Rapito un direttore Fiat Brigate Rosse: siamo noi

Rapito un direttore Fiat Brigate Rosse: siamo noi Il sequestro a Torino mentre andava in ufficio Rapito un direttore Fiat Brigate Rosse: siamo noi E' Ettore Amerio, 56 anni, direttore del personale della Fiat Gruppo Auto - Ieri, alle 7,40, esce di casa per andare al lavoro - Improvvisamente viene trascinato su un furgoncino della Sip-Stipel (rubato) da alcuni individui travestiti da tecnici - Grida, ma invano - La polizia trova il camioncino bruciato e una "127" anch'essa servita per il rapimento - Più tardi uno sconosciuto avverte per telefono che in una cabina c'è un volantino con le motivazioni del gesto - Le Brigate Rosse scrivono che "qualunque indagine poliziesca può mettere a repentaglio l'incolumità del prigioniero" • Il questore: "Il volantino mostrerebbe il motivo politico del gesto" - "L'inchiesta non sarà sospesa" Ancora un rapimento a Torino. La vittima è il direttore del personale della Fiat-Gruppo Auto, cav. Ettore Amerio di 56 anni. Ieri alle 7,40 in via Levanna, a pochi passi da casa, è stato trascinato su un furgoncino bianco della Sip-Stipel, rubato due settimane fa, e fatto prigioniero da alcuni individui travestiti da tecnici. Le « Brigate Rosse » in un volantino rivendicano la paternità del gesto e affermano che « qualunque indagine poliziesca può mettere a repentaglio la sua incolumità ». Il questore dott. Màssagrande in serata ha dichiarato: « Il volantino mostrerebbe il motivo politico del sequestro ». L'azione del « commando » è stata molto rapida e per la sua modalità ricorda l'ultima impresa compiuta a Torino dalle « Brigate Rosse » nel febbraio scorso, quando fu fatto prigioniero il sindacalista della Cisnal, Bruno Labate. Anche allora il sequestro avvenne in una strada frequentata, sotto gli occhi di testimoni. Sull'auto usata dai rapitori la polizia trovò le impronte digitali di un giovane milanese, Paolo Maurizio Ferrari, colpito da ordine di cattura, ma tuttora latitante. I). cav. Ettore Amerio, sposato, due figli, Enrico di 26 anni ed Isabella di 28, abita in corso Tassoni 57. Ogni mattina verso le 730 si reca al lavoro. Percorre una trentina di metri, poi imbocca via Levanna, dove al numero 6 c'è un'autorimessa con la sua auto, una « 124 » rossa. I rapitori hanno dimostrato di conoscere in modo perfetto le sue abitudini ed hanno preparato l'aggressione minuziosamente. Hanno fermato il camioncino della Sip-Stipel in via Levanna, all'angolo con corso Tassoni. Sull'automezzo c'erano alcuni individui, vestiti con la tuta dei tecnici della azienda telefonica. Li ha visti una panettiera, Anna Maria Mattiello, ma non è in grado di precisarne il numero e non ricorda la loro fisionomia. Dietro il « furgone », una « 127 ». Alle 7,40 da corso Tassoni sbuca il cav. Amerio. Il freddo è pungente. Cammina in fretta con il bavero del cappotto rialzato. In mano stringe una borsa. Si apre la porta laterale del furgone. Senza scendere i rapitori si protendono, Io afferrano trascinandolo verso la macchina. La vittima è sorpresa, ma si riprende, cerca di divincolarsi, lotta. Gli cadono la borsa e perde una scarpa, gli occhiali vanno in frantu- mi. Grida: « Aiuto, aiuto, lasciatemi ». Dalla rampa dell'autorimessa accorrono due dipendenti, Vincenzo Veriello di 56 anni ed Ignazio Manuguerra di 26. Ma è tardi. Con uno scatto rabbioso il camioncino fugge con il prigioniero, seguito dalla «127» rossa. Allarme. Accorrono polizia e carabinieri. Per terra, accanto agli occhiali in frantumi, si trova il berretto perso da uno dei finti tecnici durante la lotta. Si istituiscono posti di blocco. Poco dopo le 8 in via Ornavasso, angolo via Sismonda, c'è un camioncino in fiamme. E' quello della Sip, usato dal «commando». I rapitori gli hanno dato fuoco probabilmente per impedire la scoperta di impronte digitali, com'era invece accaduto nel febbraio scorso. Davanti al numero 71 di via Belli si trova poi la « 127 » rossa. Entrambi gli automezzi risultano rubati il 29 novembre scorso. Alle 10,40 gli autori del se¬ questro si fanno vivi con una telefonata all'agenzia Ansa. Una voce (probabilmente di un giovane) avverte che in una cabina telefonica di piazza Statuto c'è un volantino con le motivazioni del gesto. E' un foglio ciclostilato, ha la stella e la firma delle «Brigate Rosse». Avverte che il rag. Amerio « è detenuto in un carcere del popolo ». Afferma che la durata della prigionia « dipende da tre fattori: il proseguimento delle manovre antioperaie di strumentalizzazione della crisi creata e gonfiata ad arte dalla Fiat; l'andamento degli interrogatori ai quali il prigioniero verrà sottoposto sulla questione dei licenziamenti e dello spionaggio all'interno dell'azienda; la completezza dell'informazione che verrà data di questa azione ». Dopo questa comunicazione non si sono più avute notizie del «commando» dei rapitori. Le indagini sono dirette dal vicecapo della polizia dott. Parlato giunto da Roma. Nel pomeriggio egli ha partecipato ad un « vertice » con il Procuratore generale dott. Colli ed il prefetto dott. Salerno. Al termine il questore Massagrande ha annunciato che nonostante la minaccia contenuta nel volantino l'inchiesta non sarà sospesa». (A pagina 4 i servizi sulla vicenda). Il furgone usato dai rapitori di Ettore Amerio, e successivamente distrutto col fuoco

Luoghi citati: Roma, Salerno, Torino