Sta scomparendo nella Sicilia la donna che uccide per onore di Luciano Curino

Sta scomparendo nella Sicilia la donna che uccide per onore La "ragazza con la pistola,, non è più attuale Sta scomparendo nella Sicilia la donna che uccide per onore Molte cose sono cambiate in questi ultimi dieci anni - A Catania, ad esempio, si divorzia più che a Milano, diminuiscono le ragazze "incinte male" che vengono cacciate di casa E' ancora difficile però, per una "disonorata", trovare una sistemazione - Muoiono i tabù (Dal nostro inviato speciale) Palermo. 17 dicembre. «La maggioranza dei padri, delle madri e dei jraletli dichiarano concordemente che preferiscono, ad una ragazza madre, un'assassina» ha scritto Lieta Harrison ne Le svergognale, storia dei pregiudizi e dei tabù sessuali della donna siciliana. Nel suo libic inchiesta la Harrison spiega che «svergognate» sono «tutte le ragazze che non sono più vergini: anche se hanno avuto un rapporto sessuale in età preadolescenziale, quando esiste la presunzione legale della violenza carnale, e anche se sono state rapile e stuprate». Sicché «la sedotta e abbandonata deve uccidere, per dimostrare all'opinione pubblica che "non fu per vizio ma per inganno"». Se non lo fa lei, saranno i suoi parenti a uccidere il seduttore e «con questo atto si sancisce l'ossequio al "tabù dell'onore", e la ragazza, di nuovo "onorata", riacquista la stima e il rispetto». "Disgrazia,, Un giovanotto che non si fa cattivo sangue perché la sorella è in carcere per omicidio, spiega che «una ragazza quando è onesta se succede una disgrazia ammazza, se non ammazza, vuol dire che non fu disgrazia, vuol dire che fu vizio a portarcela». Racconta che la sorella, dopo la «disgrazia», era incerta «lei era una "caruso" quasi, e non si sapeva decidere, ci voleva la spinta e io giustamente feci il mio dovere di fratello. In tribunale lei però non si smentì mai, da vera donna d'onore; e tutti i trabocchetti che ci fecero per farle dire che era stala spinta ad ammazzare non la fecero cadere». E' una delle tante testimonianze raccolte dalla Harrison per Le svergognate, pubblicato dieci anni fa. Ebbe meritato successo. Ma tutti quelli ai quali domando se questo libro è ancora attuale, mi rispondono di no, almeno in molti punti. In dieci anni la donna siciliana è cambiata parecchio. Si può tranquillamente dire che ormai la «ragazza con la pistola» è un personaggio oleografico. E un soggetto come Divorzio all'italiana sarebbe improponibile oggi, quando I'80,6 per cento delle studentesse di sei scuole di Palermo rispondono «sì» alla domanda: sei favorevole al divorzio? E intanto a Catania si divorzia più che a Milano: fino all'agosto dell'anno scorso si è avuta una domanda di divorzio ogni 590 abitanti, mentre a Milano la proporzione è stata di una domanda ogni 594 abitanti. Lieta Harrison, dieci anni fa, ha così concluso la sua inchiesta: «La ragazza siciliana che si ribella ai pregiudizi dell'ambiente è una svergognata; per poter vivere ancora in Sicilia deve trasformarsi in un'assassina. E' un circolo vizioso: ma sarà proprio la ragazza siciliana a spezzarlo». L'ha spezzato, eccome. Un'assistente sociale dell'Onmi mi assicura che è molto alto il numero in tutti gli strati sociali, delle ragazze che si sposano incinte, non sentendosi per questo spregevoli. Né la gente le giudica tali, comunque non le chiacchiera troppo. La psicologa Gigliola Lo Cascio mi dice: «Non c'è il discorso di andare vergini al matrimonio. Magari se la ragazza confida al padre e alla madre che è nei pasticci, il padre entra un pochino in crisi, ma non troppo». Non soltanto nelle città, anche nell'«interno» sono sempre meno le ragazze «incinte male» che vengono cacciate di casa, andando a infoltire i ranghi della prostituzione. Per lo più i genitori si rassegnano. Oppure la ragazza riceve dai parenti l'indirizzo di un medico compiacente. Ben pochi, ormai, parlano di ammazzare. O ne parlano, e punto lì. Giacomo Galante de L'Ora di Palermo c altri giornalisti con lunga esperienza assicurano che il «delitto d'onore» è quasi scomparso dalla cronaca, dove quindici, dieci anni fa era invece notizia che si ripeteva spesso. Dice Galante: «Che ci siano dei fatti nuovi, non c'è dubbio. Storie che una volta finivano con una pallottola, adesso si risolvono in una chiassata tra i parenti della ragazza e quelli del seduttore. Un po' di parolacce, si insultano e la cosa finisce a questo punto». Anche la barbara usanza delle nozze riparatrici stenta a sopravvivere. Nella sua inchiesta la Harrison domandò: «Che cosa consiglierebbe di fare