Tre autoritratti al magnetofono di Alberto Cavallari

Tre autoritratti al magnetofono COME NACQUE "LE MONDE,, Tre autoritratti al magnetofono (Dal nostro corrispondente) Parigi, novembre. La Francia sta confessando i suoi giornalisti più famosi, soprattutto quelli che hanno svolto un ruolo di « animatori ». Jean Daniel, condirettore del Nouvel Obscrvateur, Francoise Giroud, direttrice dell'Express, Georges Hourdin, fondatore di La vie catbolique, hanno già accettato di scrivere le loro autobiografie e i tre libri {Le temps qui reste, Si je mens, Dieu en liberté) presi uno per uno non valgono gran cosa. Ma la loro lettura contemporanea, incrociata, meglio ancora intrecciata, è il fatto più interessante di questo momento. Insieme formano una specie di lungometraggio sulla « casta » che fa e disfa i giornali. I protagonisti si amano, si scontrano, si odiano, pieni di passione politica. Tre culture giornalistiche (la socialista, la radicale, la cattolica) vi sono delineate con chiarezza. Il risultato è un « saggio a più voci » che porta a galla cose nascoste, spezzoni di storia, schegge di costume, raspando sul fondo della società francese stessa. Per esempio, le memorie del cattolico Hourdin sono anche una sonda lanciata nei misteri del laicismo francese. La nascita di Le Monde, descritta come un parto della cultura domenicana, è una rivelazione preziosa. Il metodo seguito per ottenere queste confessioni non si basa sulla raccolta di diari, taccuini, memorie, che del resto non esistono. La tecnica è di costringere i personaggi a raccontare la loro vita davanti a un magnetofono, stampando queste autobiografie «parlate» in una collana di Claude Glayman, che funge da intervistatore. Da un certo punto di vista, si tratta di un metodo artificiale, favorevole all'esibizione, pregiudicante (come diceva Gide) «la solitaria sincerità del diario». Ma c'è un rovescio positivo della medaglia. Con quesro sistema si raccolgono subito quelle « memorie di ieri mattina » che il tempo disperderebbe. Si accumulano preventivamente i ricordi di un'epoca. Si prefabbricano gli archivi del presente. Non bisogna dimenticare poi che il magnetofono è spietato, l'intervistatore un provocatore. Non c'è il pericolo di leggere «confessioni» che non confessano nulla: come lo furono i ricordi di Albertini o di Barzini senior. * * Jean Daniel, Francoise Giroud, Georges Hourdin hanno avuto vite diverse ed hanno « animato » giornali diversi. Daniel viene al giornalismo socialista dall'Algeria, alle sue spalle c'è una giovinezza passata a Blida, la cultura tipica degli Anni Trenta-Quaranta, Barbusse, Gide, Breton, Nizan, l'irrazionalismo, il « comunismo dei surrealisti », il vitalismo di sinistra di Malraux. La Giroud è un'ex signorina snob della Parigi 1937, decaduta, divenuta povera, poi cinematografara, assistente di Renoir confusamente legata in gioven tù alla sinistra del Fronte popolare. Hourdin rappresenta un'altra Francia e un'altra generazione: è il classico borghe se religioso dell'Ovest vandea no, che ha visto la prima guer ra mondiale, conosciuto Simon Weil, vissuto l'union sacrce tra cattolici e socialisti, frequentato Claudel, Bernanos, Mauriac. Ma le loro vite sono, in un certo senso, sempre « parallele » perché emblematiche della « Gauche » francese. Quella che, dopo il 1945, ha stimolato la Francia a trovare se stessa, superando il disastro morale di Vichy e le lacerazioni della decolonizzazione. Daniel, la Giroud, Hourdin hanno creato giornali per «spostare a sinistra» tre correnti di opinioni: Daniel quella socialista, la Giroud quella radical-borghcse, Hourdin quella cattolica. Tutti e tre riflettono il classico modo d'essere di sinistra in Francia, che è sempre un po' di restare ciò che si è, diventando però « disubbidienti » alla propria famiglia politica. Tutti e tre raccontano anzi molto bene come queste « disubbidienze » talvolta si mescolino, si confondano, si contagino, senza che mai davvero esista tra loro un'unità politica. I loro giornali sono porti di mare. A turno, ospitano l'eresia di turno. L'esempio più alto è Mauriac, che passa dai fogli cattolici ai fogli radicali, pur di continuare le proprie prediche. Altro esempio, è il continuo andirivieni di redattori da Combat all'Express, dall'Express al Nouvel Obscrvateur, di qui alle redazioni cctllaaltGctsslGcdnD cattoliche. Le «disubbidienze» creano un nomadismo perpetuo. Ma poi ognuno resta nella famiglia politica d'origine. Oltre a questo, Jean Daniel, la Giroud, Hourdin mettono a fuoco molto molto bene un altro dato comune del giornalismo di sinistra: l'avere girato continuamente intorno a De Gaullc. Socialisti, radicali o cattolici, tutti i « disubbidienti » delle tre famiglie politiche si sono sempre mossi attraverso il passaggio obbligato dell'attrazione-repulsione per il Generale. Cosi, pur rispecchiando un antigollismo di fondo, i tre