Riscoperta del Calvo il poeta "giacobino,,

Riscoperta del Calvo il poeta "giacobino,, Celebrato in Palazzo Madama Riscoperta del Calvo il poeta "giacobino,, Quanto pubblico, per Edoardo Ignazio Calvo. E quanta poca ufficialità, nella cerimonia ufficiale. La sala più illustre di Torino ascolta i discorsi celebrativi nel linguaggio domestico del dialetto, gli oratori passano volentieri dall'italiano al piemontese, la lingua che il poeta giacobino aveva consapevolmente scelto, per esprimere le passioni e i conflitti del proprio tempo nel solo vocabolario comprensibile a tutte le classi sociali. Tenuta ai margini, fino a ieri, dalla letteratura «maggiore», poco conosciuta nello stesso Piemonte, l'opera del Calvo viene via via riscoperta con il rifiorire di interessi attorno al dialetto, stimola gli studi dei critici più attenti, come Mario Fubini. E la celebrazione del bicentenario, promossa dalla Regione con la Ca de studi piemontèis, riempie Palazzo Madama. Il presidente dell'assemblea regionale, Oberto, nel suo intervento alla tribuna, si è chiesto perché. Forse per il nuovo amore che il pubblico porta alla propria tradizione? Per la volontà di difesa, o di salvezza, della propria lingua? E' l'opera di un poeta, nato duecento anni fa, in uno Stato cosi diverso, vissuto in tempi cosi tragici, fra autoritarismo e rivoluzione; e oggi ci parla. Dagli interventi degli altri oratori emergono motivazioni più intrinseche. Con il Calvo, ricorda l'assessore regionale Visone, la poesia in dialetto diventa cittadina, acquista una dignità letteraria che le consente di esprimere il più profondo impegno civile. Le vere ragioni di questo nostro interesse sono chiarite da Gianlorenzo Clivio, che ha curato la edizione del bicentenario, sotto l'egida della Cà de studi, con tutte le opere dello scrittore. Il giovane studioso traccia un denso profilo biografico-critico del poeta, per mettere in luce soprattutto l'importanza — in quegli anni rivoluzionaria — della sua opzione linguistica e l'efficacia poetica dei suoi esiti. Nella cultura dell'ultimo Settecento, che tende a infranciosare la lingua italiana per un'illusione di maggiore aderenza al modello illuministico francese, la scelta del Calvo è una rivendicazione di libertà personale: è la traduzione pratica di quei principi di liberté egalité fraternité che il medico mutuava non passivamente dal program ma dell'89: «I savi ch'a l'è mia moda, - 'd parie sempre piemontèis, - bin ch'adess per iut as loda - col ch'a parla mach fransèis. ■ Cola l'è na gofarìa: ognidun ant so vilagi ■ clev avej la gelosìa de spieghesse 'nt so linguagi». L'uomo impegnato politicamente, dopo avere salutato con gioia l'arrivo dei francesi a Torino, sarebbe stato pronto, più tardi, a denunciarne il malgoverno e l'involuzione verso un nuovo autoritarismo, rischiando anche il carcere. Il poeta avrebbe continuato a esprimere la propria passione e la propria protesta nella lingua del «so vilagi». Ma con una ricerca stilistica costante, attraverso un lessico e una sintassi poetica maturi: la ragione vera che oggi ci porta a ricercare la sua poesia. g. cale.

Persone citate: Edoardo Ignazio Calvo, Mario Fubini, Oberto

Luoghi citati: Piemonte, Torino