Giovane madre uccisa dalla droga Dose eccessiva, o una "vendetta,,? di Piero Cerati

Giovane madre uccisa dalla droga Dose eccessiva, o una "vendetta,,? "Giallo,, in un misero alloggio di Genova Marassi Giovane madre uccisa dalla droga Dose eccessiva, o una "vendetta,,? Irma Valeria Bordon, 22 anni, una figlia di 5 mesi, è stata trovata distesa sul letto dalla suocera - Al braccio aveva ancora il laccio dell'endovenosa - La polizia ritiene si tratti di una disgrazia - Frequentava gli spacciatori - Principale teste d'accusa al processo ad Andrea Baccaredda Boy, Daniela Carapellese e altri "giovani bene" per traffico di stupefacenti (Dal nostro inviato speciale) Genova, 5 dicembre. Ancora un dramma della droga a Genova: la vittima, questa volta, è una giovane di 22 anni. L'Antimafia ha rivelato che la città è stata per anni centro del traffico di stupefacenti con gli Stati Uniti e il Medio Oriente; nelle scuole è circolata per qualche tempo la marjuana; i «capelloni» si riuniscono sotto i portici dell'Accademia, in piazza De Ferrari, in attesa di trovare una «sigaretta»; mesi or sono era stato trovato morto Giovanni Messina, 22 anni, chiamato «Gianna la catanese», conosciuto nel sottobosco dei piccoli spacciatori: Messina abitava a Verbania. Sarebbe stato «eliminato» perché aveva deciso di uscire dal «giro». Anche Irma Valeria Bordon, 22 anni, era conosciuta dagli spacciatori e più volte era stata ricoverata in ospedale per una cura disintossicante. Negli ultimi tempi, dopo un periodo di carcere, sembrava fosse guarita; la nascita d'una bambina, Fernanda, di 5 mesi, aveva dato uno scopo alla sua vita. Stamane la suocera l'ha trovata nella sua stanza, stroncata da un'ennesima dose di droga; sul braccio, stretto ancora dal laccio elastico per le iniezioni endovenose, era un punto rosso, il punto del veleno e della morte. Sull'episodio, la squadra mobile e il sostituto procuratore Mario Sossi hanno aperto un'inchiesta. Irma Bordon avrebbe dovuto comparire di fronte ai giudici il 14 dicembre prossimo in un processo | per droga, che vede tra gli imputa^ Andrea Baccaredda Boy, figlio di un noto clinico di Genova, Giorgio Nista e Daniela Carapellese, figlia dell'ex ala sinistra della Nazionale di calcio. I tre giovani, assieme ad alcuni complici, furono arrestati per spaccio e detenzione di stupefacenti. La Bordon aveva fatto contro di loro pesanti accuse e avrebbe dovuto ripeterle in aula. Gli inquirenti vogliono conoscere le esatte cause della morte, per questo hanno ordinato l'autopsia. Le indagini sono svolte dal capo della squadra mobile, dottor Schiavone, che però ha escluso le ipotesi di un suicidio o di un delitto. Tuttavia saranno i periti settori ad avere l'ultima parola. Una vendetta e l'eliminazione di un pericoloso testimone, nel mondo della droga, non si possono escludere a priori. Il marito di Irma Bordon, Livio Garaventa, 25 anni, oggi è stato interrogato dal giudice, forse domani sarà scarcerato. Tre giorni or sono era stato arrestato per una storia di stupefacenti. Due anni or sono, Valeria Irma Bordon aveva sposato Livio Garaventa, un ragazzo protagonista di burrascose vicende. Erano andati ad abitare con la madre di Livio, Maria Grazia Matzeda, di 65 anni, in un alloggio di via Vecchia 34, nel quartiere di Marassi. La giovane sembrava fosse uscita dal «giro». In ottobre era stata dimessa dalla prigione, in libertà provvisoria: doveva accudire alla figlia Fernanda. Il marito però non era riuscito a trovare lavoro e Irma aveva ripreso a frequentare certe compagnie: un giorno una cartina, un altro una fiala, sembra che piazzasse piccole partite di droga a clienti. Dice il dottor Schiavone: «Su questa ragazza ho un carteggio alto più d'un palmo; ormai è morta ed è inutile rinvangare certe cose». In