autoritratti confessano l'importanza che ha avuto De Gaune nella recente storia jdel giornalismo francese. L'Express nasce nella scia di Mendès-Francc, ma si muove in quella decolonizzatrice di De Gaulle. Il Nouvel Observateur deriva da una crisi dell'Express favorito dall'antiamericanismo di De Gaulle. La « disubbidienza cattolica » trae forza dall'antiatlantismo del Generale e dalle sue « aperture » al Terzo mondo. Il « gauchisme » anticomunista di Jean Daniel si alimenta continuamente della politica filo-cinese di De Gallile. Si potrebbe continuare con mille esempi. L'ultimo filo conduttore che unisce le tre storie è poi quello di tre giornalismi che vivono con una perenne ambizione: federare la « Gauche » non comunista. Ognuno va a sinistra in nome di un proprio sogno federativo, generando conflitti, divergenze, scontri, che alla lunga impediscono ogni federazione. Esemplare è la storia di Jean Daniel, che abbandona l'Express troppo anticomunista, ma che capeggia, col Nouvel Obscrvateur, una sinistra « più di sinistra » che, in effetti, si colloca alla sinistra dei comunisti per combatterli meglio. Dei tre libri, il più ricco d'informazioni nuove è certamente quello di Hourdin, dato che illumina un fenomeno poco noto: quanto alla « disubbidienza » cattolica il giornalismo del dopoguerra debba il meglio di sé. Hourdin racconta il formarsi e lo sciogliersi delle redazioni cattoliche che diedero vita a Temps présent, a La vìe catbolique, al gruppo editoriale di Madame Sauva geot, alle Editions du Cerf, a Telerama, nell'arco di tempo che va dal '36 ad oggi. Ma la sua cronaca rivela anche ciò che pochissimi sanno, e cioè che proprio da questo fermen to, che mescola domenicani, preti operai, anticipazioni ecumeniche, nasce direttamente nel 1945 Le Monde. Forse sorprenderà che il giornale più prestigiosamente laico e « obbiettivo » d'Europa abbia radi ci in conventi e'sacrestie. Eppure è così. E' una contropro-va di come la cultura cattolica abbia sempre un grande peso nella vita francese. Georges Hourdin racconta come Hubert Beuve-Méry, fondatore di Le Monde, comin- classe la sua carriera alle Nonvellcs religieuses di padre Janvier. Rievoca come l'abbia continuata a Temps préscnt, avendo accanto un altro grande nome di Le Monde, André Fontaine, sempre all'ombra di domenicani famosi, come Pere Goubillon e Pére Boisselot. Ricorda che Beuve-Méry partecipò alla fondazione di. La vìe catbolique, con Madame Sauvageot e padre Boisselot, progettando contemporaneamente Le Monde. Ogni martedì, in un piccolo ristorante di rue Faubourg Montmartre, domenicani vestiti di bianco e giornalisti imbevuti di una cultura che va da Pascal a Theilard dibattevano le formule di nuovi giornali «disubbidienti» Fu così che un martedì la cellula religiosa generò quella laica. Beuve-Méry cominciò a stampare, in una strada vicina, nella vecchia sede di Le Temps, il quotidiano più laico di Francia, Le Monde, con la benedizione di tutti questi frati. Anche qui non manca, però, l'immancabile De Gaulle. Il Generale aveva infatti un'idea rigorista del giornalismo. Per lui, la Francia uscita dalla Resistenza doveva avere soprattutto una « botine presse », sul genere di Le Temps, La Croix, L'Uluslration. Il rigorismo del militare e del conservatore si innestano allora nel rigorismo domenicano, ed è grazie a De Gaulle che le macchine di Le Temps passano a Beuve-Méry e alla sua cooperativa di giornalisti che trae origine da uno schema « comunitario », conventuale, più che da una formula (come si crede) di gestione economica nuova. Anche il foglio meno gollista di Francia, come gli altri fermenti che dicevamo, non deve poco al Generale. II fatto che la « struttura » più importante del giornalismo francese sia nata dal rigore dei conventi e dall'orgoglio aristocratico del Generale, però, non meraviglia. La sinistra laica, col suo radicalismo giacobino e anticomunista, è stata dopotutto incapace di un ruolo storico. La cultura cattolica di sinistra, che vive l'eredità diluita del giansenismo, più aperta al confronto col marxismo, ha significato la continuità del solo pensiero religioso francese capace ancora di accenti profondi e liberi. Solo essa poteva, insieme al « monarca », concepire un « modello d'informazione » grigio, orgoglioso, aristocratico, ossessionato dal culto religioso della verità, senza concessioni alle modernità tipografiche. In molti domenicani continua infatti un po' dello spirito di Port-Royal, che fu definito « lo spirito di esclusione ». Nei loro « fratelli laici » di Le Monde prevale il gusto di fare un giornale per pochi eletti, diverso da tutti gli altri, minuzioso, povero ' conventuale, preoccupato di er1 rare' e che consldera 1 lnfor' mazione sbagliata un « peccato ». Il loro successo è la controprova che certi valori hanno più forza in Francia di quelli della «Gauche» laica e mondana. Alberto Cavallari