Come è finita a Roma la terribile avventura di Fabrizio Carbone

Come è finita a Roma la terribile avventura E' apparso esausto, scosso e inebetito Come è finita a Roma la terribile avventura Il viaggio da Lagonegro alla capitale è durato cinque ore - La madre in questura: "Ora tutto è finito" - Paul è ricoverato in clinica (Nostro servizio particolare) Roma, 15 dicembre. E' arrivato a Roma, esausto, scosso, inebetito. Gli occhi nel vuoto, infossati, piccoli e il volto pallido a segnare ancora di più l'ovale scarno, magro. I capelli, rossi, pettinati con cura dalla madre cercano di nascondere l'orrendo taglio all'orecchio destro: una cicatrice in parte ancora viva, con grumi di sangue. Il taglio ha risparmiato all'erede del petrolio Getty solo il lobo. «Sto bene» mi dice mentre l'ascensore della questura sale al secondo piano, all'ufficio del capo della «mobile». Sono le 14,10: la terribile avventura di questo ragazzo diciassettenne è all'epilogo. Una corsa sfrenata dalla periferia della città a via San Vitale, con una coda di auto di giornalisti e fotografi all'inseguimento. Ora Paul Getty III dorme in una clinica privata dei Parioli. Gli è accanto Gail Harris. «Una brutta avventura — mi dice — che fino all'ultimo momento mi ha fatto soffrire. Quando ieri a mezzanotte ho avvertito il dottor Masone che Paul era libero e che avevamo le indicazioni per rintracciarlo, Masone è venuto a prendermi e siamo partiti ». — Come sta Paul? «E' sotto choc. E ogni volta che parliamo del rapimento, scuote il capo e piange. Ci abbracciamo e piango anch'io. Non si è ripreso. Lo dovete lasciar stare. Parlerà con voi, ma non oggi». Il viaggio da Lagonegro a Roma è durato cinque ore. La Giulia bianca della polizia, guidata dal capo della «mobile», è arrivata al casello Sud di Roma, seguita da altre auto di fotografi. Qui erano appostate altre macchine: cineoperatori delle televisioni americane, giornalisti e fotoreporter. Passato di slancio il casello, Masone ha imboccato il raccordo anulare cercando di seminare il corteo. Uscito allo svincolo della Salaria ha chiesto ad una pattuglia della stradale di fargli da battistrada. Un carosello a tutta andatura fino a via Veneto. Qui il semaforo è scattato in favore di Masone. La Giulia è così arrivata sola alla questura. L'inseguimento è proseguito sulle scale, attorno all'ascensore, tra grida, urla, lampi di flashes. Paul è rimasto sempre immobile, barcollante, in silenzio, con lo sguardo fisso davanti a sé. L'energia degli agenti e dei funzionari ha impedito che tutti venissero travolti. Bolgia indescrivibile davanti all'ufficio di Masone che si vede costretto a cedere alle preghiere dei fotografi. Nella stanza Gail Harris e Paul sono seduti sul divano. «Paul, Paul spostati i capelli, fai vedere l'orecchio», «Paul guarda di qua; voltati, sorridi». Ma il ragazzo non ha la capacità di reagire. Gli viene offerta una Coca-Cola e una sigaretta. Gail lo guarda, piange, è come svuotata. Poi la scena impietosa si chiude. La ressa prosegue fuori. Il funzionario della Mobile deve ricorrere ad uno stratagemma. Fa aprire le porte interne comunicanti con la sua stanza e il ragazzo, è in «salvo». Li accompagna un autista della polizia alla clinica «Villa Carla», ai Parioli. «Finora non lo abbiamo interrogato e lo lasceremo in pace ancora per un po'. Il ragazzo è visibilmente menomato sia nel fisico che nel morale. Per tatto il viaggio non abbiamo fatto altro che distrarlo», sono le parole di Masone, quando si incontra con i giornalisti. L'opinione della polizia è che i rapitori di Paul siano esperti professionisti; esperti anche del luogo dove il ragazzo è stato liberato. Le indagini quindi proseguono e il capo della Mobile non è pessimista sugli sviluppi. Fabrizio Carbone

Persone citate: Gail Harris, Getty, Masone