I misteri d'Italia di Enzo Biagi

I misteri d'Italia UN'INCHIESTA DI ENZO BIAGI I misteri d'Italia II detective Tom Ponzi e le intercettazioni telefoniche Milano, dicembre. Il fatto. Si è cominciato a parlate di spionaggio sui cavi a proposito dello « scandalo dell'Anas ». Qualcuno aveva interesse a sapere come si svolgevano le aste per la costruzione delle autostrade. Poi ci si accorse che, anche dagli uffici giudiziari del Tribunale di Roma, fuggivano indiscrezioni. Un sopralluogo in una delle varie agenzie dell'investigatore Tom Ponzi, a via Veneto, portava alla scoperta di due micro-radiotrasmittenti di fabbricazione giapponese. I carabinieri si accorgevano anche che il popolare detective esercitava da alcuni anni senza la necessaria licenza. Il pretore Infelisi lo accusava poi di avere, con la collaborazione di alcuni tecnici della Sip, « compiuto numerose intercettazioni telefoniche per conto di una organizzazione di estrema destra ». Ponzi scaricava ogni accusa su un concorrente, il dott. Walter Beneforti, ex commissario di pubblica sicurezza, ex vicecapo della Criminalpol per il Nord. Scambio di denunce, arresto dei due clamorosi personaggi che, rimessi poi in libertà, anche per « motivi di salute », e attualmente sono in splendide condizioni, restano in attesa di una chiamata in giudizio che non si annuncia imminente. Chi è Puomo Prima di tutto chi è. Tommaso Ponzi, detto Tom. Cinquantadue anni. Padre romagnolo, mamma abruzzese, sette fratelli. Tutti fascisti. Coniugato, diviso, tre figli. Gli piacciono, che c'è di male?, i tortellini e le ragazze. Specialmente col caldo, pare. Racconta che una volta, d'estate, la concorrenza gli spedisce una biondona molto scollata, abito aderente, che vuole farlo cantare. Lui cade, ma sul canapè. Fortissimo. Peso forma: centotrenta chili. Pratica, come regola, lo judo, il pugilato. Goloso ma, purtroppo, diabetico. Però, capace anche di rigore: non beve, non fuma. Lo hanno chiamato in tanti modi, e non tutti cordiali. Esempi: « Lo Sherlock Holmes sorridente », « Il maestro degli investigatori europei », « Lo Spione n. 1 ». La sua fortuna personale non si valuta con facilità: tre miliardi, ha detto ai magistrati il dottor Walter Beneforti, il grande avversario. « Povero Tom, ha perduto un miliardo e mezzo », mi ha confidato un estimatore. Villa a Meina, appartamento di lusso a Santa Margherita, yacht. Secondo un biografo, per le operazioni poliziesche disponeva di cento veicoli, tra cui una Rolls-Royce limousine. Una fotografia lo mostra perfino su un elicottero, ma credo si sia fermato alle trattative. Playboy ha dedicato ai suoi colpi « leggendari e veri » un intero volume. E' esatto: disarmò, rischiando la pelle, i due pazzi che a Terrazzano tenevano in ostaggio non so quanti bambini; scopri una banda di contraffattori di dollari e di medicinali; mandò all'aria un colossale traffico di droga. Poi è stato condannato per furto, truffa, vilipendio della Resistenza. Dimenticavo: Tommaso è missino. « Come si fa — mi dice — a sopportare che nelle scuole, o all'Università, non si entri se non si è rossi? Allora ci voleva la tessera, e adesso? ». Mi avevano avvertito: « E' un tipo simpatico ». Non c'è dubbio. In certi momenti, così grande e grosso, ti verrebbe quasi voglia di proteggerlo. Si lascia andare: « Sono rovinato, mi deve credere, mi hanno steso ». L'appuntamento è in corso Sempione, negli uffici della agenzia. Dodici locali, vuoti, deserti. L'impresa è chiusa. Pochi giorni fa i ladri hanno vuotato le vetrine dove esponeva teleobiettivi, registratori, macchinette diaboliche per scoprire corna, segreti, traffici. In un cestello è rimasto, tristissimo, del pane secco. Anche i diplomi che, alle pareti dello studio, testimoniano il passato splendore, in questa situazione accrescono il clima depresso. Leggo le motivazioni: « Operosità e aristocrazia del lavoro », « Qualità e cortesia », « Premio Campidoglio », « Premio Industria e Commercio ». Immagino il sorriso compiaciuto dei ministri che li hanno consegnati. Aveva anche aperto una scuola: con 450 ore di lezione, ti faceva diventare questurino. Un Perry Mason fatto in casa. Ha interpretato, in uno sceneggiato televisivo, la parte del commissario Sciancalepre. La pubblicità gli piaceva ma, forse, con l'affare delle in¬ Sc tercettazioni, ne ha avuta trop-' pa. Nell'opera che illustra i suoi meriti, posa accanto a Silvana Pampanini, è con Maurizio Arena e la Titti, con Rachele Mussolini, col colonnello Tuccio Totti, « Director of the italian State police school » in Vicenza (in uniforme) e con due bambole, come direbbe il classico Mike Hammer, in minigonna, e che fanno sapere che rese servizi speciali a Tyrone Power, Errol Flynn e a molti altri. Vivi, speriamo. Durante una conferenzastampa dichiarò: « Lo spionaggio telefonico è una realtà della vita nazionale, a tutti i livelli: politico, economico e privato ». Ne siamo tutti convinti, ma né Tom né il dottor Walter Beneforti ci spiegheranno mai cosa succede, chi lo vuole, chi lo paga. Domandare chi lo fa sarebbe indelicato. Figuriamoci chiedere chi lo protegge. Un altro « occhio di lince », Piero Davide Tavazzi (« Buono, quello », commenta Ponzi), ha detto del Tommaso: « E' il cittadino italiano più intoccabile », « E' protetto dall'alto ». Ciò che è assodato, certissimo, è che Tom ha un recupero formidabile. Dopo 64 giorni di ospedale-prigione, con stati di coma, prognosi riservate, accorrere di luminari della diagnostica, eccolo qui, bello e fresco, pelle liscia e occhietti vispi. « Ma perché — ribatte, appena appena innervosito dovevo morire? ». «Chi lo dice? Piuttosto, non bisogna dar troppo peso alla Imedicina. Come vede, non !sanno niente. Appena rimesso fuori, lei che era intrasportabile per settanta chilometri — Meina-San Vittore — ne ha fatti quattrocento per assistere, sulla Costa Azzurra, all'incontro Monzon-Griffith. Dipende molto dalla direzione della strada ». « Senta, anche adesso, nonostante l'insulina, ho 2,25 di glicemia ». « Ma chi sta peggio: lei, o l'ex commissario Beneforti? ». « Io, certo: lui ha il vantaggio dì avere alle spalle i mandanti, e quelli una mano te la danno ». Gli ingrati « C'è qualcosa, in tutta la faccenda, che la offende? ». « Quando mi dicono " Spione ". Guardi: io ho sempre collaborato con i funzionari di polizia. Anche quando facevamo dei pedinamenti di carattere sentimentale, se saltava fuori qualcosa di sporco, subito lo segnalavo. Il mio motto è: "O da una parte o dall'altra"». « Bravo. Da quale? ». « Agivo, soprattutto, per industriali, ma sempre a favore della vìttima ». « Le saranno grati, suppongo ». « Si figuri. Era l'utente che mi autorizzava a controllare l'apparecchio. Quando Cefis si accorse che un suo telefono veniva ascoltato, io scoprii che sabotaggi, aziende salvate dal fallimento Ma cosi e il mondo: Guardl luest0 l*b™ c'era di mezzo Beneforti. Ma, chissà perché, hanno poi trovato delle fatture, intestate alla Montedison, nella cassaforte di Walter». « Chissà perché, né lei, né Cefis, né Beneforti, siete in grado di dire chi aveva interesse a registrare quei discorsi. Tutti e tre poco perspicaci. Chi, allora, usufruiva delle microspie e dell'acume del dottore? ». « Un po' tutti: politica, finanza, affari. Dicono che Gheddafi ha potuto fare il colpo di Stato in Libia con certi attrezzi che gli vendette una società della quale Beneforti era socio. Ma perché non vanno in fondo? ». A Lugano « Già, lei che è del ramo, provi a spiegarmelo ». « Senta: quando il pretore Inj'elisi mi ha accusato: " Ponzi, lei ha fatto dello spionaggio a favore della Destra Nazionale ", io mi sarei messo a ridere, ma non si può. Sono amico di Almirante, però non gli ho mai chiesto un favore. Vadano a Lugano: ci sono non dodici casse sequestrate, ma quattordici. Perché non vengono a prenderle? ». « Che cosa c'è