Il vino ora è più costoso male vendite aumentano

Il vino ora è più costoso male vendite aumentano Inaugurata la "Vinitaly,, a Verona Il vino ora è più costoso male vendite aumentano I prezzi sono saliti del 20-30 per cento - Quattrocento lire una bottiglia di Lambnisco - Si rischia di non soddisfare la domanda interna per mancanza di vetri e tappi - Sono esposte quattromila bottiglie (Dal nostro inviato speciale) Verona, 5 dicembre. Prezzi in forte aumento, mercato attivo, con una domanda che i produttori non sempre riescono a soddisfare (in qualche caso si parla anche di accaparramento): ecco come si presenta oggi il mercato del vino italiano. Il polso l'abbiamo sentito a Verona, dove stamane il sottosegretario all'Interno, Pucci, ha inaugurato la settima edizione del «Vinitaly», le classiche «giornate» del vino italiano. II dottor Fontanesi, della Camera di commercio di Reggio Emilia, ci dice: «7 prezzi sono aumentati del 20-30 per cento. Una bottiglia di Lambrusca doc costava 180 lire tre anni fa, 350 l'anno scorso e adesso si arriva a 400 lire». Il forte rincaro è dovuto all'annata 1973, scarsa quantitativamente (20% in meno rispetto al '72) anche se buona come qualità. Le vendite vanno benissimo, malgrado i prezzi alti. Ma c'è un guaio: manca il prodotto. In annate normali, dice ancora Fontanesi, si fanno circa un milione di bottiglie doc, quest'anno abbiamo distribuito solo 680 mila bollini. La stessa cosa ci dicono allo stand del Consorzio del Putto. Parla il dottor Pratesi: «Sotto le feste, le aziende, con la loro produzione '72, non sono all'altezza di soddisfare tutte le richieste. Evidentemente, gli italiani vogliono bere del vino, e lo vogliono buono». Il dottor Liverani, del Consorzio romagnolo vini tipici, afferma che l'aumento dei prezzi è dovuto anche alla scarsità di materiale: mancano bottiglie, tappi, scatoloni per l'imballo. L'enotecnico dottor Franceschetti, della ditta Masi, conferma che «il mercato va bene per i vini fini, sia in Italia che all'estero» (le esportazioni riguardano soprattutto Inghilterra, Stati Uniti, Svizzera, Austria, Giappone). Anche lui si lamenta perché non si trovano tappi e bottiglie. «Prezzi leggermente in aumento — dice invece il dottor Ripa, della Camera di commercio di Pavia — per Vanna- ta 1972 sfavorevole e per il rincaro dei trasporti; ma c'è una forte richiesta». «Ormai — aggiunge —, l'italiano si è abituato a bere bene». Quindi, la crisi economica non impedisce alla gente di acquistare del buon vino; anzi, forse proprio per dimenticare la noia di una domenica in casa, si stappa qualche bottiglia in più. Spostandoci verso l'Italia meridionale, notiamo prezzi più stabili. Dice il dottor Salis, dell'Unione regionale Camere di commercio della Sardegna: «I prezzi della Vernaccia sono quasi stazionari da diversi anni; una bottiglia costa sulle mille lire». Perché non c'è stato aumento? Risponde: «E' un tipo di vino che ha un mercato a sé». Pare che i produttori non vogliano approfittare del momento favorevole, preferendo curare la loro clientela tradizionale. Il dottor Salis mi racconta di un vignaiolo che ha rifiutato di vendere l'intera produzione a un commerciante, per non lasciare all'asciutto i suoi vecchi clienti. «La situazione vinicolh in Sardegna — aggiunge Salis — è migliorata negli ultimi anni, con la costituzione di una trentina di cantine sociali per l'imbottigliamento. Anche in Puglia prezzi stabili, ma solo per i vini comuni. Ce ne parla il dottor Di Monte, della Centrale cantine cooperative di Bari. «I vini tipici sono aumentati per la carenza di scorte relative alla vendemmia '72, che è stata scarsa; i doc sono rincarati del 30 per cento». Buoni affari anche in Valtellina. «La cosa notevole — dice il dottor Costa, dell'Ufficio commercio estero della Camera di commercio di Sondrio — è che si vendono in molti Paesi, e non solo in Svizzera, dove siamo forti da sempre. Per i vini dell'Alto Adige non si può ancora conoscere l'andamento del mercato «perché — dice il dottor Hafner, del Consorzio delle cantine sociali della provincia di Bolzano — il periodo delle vendite incomincia a gennaio. Speriamo comunque che i prezzi aumentino per i vini doc». In Alto Adige c'è molta attesa per i nuovi riconoscimenti dei vini a denominazione d'origine controllata, con l'aggiunta della dizione «Alto Adige». La cosa dovrebbe interessare una ventina di vini, alcuni dei quali sono già doc. Veniamo al Piemonte, dove, dice il maestro Sgarbi, della Camera di commercio di Asti, «c'è una situazione molto confusa». Non si sa se i prezzi aumenteranno, ma è assai probabile, dati i rincari generali delle materie che servono all'industria dell'imbottigliamento (tappi, bottiglie, olio enologico eccetera), dell'imballaggio e del trasporto. Alla mostra, che rimarrà aperta fino a domenica, partecipano quasi tutte le regioni italiane produttrici di vino, dal Piemonte al Veneto, dalla Toscana alla Puglia, dalla Sardegna alle Marche (manca la Calabria). Sono esposte quasi quattromila bottiglie, con un campionario di 120 vini a denominazione d'origine controllata. Domani si apre il primo convegno, dedicato al «credito agrario per l'ammodernamento delle strutture vitivinicole italiane in relazione alle direttive Cee». Venerdì il ministro dell'Agricoltura, Ferrari Aggradi, visiterà la rassegna e premierà una trentina di personalità che si sono distinte nel campo enologico e vitivinicolo, fra cui il collaboratore de La Stampa Paolo Desana. Livio Burato