a sua figlia se venisse rapita e violen- tata da un uomo che lei detesta?». Padri e madri tutti d'accordo, decine di risposte di questo genere: «Certo, Maria Santissima, che se non si vuole sposare, io, per coscienza, la devo forzare al matrimonio». Oppure: «Deve per forza sposarsi. Vuole o non vuole. O si sposa, o l'ammazzo». La risposta meno dura fu questa: «lo. forse , non I la costringerei. Ma fi padre e i fratelli sì». Questo, dieci anni la. Poi, nel 1966, c esploso il «caso Franca j Viola». Rapita e sedotta da un ex fidanzato che non voleva più, con il consenso del padre | Franca rifiuta di sposarlo e lo fa ! condannare a tredici anni di pri-1 gionc. Si sposa con un ragionic-1 re. Dopo di lei, altre ragazze si-j ciliane non hanno barattato la ! verginità e la violenza con un matrimonio riparatore», Ribellandosi alla «mafia dei liori d'arancio». Rosa Cassarà di Parti-1 nico fa condannare a undici anni il seduttore: Carmela d'Urbano di Piano La Roma fa arrestare nove persone implicate nel | suo rapimento; Giulia Caltagirone di Palermo rifiuta di sposare il cugino bruto; Anna Puccia di Collesano sulle Madonic, rapita e violentata da un pastore, respinge le nozze miserabili e umilianti. Il numero cresce e, a poco a poco, seppellisce la legge tribale del matrimonio riparatore. Soggezione Molto è cambiata in un decennio la donna siciliana e, se nei paesi dell'interno esistono ancora forme di sudditanza all'uomo, nelle città non c'è più questa soggezione. Simona Mafai, responsabile femminile del partito comunista regionale, mi dice: «Nelle grandi città possiamo assistere, sul piano del costume, a una rapidissima sprovincializzazione. In questi ultimi anni la ragazza siciliana è diventala assolutamente continentale. A Palermo o a Catania, per la forza del contrasto, si possono trovare ragazze che inalberano la loro emancipazione, quasi come una sfida, con più spavalderia di una milanese o una romana. Ma tutto questo, secondo me, a un certo momento si ripiega inesorabilmente, perché non c'è un reale cambiamento nella condizione econo- j mica e sociale della donna. E questa ragazza così irrequieta, così spavalda, così ansiosa di affermare la sua libertà nei confronti dei genitori e del fidanzato deve, prima o poi, fare i conti con la realtà delle cose, che lui il sopravvento. Lavoro non ne trova, non ha mezzi economici né sociali per affermarsi. Certo, la donna in Sicilia sta cambiando, ma il limite di questo cambiamento è dato dal fatto che le strutture non cambiano La coscienza è un po' più avanti delle strutture». Perciò è ancora valida la con- siderazione della Harrison: «So- c|an familiare, all'economia do- lo una percentuale bassissima è j riuscita a conquistarsi una auto- \ nomia professionale: la maggio- J ranza delle donne siciliane tenta | invano di conciliare le nuove i esigenze della società contempo- ranca con i vecchi stereotipi del- | la società patriarcale». Per que-, sti vecchi stereotipi la figlia sola un fastidio, e un disturbo al | mestica. «Perché se guadagna va bene, ina sono ben poche che possono permetterselo; se non guadagna deve sposarsi o co munque "sistemarsi"», mi dice Anna Pomar, de L'Ora. La Pomar ha svolto un'inchic- j j sta nell'ambiente borghese e in \ quello popolare, domandando J alle madri se avrebbero consen | lito alla figlia maggiorenne di i andate a vivere sola. La maggio ranza ha risposto di no: un'idea | inaccettabile. Ma le stesse madri , si sono dimostrate molto più li berali quando si è ipotizzato per | la stessa figlia la convivenza con un uomo. «Nessuna si scandali:- za che la figlia vada a vivere con un uomo. Che sia inarilo, che sia amico: l'importante è die campi», dice la Pomar. «Se se ne va con un uomo: va bene, sposalo o non sposato non ha j importanza. E' una sua sistema- zìone. Questo, secondo me. non i più una questione di tabù, è una questione economica. Non tanto, quindi, larghezza di vedute, ma anche qui in definitiva un problema di ordine economico e sociale. Una sistemazione è sempre una sistemazione anche al difuori del matrimonio, mentre il voler vivere da sola è un atto di insubordinazione al clan j familiare, un'affermazione di personalità e anche un aggravio economico non ancora accettato dall'ambiente, e non soltanto dall'ambiente più arretrato culturalmente». Luciano Curino msmmvpsteal2antmgn Due generazioni di donne durante il passeggio in un giardinetto pubblico del centro di Catania (foto Team)

Persone citate: Anna Pomar, Anna Puccia, Cassarà, Gigliola Lo Cascio, Giulia Caltagirone, Maria Santissima, Pomar, Simona Mafai