I "microfoni,, del nazismo

I "microfoni,, del nazismo Rosenberg e Goebbels alla corte del dittatore I "microfoni,, del nazismo Robert Cecil: « Il mito della razza nella Germania nazista - Vita di Alfred Rosenberg », Ed. Feltrinelli, pag. 274, lire 3200. La guerra è bella ■ Goebbels e la propaganda di guerra, a cura di Willi A. Boelcke, Ed. Vallecchi, pag. 403, lire 4500. Alfred Rosenberg fu riconosciuto colpevole di crimini contro l'umanità al processo di Norimberga e morì sulla forca il 15 ottobre 1946; quindici mesi prima Joseph Goebbels si era sottratto a una condanna analoga dandosi volontariamente la morte nel bunker di Berlino, ormai stretto da presso dalle truppe sovietiche. Fra gli alti dignitari della corte hitleriana Rosenberg e Goebbels erano forse gli unici che non avessero concorso materialmente, con direttive e atti concreti, alle atrocità del nazismo; ma le loro responsabilità morali non erano meno schiaccianti di quelle di un Himmler, di un Goering o di un Ribbentrop. / corruttori Ciascuno nel campo specifico, la predicazione ideologica per Rosenberg, la manipolazione propagandistica per Goebbels, essi avevano corrotto e violentato milioni di coscienze: si doveva soprattutto alla loro capacità di persuasione se il popolo tedesco si era lasciato soggiogare da un regime mostruoso, fino a rendersi strumento delle più efferate aggressioni e sopraffazioni. Nel 1930 Rosenberg, che già da una decina d'anni faceva parte della cerchia dei collaboratori più fidati di Hitler, aveva pubblicato la sua opera maggiore, Il mito del XX secolo. Qualsiasi riassunto, come osserva giustamente Robert Cecil, doterebbe il libro di una coerenza e di una lucidità maggiori di quelle che realmente possiede; basti dire che si tratta di un delirante panegirico delle eterne virtù della « razza ariana », contrapposte alla depravazione giùdaico-cristiana e alla barbarie slava. « La visione della vita di Rosenberg », osservò nel 1936 un teologo protestante tedesco profugo in Inghilterra, « è pura demenza »; ma, aggiungeva profeticamente il religioso, « la follia si sta certamente diffondendo e può portare a un accesso di frenesia che metterà a fuoco l'Europa». Il che avvenne puntualmente; né ad assolvere Rosenberg bastò il fatto che egli, uomo di temperamento insicuro e indeciso, non sapesse tradurre in pratica la sua forsennata visione della superiorità razziale tedesca quando, nel 1941, Hitler gli affidò il compito di amministrare i territori sovietici occupati. Rosenberg cercò di attuare una politica che, pur ridu¬ rante le guerra. Lo sforzo propagandistico verso l'esterno — Paesi alleati, Paesi occupati, Paesi nemici — fu di scarsa efficacia; ma la propaganda interna servì a soffocare nel popolo tedesco ogni velleità di resistenza e a farlo combattere disciplinatamente, anche se non col fanatismo e l'ottimismo dei primi anni di vittorie, sino al termine del conflitto. E' vero che l'azione propagandistica fu sempre accompagnata da un terrorismo poliziesco spietato; ma è incontestabile che Goebbels seppe manovrare la stampa e la radio in modo da prevenire o almeno arginare, fino all'ultimo, scoramenti e collassi psicologici del fronte interno. Che questo fine sia stato conseguito con metodi e argomenti che ripugnano alla ragione e al senso morale è un fatto che induce a considerazioni non liete sulla facilità con cui un regime totalitario può disporre delle coscienze una volta che sia giunto a impadronirsi dei mezzi d'informazione. La raccolta delle istruzioni di Goebbels alla stampa e alla radio, curata da Willi Boelcke, contiene innumerevoli esempi di cinismo e di lucido, ferreo oscurantismo: nessun apparato di propaganda seppe spegnere, come quella nazista, ogni minimo cenno di critica e di riflessione. Mario Bonini e che devono esercitare la propria superiorità per dimostrarsi eroi. E' significativo, comunque, che tra il fumoso e amletico Rosenberg e Goebbels, personaggio ben altrimenti aduso alle spietate necessità del potere, non corresse buon sangue fin da quando, nella Monaco del primo dopoguerra, i due si contendevano i favorì e la fiducia di Hitler. Più pratico e più scaltro, e forse anche dotato di un bagaglio culturale più solido, Goebbels capì molto presto che Hitler, pur rispettando in Rosenberg il teorico di un nazionalsocialismo inteso come espressione assoluta e primordiale dei valori della razza, aveva bisogno di chi sapesse tradurre il verbo in parole d'ordine accessibili. La prova suprema Nel movimento nazista e, dopo la sua ascesa al potere, nella vita del Terzo Reich la propaganda assunse per opera di Goebbels il carattere e l'importanza di un vero e proprio strumento di dominio. Nel 1937 fu imposto a tutti gli uffici stampa il divieto di servirsi del termine « propaganda » in contesti sfavorevoli al nazismo: era proibito, ad esempio, parlare di « propaganda bolscevica ». La prova suprema delle capacità di Goebbels si ebbe du¬ cendo sostanzialmente a colonie l'Ucraina, la Bielorussia e le regioni gravitanti sul Mar Nero, invogliasse le popolazioni a collaborare con i tedeschi, schierandosi contro il secolare oppressore grande-russo. Questo disegno fu ben presto sconfessato dagli stessi luogotenenti di Rosenberg, ligi alle ben più brutali e indiscriminate direttive di Himmler; e l'ideologo del razzismo si vide scavalcato, come era avvenuto anni prima, al tempo delle leggi antiebraiche di Norimberga. Anche in quella occasione le misure concrete di persecuzione e di sterminio avevano suscitato in lui riserve e perplessità: era come se l'autore di un trattato di chirurgia, entrando finalmente in sala operatoria, scoprisse di non poter sopportare la vista del sangue. Storiografi tedeschi hanno giudicato Rosenberg colpevole, e degno della pena capitale inflittagli a Norimberga, perché, pur occupando una posizione elevata, non se ne servì per fare quanto era in suo potere allo scopo di evitare il peggio. Ma la vera colpa di Rosenberg, osserva Cecil, non fu di aver agito da debole, bensì di aver parlato e scritto da forte, poiché nulla corrompe gli uomini più che sentirsi dire, come per anni si sentirono dire i tedeschi, che appartengono a una razza superiore

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