Grecia: no alle elezioni di Sandro Viola

Grecia: no alle elezioni I piani del nuovo regime Grecia: no alle elezioni Le dichiarazioni del primo ministro Andruzopulos: banalità e vaghezza - Un gesto distensivo: scarcerati gli studenti della "rivolta" (Dal nostro inviato speciale) Atene, 28 novembre. Un'assoluta vaghezza, oltre ad un fiume di banalità, è venuta fuori dalle dichiarazioni programmatiche del nuovo regime di Atene, lette stasera alla televisione dal primo ministro Andruzopulos. Non avrebbe perciò senso soffermarsi, per cercare di intravedere la prospettiva politica greca, sui punti più propriamente programmatici (economia, lotta all'inflazione, politica scolastica) del discorso. Può essere utile, semmai, notare il tipo di linguaggio ( « La base del progresso è l'ordine », « L'onestà è la migliore politica possibile, per cui promettiamo di agire onestamente»), e poi vedere subito cosa è cambiato ad Atene. In sostanza, è cambiato poco o niente. Il nuovo regime afferma che la Costituzione papadopulista dovrà essere modificata, ma che per ora «il potere verrà esercitato dal Consiglio dei ministri a mezzo di decreti costituzionali». Elezioni non ce ne saranno: «La democrazia, ha detto Andruzopulos, non si fa emettendo qualche legge», aggiungendo in pratica che essa richiede molto tempo, una specie di «uomo nuovo» che possa esercitarla senza danni. Oggi, ha proseguito, «il libero suffragio sarebbe inutile: ma quando il Paese sarà pronto, verrà condotto alle elezioni». Tra un accenno giustizialista (la promessa d'una riforma fiscale) e un'intimidazio- , a ne alla stampa (la quale «non può essere uno strumento di divisione» e «deve tenersi lontana dal giallismo vergognoso che danneggia la vita pubblica»), il primo ministro ha fatto soltanto capire che niente, per ora, è stato messo in moto per giungere ad una normalizzazione in senso democratico. Andruzopulos ha rivolto qualche lusinga agli studenti, ma si è affrettato ad aggiungere che essi «non devono turbare, per nessun motivo, l'ordine pubblico». Il carattere più marcato delle dichiarazioni del governo resta comunque la nebulosità. Si direbbe che anche il secondo colpo di Stato dei militari greci abbia preso le mosse, come il primo, senza che i suoi autori avessero idee molto chiare circa il cammino da percorrere una volta conquistato il potere. Questa vaghezza di contorni nel programma del nuovo regime, la sensazione che esso si muova, per ora, a tastoni, non è certo casuale. Oggi è chiaro che la rivolta studentesca di metà novembre era stata — nelle sue conseguenze politiche — sottovalutata. In realtà essa ha determinato il moto golpista delle forze armate, e quindi il crollo della costruzione papadopulista. Per cui in questo novembre '73, tra la sfida potenziale che gli studenti continuano a rappresentare nei confronti di qualsiasi programma di lato and order, con una vita eco nomica dominata da una vertiginosa inflazione, lo sfondo sociale greco si presenta assai diverso (nettamente più inquieto, se non già aggressivo) di quello che esisteva nel '67. Da qui la necessità, per il nuovo gruppo di militari asceso al potere (il cui organo collettivo, che almeno per ora è il vero governo greco e costituito da un «Consiglio» di 12 ufficiali), di procedere con più cautela di come non fecero Papadopulos e i suoi sei anni fa, debuttando con una serie di gesti contraddittori, di cui alcuni distensivi. C'è stata tra ieri e oggi la scarcerazione degli studenti arrestati durante le sanguinose battaglie di strada del 16 e 17 novembre, e ieri c'è stato un gesto molto significativo nei confronti dei contadini di Megara, una località non lontana da Atene. A Megara, sulla base di una legge papadopulista per lo sviluppo industriale, erano stati espropriati cirrca 300 ettari di terra (in maggior parte uliveto) sui quali doveva sorgere una grossa raffineria di Stratis Andreadis, una dei «favolosi greci», armatore, presidente della Camera di Commercio, l'uomo che in questi anni aveva sovrinteso ai rapporti tra Giorgio Papadopulos e il grande capitale del Paese. I contadini di Megara si erano appellati al tribunale, ma il giudizio era stato favorevole ad Andreadis. In queste settimane pendeva un ricorso al tribunale di seconda istanza, e a Megara (nel clima aperturista dell'ultima fase del regime Papadopulos) si svolgevano accese riunioni dei contadini. Il 16 novembre, un corteo di trattori (almeno 200) si era avviato sulla strada di Atene, diretto all'università per sodalizzare con gli studenti che chiedevano la fine del regime. Il corteo era stato bloccato alla periferia della capitale da un forte schieramento di polizia, c'erano stati vari tafferugli. Ma seppure impossibilitata a raggiungere il Politecnico, la manifestazione contadina era stato un fatto estremamente grave sul piano politico. Ieri, a Megara, è arrivato il ministro dell'Agricoltura, subito dopo seguito dal suo collega della Giustizia, ed ha comunicato ai contadini che il nuovo governo ha deciso di restituire loro le terre. Le palizzate e il filo di ferro che circondavano l'appezzamento sono stati rimossi. I golpisti hanno cercato così di disinnescare la miccia di Megara. Ma non solo: il gesto rappresenta anche un ritorno allo spirito demagogico e populista del colpo del '67. I segni che escono sulla scena greca da domenica scorsa continuano insomma ad essere ambigui. Da una parte questi approcci distensivi, dall'altra un gesto tipico di regime militare quale la nomina d'un colonnelloalla testa della radiotelevisione. A voler tentare una conclusione, si può dire che il quadro è oggi questo: una parte dei golpisti (i generali detti del «Corso del '40», cioè il corso dell'Accademia conclusosi nel 1940) tenderebbero ad una normalizzazione, di cui il cardine dovrebbe essere un ritorno «controllato» della vecchia classe politica; l'altra parte (i maggiori e tenenti colonnelli del «Corso del '48») conterebbero invece, superate le difficoltà iniziali, in una restaurazione e in un rafforzamento del regime. Sandro Viola

Luoghi citati: Atene, Grecia