I russi "ufficiali,,

I russi "ufficiali,, I russi "ufficiali,, Quelli che non contestano e sono talora ingiustamente trascurati Georgij Markov: «La famiglia Strogov », Ed. Mursia, pag. 286, lire 3500. Jurij Bòndarev: « La neve calda», Ed. Mursia, pagine 392, lire 4500. Cingiz Ajtmatov: «Romanzi brevi», Ed. Mursia, pagine 358, lire 4200. Nella mutata prospettiva letteraria sovietica., che dal 1" gennaio 1974 sarà regolata dall'apposita Agenzia per la difesa dei diritti d'autore dell'Urss (Vaap) — invece della «Mezdunarodnaja kniga», che svolge tali mansioni adesso — non si sa ancora se vi sarà posto per gli scrittori anticonformisti, pervenutici sin qui attraverso i canali del samizdat. La recente adesione alla Convenzione di Ginevra potrebbe, a patto di eludere le eccessive strettoie burocratiche, modificare utilmente il panorama, sia eliminando le superflue successive traduzioni delle medesime opere, sia facendo convergere l'attenzione sui numerosi autori da tradurre e scoprire. Tra questi ultimi, finora inspiegabilmente trascurati, converrà citare almeno, per i libri sulla vita nei kolkhozy, Abramov, Belov e Mozaev (il cui romanzo Dalla vita di Fjodor Kuz'kin, noto dal Novyj mir 1966, è ora uscito da Gallimard); per la rievocazione della guerra nei suoi aspetti più problematici V. Bykov, e per l'inimitabile vena satirica l'abkaso P. Iskander. Il caso più misterioso è rappresentato da Jurij Trifonov (n. 1925) di cui, oltre a vari racconti sui costumi, acutamente osservati, àeU'intelligencija, è uscito sul Novyj mir (nn. 3-5, 1973) Neterpenije (impazienza e anche intolleranza), un romanzo storico, animato dagli stessi personaggi della Narodnaja volja — al momento dell'attentato contro Alessandro II — che figurano nel Populismo russo di Franco Venturi. I volumi ora presentati da Mursia sembrano scelti per illustrare, più che gli aspetti di maggior interesse nell'attuale letteratura sovietica, la produzione dei suoi esponenti ufficiali, essendo Georgij Markov primo segretario della Unione degli scrittori, insignito dell'Ordine della Bandiera rossa del lavoro e deputato al Soviet supremo, Jurij Bòndarev segretario dell'Unione degli scrittori, primo segretario degli scrittori della Federazione russa e insignito del Premio Lenin, e Cingiz Ajtmatov membro della Unione degli scrittori, Premio Lenin e deputato al Soviet supremo. Sono per giunta firmatari tutti e tre della lettera inviata dagli scrittori sovietici alla Pravda per condannare Sakharov e Solzenieyn. Nella Neve calda, Bòndarev (autore già noto in Italia per II silenzio, 1962) con la tecnica lenta e meticolosa introdotta dall'écoZe du regard descrive alcuni episodi sul fronte di Stalingrado nel dicembre 1942. Dall'intenzionale grigiore antiretorico in cui sono mantenuti la tremenda battaglia in prima linea e gli uomini con le loro debolezze e il dimesso eroismo, spiccano alcune scene di più spontanea efficacia. Stalin appare nel romanzo come un essere onnipotente, la cui immagine è impressa nella coscienza più profondamente di quella del padre e della madre. La novità di maggior rilievo per il lettore italiano è senza dubbio costituita da Addio Gul'sary, sia perché gli altri due brevi romanzi di Ajtmatov erano già noti in Italia (il Battello bianco, libro di notevole successo, dal 1972, Dzamilja dal 1961) sia per il grande fascino della terza opera. Tvardovskij, che pubblicò Addio Gul'sary sul Novyj mir nel 1966, presentandone la candidatura al Premio statale dell'Urss, scrisse: « L'alta drammaticità del racconto, la sua poeticità e il lirismo, la profonda verità e l'appassionato impegno partitico dell'autore nell'affermare i principi autenticamente comunisti della morale e dei rapporti sociali, assicurano a C. Ajtmatov un posto d'onore tra le migliori opere degli ultimi tempi». Infatti, benché l'onnisciente autore veda il suo microcosmo dall'alto del proprio pianeta, benché la struttura si fondi sul doppio parallelismo del protagonista uomo e del protagonista cavallo oltre che del presente vissuto e del passato rievocato, Ajtmatov supera qui alcuni suoi caratteristici limiti. La schematicità dei personaggi, avvertibile in Dzamilja malgrado gli incomprensibili entusiasmi del suo traduttore francese Aragon si attenua, e anche la componente sadica si riduce ad una più sopportabile crudeltà esistenziale. Entro la rigida cornice — lontano accenno alle tappe obbligate di antichissime fiabe — il racconto si dipana tra conflittualità e poesia. Tanabaj, il vecchio comunista caparbio, prima allevatore di cavalli poi pecoraio, lotta con la natura spesso ostile, con le aspre condizioni del dopoguerra nelle montagne kirgise, ma soprattutto con i burocrati. Anche il suo Gul'sary viene debitamente domato e asservito agli uomini, tra un alternarsi di libertà riconquistata e perduta. Alcune volte riesce a fuggire e a rag giungere il suo branco: «Gul'sary si scosse, si raddrizzò, quindi si mosse lentamente, conservando quel suo atteggiamento altero, superbo di quando si metteva davanti al branco. Si portò in testa, spinse via il nuovo stallone e, altezzoso e prepotente, nitrì, nitrì forte, annunciando la sua danza. Procedeva saltellando, scartando, ogni tanto si impennava, poi riprendeva a danzare, e i suoi zoccoli sfioravano l'erba, e sull'erba rimaneva la traccia frusciante di quelle carezze ». Intrecciata con le belle descrizioni della natura e dei costumi kirgisi, quali l'indimenticabile gara a cavallo per la conquista del caprone, la critica di abusi e ingiustizie, sommessa, formulata dall'interno, come appunto piaceva a Tvardovskij, impedì forse al libro di ottenere il premio. Lia Waìnstein

Luoghi citati: Ginevra, Italia, Stalingrado, Urss, Vaap