Il terrorismo politico in Argentina di Livio Zanotti

Il terrorismo politico in Argentina Sfumata in pochi mesi la fiducia nel nuovo regime Il terrorismo politico in Argentina Nel solo 1973, già 160 sequestri di persona (pagati 400 milioni di dollari per riscatto) - Un intervento personale di Perón per dare un minimo di garanzìe ai dirigenti del mondo industriale - Una polizia dalla "pistola facile": negli ultimi 10 mesi ha ucciso 245 persone La corruzione e l'arbitrio di chi si sente protetto dalla legge - La Camera accusa 54 commissari di avere torturato prigionieri politici (Dal nostro inviato speciale) Buenos Aires, dicembre. Morire in Argentina: sgomenta, l'opinione pubblica avverte nuovamente che la violenza è nel Paese un incidente quotidiano. Consumata in pochi mesi la fiducia che l'avvento del peronismo potesse di per sé esorcizzarla, i giornali tornano a commentarla sulle prime pagine, attaccano l'ottimismo professionale del ministro degli Interni. Dalle assemblee legislative provinciali escono denunce che scoprono piaghe purulente nel corpo stesso dello Stato. Appaiono d'improvviso i volti nascosti di una violenza endogena, in cui il delitto individuale, la corruzione, l'arbitrio sanguinoso compiuto a! riparo della legge, si sommano al terrorismo e al contro-terrorismo politico. E' un virus che minaccia l'intera società. Il sequestro di persona è pratica corrente: solo nell'anno che sta terminando se ne computano oltre 160, per i quali sono stati pagati complessivamente riscatti pari a 400 milioni di dollari. Vi ricorrono delinquenti comuni, gruppi guerriglieri in cerca di finanziamenti, organi di repressione che hanno fatto sparire in tal modo più di un avversario politico. Nell'ultimo caso, una settimana addietro, vi ha perduto la vita il direttore generale della Ford Argentina, John Albert Swint, un nordamericano sulla cinquantina. Lungo colloquio L'indomani, i ventiquattro dirigenti della medesima impresa hanno fatto le valigie e se ne sono andati, insieme alle rispettive famiglie. «Tornano negli Stati Uniti, le loro vite qui non sono sufficientemente garantite», ha spiegato un portavoce della Ford. Altri hanno manifestato l'intenzione di seguirli. Immediatamente Perón ha voluto parlare con il ministro degli Interni, Benito Llambi; il colloquio è stato lungo. Poche ore più tardi, il Presidente della Repubblica ha informato di persona i dirigenti dell'industria automobili¬ stica impiantata nel Paese che possono disporre di una guardia personale armata. La gendarmeria ha già preso a vigilare le fabbriche del settore, lina misura, quest'ultima, che secondo gli esperti militari presenta rischi: poiché in una situazione conflitti va ciascun agente lasciato fuori delle caserme può trasformarsi in un obiettivo per il nemico. La polizia ne tiene conto e sembra volervi fare fronte con gli stessi metodi sbrigativi che già le hanno attirato dure critiche. I suoi uomini, 26 mila e cinquecento soltanto nella capitale federale, danno mano alle armi con impressionante facilità. Negli ultimi dieci mesi, sulle strade del «grande Buenos Aires» hanno ucciso 245 persone, definite tutte nei verbali «delinquenti abituali», anche se più di una non aveva ombra di precedenti penali. «Troppo spesso prima si spara e poi si domanda», ha dichiarato l'Associazione dei giuristi. Nello stesso periodo, 36 agenti sono caduti nello svolgimento delle loro funzio- ni. Non è difficile, soprattutto quando cala il buio, trovarsi nel mezzo di una sparatoria. E talvolta i cadaveri restano ore alla vista dei passanti. Polemicamente, un giornale si domanda oggi se è forse stata ripristinata la pena di morte. Di fronte all'immagine che le forze dell'ordine offrono di se stesse, il cittadino resta perplesso, non di rado direttamente ne diffida. Accade che ragazzi con chiome fluenti e pantaloni variopinti vengano fermati da poliziotti in borghese e in divisa, che dopo avergli chiesto i documenti li rasano sul posto e gli strappano i pantaloni. Solo un caso? C'è di più grave. Qualche settimana addietro, il tenente colonnello dell'esercito Tulian Chiappe, che svolgeva funzioni di vicecommissario di polizia a Cordova, è stato arrestato e chiuso in carcere. Lo accusano di avere fornito l'esplosivo con cui è stato fatto saltare in aria un allevamento di polli e di avere preteso in cambio una cospicua porzione dei 37 milioni di pesos pagati da una compagnia d'assicurazione al proprietario, come indennizzo. «Un caso — sebbene non unico — non compromette l'istituzione», hanno commentato alla televisione i superiori del colonnello Chiappe. Va da sé, però, che tanto meno concorre a esaltarla. La misconoscenza della realtà, la mitizzazione del primato, la rimozione puramente propagandistica e quindi psicologica di problemi obiettivi, una pratica che per lungo tempo ha prevalso nella società argentina, rappresentano le radici lontane di un'infezione che diventa cancrena quando apertamente prende colori politici. La Camera dei deputati della provincia di Tucuman accusa 54 commissari di polizia «di avere illegalmente detenuto militanti politici e di averli sottoposti a torture; di essere coinvolti in episodi di contrabbando, furto, traffico di stupefacenti e prostituzione». Lo scandalo è enorme, ma senza I conseguenze immediate. La rivelazione delle circostanze in cui nel novembre dello scorso anno scomparve da Rosario il dirigente studentesco peronista Angel Brandazza, corri' muove in questi giorni la città e sta convertendosi in un ulteriore fattore di scontro politico. Un'indagine parlamentare approvata all'unanimità dal congresso della provincia di Santa Fe, afferma che alti ufficiali della seconda armata dell'esercito, funzionari della polizia federale e di quella provinciale sono responsabili di avere sequestrato, torturato a morte il giovane e di averne poi occultato il corpo martoriato. Oscure connivenze proteggono gli squadristi che rapiscono, bastonano e uccidono gli oppositori politici interni ed esterni al giustizialismo, nel cui immenso seno si riproducono tutte le contraddizioni sociali argentine. Il senatore radicale Hipolito Solari Irigoyen si è battuto strenuamente, al Congresso, contro la legge che riforma lo statuto delle «Associazioni professionali», un provvedimento con il quale lo Stato tende a integrare organicamente dentro di sé il sindacato, come una delle forme giuridiche dell'attività economica nazionale. Ha lasciato il Congresso a mezzogiorno dell'ultimo venerdì di novembre, è salito sulla propria automobile e appena l'ha posta in moto un'esplosione gli ha straziato le gambe e il petto. Dopo Ezeiza Dalla strage di Ezeiza e poi dalla morte del segretario generale della Confederazione del lavoro, José Rucci, ucciso in un'imboscata dai montoneros, la catena delle vendette si è orrendamente allungata. L'ipotesi di una tregua, su cui molti facevano affidamento, è svanita nel crepitare delle armi automatiche. Adesso, tutti domandano come è possibile allontanarsi dal baratro, conquistare un clima di confronto civile; ma nessuno sembra avere una risposta buona per tutti. Livio Zanotti

Persone citate: Angel Brandazza, Benito Llambi, Chiappe, Cordova, Hipolito Solari Irigoyen, John Albert Swint, José Rucci

Luoghi citati: Argentina, Buenos Aires, Santa Fe, Stati Uniti