Anche nella Svezia modello libertà di stampa minacciata

Anche nella Svezia modello libertà di stampa minacciata C'è un fenomeno Springer in Scandinavia Anche nella Svezia modello libertà di stampa minacciata Il Paese ha un altissimo indice di lettura, oltre 100 quotidiani, su 8 milioni di abitanti, con 4 milioni e mezzo di copie il giorno - Tuttavia si estendono le concentrazioni, contro le quali lo Stato ha deciso di intervenire - Le sovvenzioni ai giornali (Dal nostro inviato speciale) Stoccolma, dicembre. Anche la Svezia ha uno Springer. Chi arrivi in Scandinavia convinto di essersi lasciato alle spalle i regni della concentrazione dei giornali ne troverà qui un esempio interessante, che preoccupa politici e sindacati, giornalisti e opinione pubblica. Lo Springer scandinavo si chiama Bonnier, un industriale che sta diventando una potenza nel settore dell'informazione. Ha due quotidiani, uno del mattino Dagens Nyheter, 450 mila copie al giorno, l'altro del pomeriggio, Expressen, 580 mila copie, diffuso in tutto il Paese. Possiede inoltre il 50 per cento circa della stampa periodica svedese e ha interessi nell'editoria scolastica. Ma ha destato più allarme il recente acquisto della Svenska Film, la casa che ha prodotto le più note opere di Ingmar Bergman. L'ingresso di Bonnier nel settore cinematografico, si dice qui, è l'inizio di una vasta operazione che domani può estendersi ad altre forme di comunicazione, tv e videocassette. Al ministro Cari Lidbom, molto vicino al premier Palme ed esperto dei problemi della stampa, ho chiesto che cosa pensi del fenomeno Bonnier. «Qualcuno dice che acquista giornali e altre cose per aumentare i suoi affari. In realtà le concentrazioni di questo genere non sono mai affari puri, hanno sempre un significato e uno scopo politici. Perciò anche i politici devono occuparsene, soprattutto pensando ai pericoli di un monopolio dell'informazione, ossia il controllo dell'opinione pubblica in mano a poche persone». Ho sentito dire la stessa cosa da Olof Lagercrantz, uno dei due direttori del Dagens Nyheter, giornale di Bonnier. Polemista acuto e brillante, Lagercrantz non ha esitato a criticare anche pubblicamente il processo di concentrazione operato dal proprietario del giornale. «Sono molto preoccupato, vedo che il mio giornale sta acquistando più o meno posizioni di monopolio, mentre siamo favorevoli a un dialogo ampio e aperto con altre voci e altri giornali. Ho criticata anche nel consiglio d'amministrazione il recente acquisto della Svenska Film. Credo che troppo potere e monopolio delle informazioni siano un rischio per l'opinione pubblica e per la democrazia. Oggi la stampa ha ancora la sua indipendenza, ma deve difenderla». Lagercrantz spiega gli elementi di questa indipendenza. «Non siamo legati ad alcun partito e questo è bene perché la nostra critica è tanto più efficace quanto più è slegata dalle posizioni delle forze politiche. Dobbiamo vedere l'operato del governo con occhio critico e fornire stimoli per i problemi da risolvere. Poi ci sono aspetti importanti di democrazia interna ai giornali. Proprio in questi giorni il corpo redazionale sta scegliendo il redattore capo, valutando le dichiarazioni e le tesi dei vari candidati. Anche questa indipendenza interna è utile per la libertà di stampa». Di questa libertà gli svedesi sono molto gelosi, come dimostra un altro dibattito che si è aperto nell'ultimo mese. In seguito alla scoperta di un caso di spionaggio, una rivista di estrema sinistra, Fib Kultur Front ha dato un resoconto della vicenda citando anche notizie sui codici segreti militari. I due giornalisti che hanno riferito i fatti sono stati arrestati e accusati di aver violato norme sulla sicurezza dello Stato. I pareri sono ora divisi tra chi sostiene che il provvedimento delle autorità è legittimo e chi lo definisce una minaccia alla libertà di stampa. Vi sono