dentro? ». « Il patrimonio di una onesta attività di ventidue anni. Le tenevo lì per ragioni di sicurezza. Storie di letto, contraffazioni, fughe di formule, Superdetective. Gli americani mi hanno reso omaggio, gli italiani mi hanno sbattuto dentro ». (Ho fatto un breve sopralluogo a Lugano. C'è chi ha dichiarato e risulterà dai verbali, che per più giorni alcuni devoti di Ponzi hanno trasportato materiale nella vicina Con federazione, e che dalle ore 18 del 16 febbraio 1972 alle 3,30 del 17 sono stati duramente impegnati a smagnetizzare centinaia di bobine di carattere politico. Gli agenti svizzeri, nel compilare l'elenco delle cose rinvenute, citano anche « un incarto intestato al senatore Nencioni per indagini di polizia privata con controllo telefonico a proposito del caso Martirano - Fenaroli ». Walter Beneforti ha detto ai giudici che Ponzi gli confidò di aver agito per conto dei fratelli Pisano, del settimanale Candido, nella campagna contro l'onorevole Mancini). Torniamo a Tom: «lo — insiste — alla mia dignità ci tengo. Non voglio il marchio di spia. A favore del mio Paese, potrei sopportarlo, lo capirei, ma di questo genere no. Dunque: Beneforti ha mandato fatture a Cefis. Allora, che cortesia gli ha fatto? E chi potrebbe avere dietro? Magari la Cia, o Prenci, quello che all'ambasciata americana sì occupa dell'antidroga. Beneforti è molto introdotto, ma mi dia retta: è tutto un bordello. Pen¬ si che il dottor Grìeco, l'esperto che adesso scopre i microfoni dappertutto, nel 1967 vendeva apparecchiature. Mica illecito, del resto ». « E' spiacevole, ma vogliamo parlare dei suoi precedenti penali? ». « Nel 1945, quando la mia famiglia, in miseria, si rifugiò nella campagna attorno a Parma, fummo accusati e condannati, io e quattro dei miei fratelli, per il furto di un salame e di qualche melone. L'avvocalo spedì l'appello in ritardo. Fedina sporca. Che truffa? Con altri cinquanta camerati, reduci da una spedizione antisciopero, salimmo in tram senza pagare il biglietto. Nel '46, o nel '47 con dei comunisti, ci scambiammo cazzotti ed insulti ». « Ragazzate ». « Mi hanno infangato, hanno cercato di distruggermi. Sto smantellando Meina, se mi danno trecento milioni, mollo. Mi piange il cuore. La barca l'avevo a noleggio; adesso l'ho restituita. Mi piace il lavoro, ma non posso, non ho la licenza. Questi rapimenti mi appassionano. Se potessi fare qualcosa. Lei sa che sono tifoso di boxe: quando uno tocca con il ginocchio il tappeto, lo contano. Pausa. Qui non contano niente, continuano a picchiare ». « Senta, Ponzi: come andrà a finire? ». « In una bolla di sapone. Troppi interessi ad alto livello ». « Cosa intende per alto livello? ». « C'è gente che operava per un determinato organismo legato a un certo ministero. A chi servivano le numerose linee di piazza Cavour? Come mai i direttori generali della Sip e i dirigenti della Sip sono rimasti fuori? Le autorizzazioni risultano tutte con la data esatta? Trenta linee le utilizzava Beneforti. A favore di chi? E quel povero Gironi, quell'impiegato dell'Italcable, che si è suicidato, ha lasciato, prima di morire, cinque lettere. Penso che in quel momento abbia detto la verità, ci dev'essere scritto tutto. Chi le ha lette? Perché non se ne parla? ». Qualche domanda, candida e inutile, vorremmo proporla anche noi. Perché si è lasciato il tempo a Tom Ponzi di portare tutto all'estero? Perché la procura generale non ha chiesto ed ottenuto subito la restituzione delle bobine? Perché quando la polizia svizzera ha comunicato al dottor Nardone, questore di Como, che il materiale era a disposizione delle autorità italiane, e il dottor Nardone ha avvertito il procuratore Spagnolo, la richiesta d'intervenire è arrivata almeno venti giorni dopo? Dei sessanta cavi di piazza Cavour, quanti erano destinati all'ufficio politico, alla squadra mobile ed ai carabinieri? E sessanta, è proprio il numero esatt0? Enzo Biagi