La serena architettura che piace ai finlandesi di Marziano Bernardi

La serena architettura che piace ai finlandesi Aperta una mostra a Torino Esposizioni La serena architettura che piace ai finlandesi L'ambiente naturale è parte integrante delle costruzioni - L'albero è utile per vivere come la cucina e il bagno - Un insegnamento contro la nostra speculazione edilizia Un'imponente, suggestiva sequenza di grandi schermi sui quali, in trasparenza e con semplice, ingegnosa apparecchiatura, sono proiettate, nel buio del salone, stupende diapositive a colori; un'altra serie di limpide fotografie in bianco e nero perfettamente ordinate su pareti mobili; un gruppo di pezzi d'arredamento, seggiole, poltrone, sgabelli, lampade, tavolini e carrelli, esempi eletti di un design che reca una firma famosa; uno splendido catalogo in cui ogni immagine, edifici, ambienti, grafici sono commentati da testi informativi brevi e chiarissimi (finalmente un catalogo non soltanto per specialisti ma per un pubblico comune che desidera anzitutto capire!); introducono il visitatore della mostra che s'è aperta ieri nel palazzo di «Torino Esposizionii» alla piena e rapida comprensione di ciò che è, di ciò che rappresenta nel mondo moderno l'architettura finlandese; e se preferite, all'esplicito intendimento del suo civile «messaggio». Una mostra didattica, dunque, progettata e allestita dall'architetto Paavo Mànttàri, del Museo di architettura finlandese di Helsinki; immediatamente leggibile da tutti (di qui il suo sicuro successo), e perciò in un certo senso sinceramente «democratica», come profondamente democratico è il Paese che s'è accordato con il nostro per fare di Torino la prima tappa d'un giro europeo della documentazione dell'arte e della scienza dell'abitare, quali le si ritengono in Finlandia: cioè l'indissolubile, armoniosa, vitale unione dell'insediamento umano con la natura. E allora va subito detto che la mostra, prima che come testimonianza artistica, dev'essere considerata, nel suo altissimo esempio, come una tremenda condanna di ciò che hanno fatto, sopra la propria terra, gli italiani nel periodo che la rassegna illustra, e che va dal funzionalismo architettonico degli Anni Trenta con le prime opere di Alvar Aalto, con quelle di Bryggman, Lindegren, Jantti, Blomstedt, Huttunen, Revell, Kokko, Riihimàki, Taucher, Lampén, Ekelund, Vàlikangas, alle straordinarie realizzazioni dei quartieri di Tapiola. Ha scritto sul catalogo Gio Ponti in un entusiastico «inno» all'architettura finnica e al suo massimo esponente vivente, Alvar Aalto (Eliei ed Eero Saarinen morirono nel 1950 e nel 1961), al quale è soprattutto dedicata la mostra con 17 progettazioni dal 1929 al '71 e col design d'arredamento: «La Finlandia, fra le nazioni, è l'unica che ha una sua architettura moderna, vera, integrale, esclusiva... E' un'architettura serena, d'una serenità naturale che nulla però concede alla leggiadria e ai sorrisi. E' un'architettura amorosa delle acque, delle dolci betulle, degli abeti esili e diritti come lance infitte nella terra, mai però un'architettura agreste, ma civica sempre». Betulle, abeti... li vedete in queste immagini stendersi a leggere, tremule cortine davanti alle case, nell'interno dei quartieri, lungo le arterie cittadine, intorno alle scuole, agli ospedali, alle chiese. Non una fotografia che non ci mostri il ricamo di una fronda sopra le vaste vetrate e le lisce facce degli edifici, o il tappeto verde d'un prato sull'ingresso di una fabbrica. Quali alberi trovate nelle malebolge periferiche di Torino, Milano, Roma o Napoli, tra i fumi avvelenati di Marghera? E pochi animosi non devono difendere con le unghie e coi denti il bosco di Portofino, ciò che resta della macchia versiliese dalla brutalità della speculazione edilizia e di un male inteso turismo? Giustamente Gio Ponti definisce «civica» e non «agreste» la concezione architettonica finlandese. Non agreste perché essa non conosce (o forse disprezza) la mitizzazione della natura nell'ambito di un romanticismo alla Rousseau; e contro ogni seduzione di questo fin dal principio — fin da quando, cioè, ha trovato una moderna espressione propria, rinunziando all'importazione di gusti stranieri, in coincidenza con la conquistata indipendenza nazionale mezzo secolo fa — ha opposto un rigoroso controllo di strutture e di funzioni. Civica, invece, in quanto tutto il suo studio è posto a servizio dell'uomo e del suo habitat, del suo agio di vita, della sua salute, insomma di un costume ch'è sinonimo di civiltà, realizzando (come ricorda Gio Ponti) un pensiero del Palladio: la casa sia come una piccola città, e la città come una grande casa. E tuttavia Alvar Aalto, il maggior architetto della generazione europea che oggi ha varcato i settantanni, non è un razionalista. Ha affermato Bruno Zevi: «Anche prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, si presentava come il maggior esponente europeo della corrente organica)). Aalto, chiarisce l'autore della celebre Storia dell'architettura moderna pubblicata da Einaudi, nella predisposizione degli interni procede dallo studio degli ambienti, dei percorsi, dei movimenti dell'uomo. E' dunque, il suo, uno studio della libertà umana, e forse si potrebbe dire, avendo sott'occhio gli esempi di questa mostra, che tutta l'architettura moderna finlandese si uniforma a tale spirito di libertà. Basta guardare il meraviglioso centro di Tapiola ideato da Aarne Ervi, con le case, i quartieri residenziali di Blomstedt, Kaija e Heikki Siren, Ahola, Pietilà, Paatelainen, Revell, dove gli edifici per l'attività commerciale formano un gruppo organizzato in modo da guidare gran parte del traffico pedonale alle zone residenziali, protetto dal traffico motorizzato; e dove l'ambiente naturale è parte integrante, non accessoria, dell'esigenza civica: un bosco di betulle ha lo stesso valore delle case bianche e basse che vi si annidano. L'albero, vogliam dire, «serve» al finlandese come la cucina o il bagno. Certamente, una simile visione dell'architettura fu facilitata, nacque spontaneamente, oltre che dalla disponibilità di materiali primari, dalla qualità del patrimonio storico della stessa architettura finlandese, non condizionata, come in altri Paesi europei, da tradizioni auliche e da retoriche culturalistiche. Il trapasso dall'eclettismo ottocentesco al funzionalismo degli Anni Trenta e all'organicismo di Aalto, è senza dubbio riuscito più agevole per gli architetti finlandesi, che non per degli architetti che dovessero operare tra Venezia e Roma, tra Milano e Palermo. Quando da noi si costruivano il duomo di Modena e di Pisa, e S. Maria in Transtevere, in Finlandia si fabbricavano piccole chiese romaniche di legno; e il Brunelleschi, Michelangelo, il Bernini non imposero ripensamenti a un Erik Bryggman. Ma oggi diventa sempre più difficile abitare nel Palazzo Farnese o in quello d'Urbino, tanto più che il ricatto arabo minaccia gli ammodernamenti degli «attici» riscaldati a 25 gradi. L'uomo attuale chiede altri capolavori: che possono essere quelli, in questa bellissima mostra documentati, di Alvar Aalto. Marziano Bernardi