numerose inchieste aperte e da molte parti si chiede un provvedimento di legge che stabilisca più esattamente i confini tra le esigenze dello Stato di provvedere alla propria sicurezza e quelle della stampa di esercitare liberamente la sua opera. Per garantire la libertà d'informazione lo Stato è intervenuto più volte negli ultimi anni con provvidenze a favore dei giornali, soprattutto di quelli gravati da difficoltà economiche. Il ministro Lidbom è uno dei maggiori promotori di queste iniziative. «In Svezia, come in altri Paesi, la stampa ha subito in questi decenni un processo di concentrazione. Nel 1945 avevamo 177 quotidiani, oggi ce ne sono 108 (qui per quotidiano si intende una pubblicazione che esca almeno tre volte la settimana). (Ogni giorno 4 milioni e mezzo di copie vendute su 8 milioni di abitanti, il rapporto è di 550 lettori su 1000 abitanti, il 90 per cento delle famiglie ha un giornale - N.d.r.). La soppressione ha colpito soprattutto i giornali secondari, ossia quelli che avevano nello stesso luogo un concorrente più forte. Inoltre si è ridotta la percentuale di vendita delle testate sopravvissute. Ora, abbiamo individuato nel volume della pubblicità la causa di questo fenomeno. Il giornale che ha più annunci pubblicitari aumenta sempre più le sue entrate e diventa sempre più potente. Il giornale che ha meno pubblicità diventa sempre più debole e non essendo in grado di sostenere la concorrenza, diventa un veicolo pubblicitario sempre mena efficace. E' una spirale che abbiamo cercato di modificare con una serie di interventi ». Nel 1965, dopo una prima inchiesta parlamentare, furono decisi aiuti ai partiti politici per il sostegno ai giornali, ma la misura si rivelò insufficiente. Una seconda inchiesta parlamentare portò nel 1969 a un fondo di crediti ai giornali, a basso interesse, per 25 milioni di corone annue (circa 3 miliardi e mezzo di lire). Nel 1970 fu deciso un sussidio di 20 milioni di corone annue (2 miliardi 800 milioni di lire) per le spese di distribuzione. Questa avviene per mezzo di un'impresa creata da tutti i giornali che vengono risarciti delle spese in proporzione alle copie vendute. Ma gli aiuti apparvero ancora insufficienti e nel 1971 il Parlamento, su proposta del governo, decise aiuti diretti ai giornali secondari, ossia ai quotidiani la cui vendita è inferiore a quella di un altro quotidiano che esce nella stessa città. La sovvenzione nel '72 è arrivata a 5000 corone (700 mila lire) per tonnellata di carta consumata escludendo dal conto lo spazio dedicato alla pubblicità. L'anno scorso, 54 giornali hanno ricevuto questo aiuto diretto, 24 dei quali con periodicità settimanale o bisettimanale, per un totale di 67 milioni di corone (9 miliardi e mezzo di lire). Secondo un calcolo governativo, nel '72 sono stati distribuiti alla stampa, nelle varie forme di sovvenzione, 142 milioni di corone (circa 20 miliardi di lire, assumendo il dato di 140 lire per ogni corona). I giornali sono esenti dall'I va su vendite e abbonamenti, mentre la carta viene acquistata direttamente senza agevolazioni. Pei reperire parte dei fondi destinati alla stampa il governo ha posto una tassa sulla pubblicità di giornali, che è del 6 per cento sui quotidiani e del 10 per cento su altri giornali e forme diverse di pubblicità. Questa imposta, che nel '72 ha reso 30 milioni di corone (meno di un quinto delle sovvenzioni globali alla stampa), ha incontrato varie opposizioni. Si sostiene che essa, anziché aiutare i giornali, aumenta il prezzo della pubblicità e quindi i costi. Altri affermano che il fine di aiutare i giornali più deboli è apprezzabile, ma il metodo seguito non è equo. Comunque il governo ha nominato un'altra commissione di inchiesta, la terza in dieci anni, per esaminare lo stato generale della stampa e prendere nuovi provvedimenti. Roberto Franchini

Luoghi citati: Front, Stoccolma, Svezia