Un teatro di donne per il femminismo di Liliana Madeo

Un teatro di donne per il femminismo Tanti problemi, e tanta curiosità Un teatro di donne per il femminismo "Mara, Maria, Marianna" in scena a Roma, in una sala gremita Sette monologhi scritti da Marida Boggio, Edith Bruck, Dacia Maraini, affidati a tre attrici, con tre uomini a fare da contorno (Nostro servizio particolare) Roma, 8 dicembre. C'era la coda della gente fin sulla strada, e il pulmino della televisione, e gli operatori dei cinegiornali, l'altra sera, davanti al centro culturale della Maddalena, dove andava in scena il primo spettacolo femminista curato dal collettivo teatrale del centro, «Mara, Maria, Marianna...». «Fa notizia» l'annunzio che un gruppo di donne parla, scrive, rappresenta, discute di problemi di donne. Ma è anche un avvenimento che agita le acque, smuove l'antica passività femminile, catalizza energie sopite, dà fiato alle voci più impazienti e combattive. Si incominciava appena a parlare di questa iniziativa teatrale, che già arrivavano inviti per ospitare lo spettacolo: da parte di organismi universitari, collettivi di fabbrica, circoli culturali, gruppi femministi. Le prime socie della Maddalena misuravano le possibili utilizzazioni di questo scantinato asimmetrico e minuscolo, ripulivano le pareti, tinteggiavano di rosso i mattoni, facevano le code all'Enel per avere gli allacciamenti della trifase, e via via le loro file si ingrossavano: offrivano i propri servigi uomini contriti e solidali con la causa femminista, si aggregavano al gruppo insospettabili signore della buona borghesia romana, chiedevano di iscriversi e di rendersi utili in qualche modo attrici come Monica Vitti, Catherine Spaak, Anna Maria Guarnieri, Mimsy Farmer, Ombretta Colli, Annabella Cerliani. Si varava appena il primo spettacolo, e già si moltiplicava' no le iniziative, le proposte, le ambizioni, i gruppi di lavoro. Si sta preparando uno spettacolo di bambini per bambini, e una testimonianza di quindicenni sulla loro condizione; si prevede un «recital» di canzoni femministe di Ombretta Colli, una riela borazione in chiave femminista (rapporti fra serva e padrone) del brechtiano «Puntila e il suo servo Matti», una commedia-in' chiesta sulla «strega» (la donna vista come «diversa» attraverso i secoli). Si lavora a spettacoli . da portare per le strade, in borgata, davanti alle fabbriche e ai mercati. Si parla di uno spettacolo ogni mese, di un dibattito da sviluppare in modi e forme diverse ma sempre sullo stesso tema: la donna e la società, la liberazione della donna e la trasformazione della società. «Mara, Maria, Marianna...» è stato la prova di un metodo di lavo ro: raccolta ed elaborazione di dati, testimonianze dirette; scelta collettiva dei temi da trattare; discussione in assemblea dei testi elaborati dai gruppi; decisione collettiva dell'impostazione ideologica ed artistica da dare agli spettacoli. Il risultato di tali propositi è stato interessante, non senza cadute e contraddizioni. I testi sono di tre autrici: Marida Boggio, che ha curato anche l'allestimento scenico, Edith Bruck, Dacia Maraini. E ciascuna firma il proprio «pezzo», gli dà una propria impronta, non solo nella scelta dell'argomento e nel suo sviluppo, ma anche nell'elaborazione letteraria della testimonianza originale (questo è particolarmente vistoso, fastidioso, e prevaricatorio, nel caso della Maraini). Gli attori sono sei, tre donne (Lina Bernardi, Yuki Maraini, Saviana Scalfì), tre uomini (Gianni Elsner, Alberto Pudia, Giuliano Manetti). Le prime sono le protagoniste, ovviamente. I secondi fanno da spalla, da contorno, ma con bravura e non poca ironia. Lo spettacolo è formato da sette ritratti di donna, in pratica sette monologhi, a testimoniare anche la solitudine della donna, la sua difficoltà a trovare un dialogo col proprio partner e persino con le altre donne. I problemi sono quelli, elementari, fondamentali, della casa, la sottoccupazione, le maternità a catena, lo svilimento che l'uomo fa del corpo femminile, gli inganni maschili sul tema del sesso e dei sentimenti, il dramma dell'aborto, l'ignoranza, la rassegnazione, lo scontro con la società quando si tenta di violarne le regole e i tabù. L'ambiente cui appartengono questi personaggi è unitario: il sottoproletariato urbano dove le condizioni di vita a volte sono subumane. I testi si sono limitati a registrare alcune situazioni tipiche di tale «status». Fra la denuncia pura e semplice di simili casi, in cui così palese è l'ingiustizia sociale e la violenza perpetrata ai danni dell'essere umano, non può trovare spettatori disinteressati o dissenzienti. Lo «scandalo» nasce quando si guarda che cosa c'è dietro quella facciata, e si mette in discussione lo sfruttamento di cui sia la donna sia l'uomo sono vittime, le leggi che vogliono emarginarli entrambi, le ragioni per cui esistono nella società tali sacche di miseria e di abbrutimento. E' mancato alle femministe romane il coraggio di dire la verità sino in fondo, e quindi di essere «rivoluzionarie» come da loro ci si aspettava. Ma questo è il loro primo spettacolo. Hanno ancora tanto tempo e tante occasioni per tirar fuori tutta la loro grinta. Liliana Madeo

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