A Bucarest ventotto ministri discutono problemi e prospettive dell'Università di Felice Froio

A Bucarest ventotto ministri discutono problemi e prospettive dell'Università Un convegno internazionale dei Paesi membri dell'Unesco A Bucarest ventotto ministri discutono problemi e prospettive dell'Università Tutti gli atenei sono impegnati da anni a superare difficoltà o vere e proprie crisi • Solo la Francia è riuscita a varare la riforma • Aumenta il numero degli studenti, si spendono cifre sempre maggiori, ma le strutture restano ferme /Dal nostro inviato specialel Bucarest, 30 novembre. L'Europa si confronta sul tema dell'Università. Ventotto Paesi membri dell'Unesco dibattono i più scottanti problemi degli atenei nella seconda conferenza dei ministri dell'Istruzione su « L'insegnamento universitario, problemi e prospettive ». Dalle relazioni delle singole nazioni è emerso un dato comune: tutte sono impegnate a superare difficoltà o crisi che da alcuni anni investono gli atenei. Un solo Paese è riuscito a varare la riforma, la Francia. Gli altri studiano progetti globali t> parziali. tentano di intervenire sui punti « chiave », ì.ella speranza di influire in qualche modo sul rinnovamento degli studi. Com'era prevedibile, oltre a quello dei « Ventotto », è emerso il confronto tra i Paesi dell'Est e gli occidentali. Almeno nelle cifre l'Euro¬ pa si è presentata unita: 9 milioni 850 mila studenti uni-versitari nel 1971 (erano 7 milioni 355 mila nel 1965) In questo periodo l'aumento più rilevante si è presentato in Albania. Malta, Italia, Svezia, Spagna. L'incremento più basso nell'Unione Sovietica e in Romania, mentre Bulgaria, ! Ungheria, Cecoslovacchia han-no addirittura registrato una diminuzione. Stasi e regresso vanno collegati al fatto che nei Paesi socialisti c'è il numero chiuso, che viene calcolato ogni anno sulla base della prevedibile richiesta di laureati. La percentuale degli studenti universitari rispetto al corrispondente gruppo d'età vede in testa l'Urss: su 100 giovani in età 20-24 anni, 23 frequentano l'università. Se- guono la Sveaa con 22, i Pae-si Bassi con 21, il Belgio con20. L'Italia ne ha 19 ed e avanti alla Francia (16), alla Germania federale (16), all'Inghilterra (15). Aumenta 9 i con un ritmo veloce la per--j centuale delle donne che van- 7 ; no all'università: la Bulgaria o o ù e , ha la percentuale più alta rispetto al totale degli iscritti (53,6 per cento). Al secondo posto l'Urss (49), poi la Finlandia (48,2), la Francia (44,5). L'Italia (37,6) è all'undicesimo posto e viene dopo -1 un gruppo che comprende altri paesi dell'Est e la Svezia. Agli ultimi posti la Svizzera (23,7) e la Turchia (19,2). I dati sulla spesa per l'inse¬ a o l e i ul mamento universitario vedo- no Italia, Jugoslavia, Islanda, Lussemburgo e Romania in posizione negativa: spendono meno che per gli altri settori dell'istruzione. René Maheu, à I direttore generale dell'Une0 ! sco, ha aperto i lavori con pa3 | iole chiare: c'è in Europa un e- j progressivo aumento degli e-1 studenti universitari, una ere- n, scente domanda d'istruzione, si spendono somme sempre e a la più grandi, ma le strutture re stano ferme. «Ricche di una tradizione venerabile e di alto prestìgio — ha detto — le università europee hanno però fatto essiccare e irrigidire il loro patrimonio, cristallizzandosi in modelli di comportamento e di costume superati e, col passare del tempo, sempre meno adatti a interpretare la realtà e le preoccupazioni del presente. Così il mondo universitario appare I come un mondo culturale .' c/j,uso verso y rinnovamen- l i i0>) I Un altro punto ha voluto rin- Datjire Maheu, quello della sei | iezjone: «Deve essere demoo j cratiCa. cioè non deve colpire o , suUa oase delle diseguagliani ze socian punendo i meno abn , bienti ma j„ &ase alle attìtuo I dinì e ai talenti». i I II «ruolo» più facile l'ha n I avuto il ministro dell'Istrue j zione francese, Fontanet. Non