questo modo, Irma era ricaduta nel vizio. Diventata una piccola spacciatrice, aveva dimenticato Fernanda. Tre giorni or sono, il marito veniva arrestato con una motivazione per lui ricorrente: «Detenzione di sostanze stupefacenti». Spiega il suo difensore, avvocato Giovanni Gramatica: «Era una storia vecchia e chiesi subito la libertà provvisoria». Le assenze da casa di Irma erano però diventate più frequenti. La suocera smentisce che le avesse parlato di oscure minacce: «Mi diceva che usciva e basta». Ieri sera la giovane è ritornata verso le 23. «Stava bene — racconta la Matzeda — e mi ha detto che andava subito a dormire perché l'indomani si sarebbe alzata presto». Stamane, la signora Matzeda ha sentito Fernanda che piangeva: «Irma, Irma», ha chiamato, senza ottenere risposta. E' entrata nella stanza: la sposina, in camiciola e calzoni del pigiama, era sul letto, di traverso; sul braccio sinistro aveva ancora il laccio emostatico. Sul tavolino v'erano una scatola, una siringa e la fiala di un calmante. La donna s'è avvicinata, ha ancora chiamato: «Irma», poi ha toccato la nuora: era fredda, forse morta da alcune ore. Poco dopo arrivavano la polizia e un medico, Giorgio Santinelli, che tentava invano, con un cardiotonico, di rianimare Irma Bordon. II primo referto parla di morte dovuta a collasso cardiocircolatorio; il dottor Santinelli ha scritto: «Il cadavere presenta un foro da iniezione all'avambraccio sinistro; probabilmente la Bordon si è iniettata uno stupefacente. La morte è dovuta a collasso cardiocircolatorio ». Le indagini della squadra mobile avrebbero accertato che Irma Bordon si è iniettata una dose eccessiva di droga; psicostimolanti e altri stupefacenti sarebbero stati trovati nell'alloggio. E' probabile che, nella notte, Irma si sia sentita male; abbia tentato di iniettarsi il calmante, ma era troppo tardi: un collasso l'ha fulminata. Il dottor Sossi ha ordinato l'autopsia e il corpo è stato trasportato all'istituto di medicina legale. Il magistrato ha chiesto ai periti di chiarire senza dubbio alcuno le cause della morte: non è infatti certo che Irma si sia drogata in casa. Se l'iniezione (risultata poi mortale) le è stata fatta da amici, bisognerà risalire a essi e accertare in quale dose le è stato fatto assorbire lo stupefacente. Sono tutte ipotesi, ma non si può negare che la morte della Bordon priva il processo agli spacciatori di droga di un testimone che avrebbe potuto forse fare nomi nuovi, rivelare traffici ancora sconosciuti (sulla linea Amsterdam-Genova, dove sembra corra la droga per il sottobosco ligure). Irma aveva già tentato di togliersi la vita nella primavera scorsa, un commissario di polizia l'aveva salvata. Durante una crisi depressiva, cui andava soggetta, aveva fatto i nomi di Andrea Baccaredda Boy, Giorgio Nista, Daniela Carapellese e di altri. Anche il marito Livio Garaventa era nella lista degli imputati: era stato sorpreso sul monte Turchino a fumare hashish sotto una tenda con alcuni amici, tra i quali una nipote del cardinale Siri. Oggi, nell'alloggio di via Vecchia (una scala sbrecciata conduce al portone, la casa è umida, fredda, di parecchi anni or sono: al quarto piano, contrassegnato col numero 16 abitava Irma) è rimasta la signora Matzeda. Tiene in braccio la piccola Fernanda, coperta con uno scialle bianco. «Non darò a nessuno questa i bambina», dice. La donna è decisa a tenerla con sé. «Saprò io come allevarla — ha ripetuto —, non voglio che me la portino via». Poi telefona all'avvocato Gramatica, preoccupata perché il figlio non è ancora stato scarcerato. Piero Cerati Genova. Irma Valeria Bordon fotografata in questura nel novembre dello scorso anno (telefoto Dino Nazzaro)

Luoghi citati: Genova, Medio Oriente, Messina, Stati Uniti, Verbania