione e la storia della contro rivoluzione all'interno della FIAT. Egli ha "collaborato" in modo soddisfacente. Durante la sua detenzione la FIAT ha ritirato ogni minaccia di messa in cassa integrazione. Negli stessi otto giorni: - le forze di polizia nonostante le false dichiarazioni c il terrorismo usato contro l militanti di sinistra ••; in particolare contro alcune avanguardie operaie, eono state seccamente sconfitte;

Luoghi citati: Genova, Marghera, Milano, Moncalieri, Roma