a | na parlato di progetti, bensì e , dei risultati della riforma vae- ; rata da Faure nel 1968, l'uni¬ i ca, ripetiamo, approvata in r j Europa. Ha detto che la legge ». ! na funzionato meglio nei punel ; ti «flessibili», cioè quando le n- i norme davano la possibilità o i di adattarsi alle situazioni e l-1 consentivano un margine di si I discrezionalità. Ha difeso la e '■ recente legge che prevede un diploma (corso breve bien- inale) e la laurea (corso lun- go di quattro e più anni). Secondo Fontanet questa so- luzione ridurrà notevolmente : il surplus di laureati, renden- i do più « spendibile » nel mer- cato di lavoro il diploma. II senatore Francesco ! Smurra, sottosegretario all'I- a a di a r ao di 1 struzione (Malfatti era impe • gnato al Senato con la legge j sui provvedimenti urgenti) ha parlato della situazione italiana. Ha citato le cifre sullo sviluppo dell'istruzione nel nostro Paese, dell'impegno finanziario e poi è venuto al «nodo» con parole chiare, senza nascondere nulla: ha detto che fin dal 1965 stiamo tentando di varare le riforme della scuola superiore e dell'università ma le leggi si fermano in Parlamento perché i non si riesce a trovare un ac- I Si che risalgono al 1933 ! detto Smurra — assegnano ì all'università i compiti della ricerca scientifica e detta pre¬ cordo tra le forze politiche. Secondo il rappresentante italiano la legge sui provvedimenti urgenti cambierà i nostri atenei, ma rimane da ri solvere il problema fondamentale tra il rapporto università-società. «Le nostre leghe. parazione all'esercizio delle professioni più elevate. Ora che l'università è diventata di massa non può più assolvere a questi scopi. Bisogna vedere come conciliare l'esigenza di mantenere elevato il livello degli studi con un cosi elevato numero di studenti. C'è già in Italia una sproporzione tra il gettito dei laureati e la possibilità di una adeguata sistemazione. Questo alimenta l'inquietudine dei giovani che accusano l'università di essere diventata area di parcheggio e fabbrica di disoccupati. D'altro canto l'idea di introdurre il numero chiuso come rimedio della situazione è da noi ritenuta inaccettabile. Una prospettiva potrebbe essere quella del doppio titolo (diploma e laurea)». Gli inglesi dicono di aver ottenuto ottimi risultati dalla creazione della Open University (l'università televisiva aperta) che ha eliminato o contenuto l'afflusso all'università, venendo incontro soprattutto ai lavoratori studenti. Non ci sono sostanziali differenze con l'insegnamento tradizionale per quanto riguarda i risultati perché viene assicurato l'intervento dei docenti e un esame severo. Il confronto tra l'Occidente I e i Paesi socialisti è venuto dal diverso modo di vedere l'università. La «vecchia» Eu- ropa con le sue tradizioni | (Maheu l'ha definite «venera- bili») vede nell'insegnamento universitario il luogo della ri- cerca scientifica e della tra- smissione dell'alta cultura che | prescindono da qualsiasi con- siderazione di carattere utilitario. Dal canto loro i Paesi dell'Est pianificano l'università sulla base della richiesta che viene dalla produzione e dai servizi sociali. Questo porta inevitabilmente alla prefe renza di un tipo di studi a carattere professionale sui quali inevitabilmente influisce l'obiettivo « produttivistico ». Sulla selezione affermano che viene assicurata a tutti i giovani, compresi i figli dei lavoratori, una effettiva possibilità di accedere ai gradi più alti degli studi. Da oggi due commissioni stanno discutendo le «raccomandazioni» che saranno portate all'assemblea per il voto. Tra le più importanti c'è quella del riconscimento reciproco dei titoli di studi. In serata la delegazione italiana ha riferito sulle 150 ore di studio ottenute dai metalmeccanici e tessili. La commissione l'ha considerata di grande importanza e la proporrà all'assemblea come raccomandazione. Felice Froio

Persone citate: Maheu, René Maheu, Smurra