Traforo sotto il mare di Mario Ciriello

Traforo sotto il mare Ormai è deciso: si fa il tunnel della Manica Traforo sotto il mare Firmato dai due governi di Londra e di Parigi il documento definitivo (o quasi) : dopo un secolo di polemiche, si costruirà il grande viadotto subacqueo - E' riservato ai treni, le auto saranno escluse - Costo previsto: si parla di quasi 900 milioni di sterline (1350 miliardi di lire), suddivisi fra i due Paesi (Dal nostro corrispondente) Londra, 27 novembre. Si cammina lungo la costa inglese, Ira Dover e Folkcstone, sotto quei ripidi cliffs che la più romantica lingua italiana ha trasformato in «bianche scogliere». Ed ecco lì, sotto lo Shakespeare cliff, tra pochi ciuffi d'erba bruciata dalla salsedine, una vecchia porta sgangherata, poche assi corrose dal tempo e dal vento. Sembra l'entrata di una stalla. Sull'architrave, scolorito, il numero 20. Non c'è proprio nulla che desti l'attenzione e, ancor meno, la fantasia. Eppure, dietro quella porta, vi è uno dei buchi più famosi della storia, quel buco che sarebbe dovuto proseguire sotto la Manica e finire sulla costa francese. E' passato quasi un secolo da allora, e il sogno sta finalmente per divenire realtà. Inghilterra e Francia, Inghilterra e Continente anzi, saranno uniti da un traforo sotto le onde. E' un peccato che queste grandi imprese non accendano più gli entusiasmi. Da quando si è messo piede sulla Luna siamo tutti blasés. Settant'anni fa, si sarebbero composti poemi e balletti e le scolaresche avrebbero fatto vacanze. Il 17 novembre, invece, i due ministri degli Esteri, Jobert e Douglas-Home, hanno firmato, qui, l'atteso «trattato» sotto gli occhi di Heath e Pompidou: e sulla stampa il giorno dopo non si sono trovate che poche righe. Anzi, si sono trovate vignette. Quella di Heath che, con fattezze di talpa, scava, frenetico, verso una Francia indifferente, popolata di uomini che, con le spalle verso la Manica e la sigaretta tra le labbra, dicono je ni'en fiche. O quella di un'Inghilterra che, già sommersa da veicoli, ne vede irrompere altre migliaia dal traforo sottomarino. D'altra parte, siamo giusti: è da un bel po' di tempo che si parla di questo tunnel, non si può dire che sia più una sorpresa Quei 1830 metri di galleria dietro la porta segnata con il numero 20 furono scavati nel 1880: e già prima di allora, soprattutto in Francia, si erano avute idee e iniziative per aprire un passaggio sotto la Manica. Il documento firmato il 17 novembre non è ancora definitivo, dovrà essere modificato e ratificato nel '75 dopo il completamento, sulle due coste, delle gallerie d'accesso, ognuna di circa due chilometri: ma non v'è dubbio che, giunti a questo punto, i due governi non possono più tirarsi indietro. Non tanto per motivi politici quanto per motivi finanziari: perché chi volesse abbandonare l'impresa dovrebbe sborsare egualmente, milioni più milione meno, la sua metà del costo complessivo. La lunga attesa dovrebbe finire nel 1980. Quell'anno, la geografia europea si arricchirà di un nuovo giunto, non meno importante del ponte sul Bosforo che da un mese allaccia due continenti, l'Asia e l'Europa. Per i francesi, è il tunnel sous la Manche: per gli inglesi, è il Channel tunnel, abbreviato, con la tipica e comoda disinvoltura della lingua di Shakespeare, in un'unica parola, chunnel. Il suo nome definitivo non sarà forse né l'uno né l'altro: sarà eurotunnel. Il costo? Quattrocentosessantaquattro milioni di sterline ai prezzi di oggi, 846 milioni al prezzo del 1980 e inclusi gli interessi e altri oneri. Il capitale sarà raccolto da due consorzi, uno in Francia l'altro in Gran Bretagna, formati per lo più da banche. I prestiti saranno garantiti dai governi. In realtà, non vi sarà un solo tunnel, bensì tre. Due laterali, ciascuno con un singolo binario: e uno in mezzo, il cosiddetto service tunnel, per la ventilazione e la manutenzione. (Più ovviamente vari raccordi). Sarà un tunnel ferroviario, non stradale: e i veicoli, posti su speciali vagoni a uno o a due piani, viaggeranno su jerry-trains, treni-traghetto. (Gli automobilisti non potranno restare nella macchina. Compiranno il tragitto sulle carrozze). Il tunnel sarà lungo 50 chilometri, dei quali 32 circa sotto il mare, e andrà da Folkestone a Calais. II viaggio durerà 35 minuti. Tra imbarco, traversata e sbarco, l'automobilista non perderà più di un'ora. Nei periodi di punta, partirà un treno-traghetto ogni quattro minuti, sia dalla Franica sia dall'Inghilterra. Il trasporto delle vetture e degli autocarri dovrebbe fornire oltre metà delle previste entrate. (Benché i calcoli siano prudenti. Non si sa neppure con certezza quando si cominceranno a raccoglierò i primi profitti netti, forse non prima del 1990). L'altra metà dovrebbe provenire dal traffico ferroviario vero e proprio, un traffico che dovrebbe inserirsi nella prevista «rete europea ad alta velocità». Il nostro continente è forse alla vigilia di quello che un esperto britannico ha chiamato «un rinascimento ferroviario». Nel 1980, grazie al tunnel, si andrà da Londra a Parigi in tre ore e 40, ma nell'85 il tempo dovrebbe essere ridotto a due ore e mezzo. Londra-Bruxelles, due ore e un quarto, Londra-Lione, cinque ore. Alle 23, si salirà su una vettura letto a Victoria Station e alle otto di mattina si scenderà a Roma Termini. Tecnologicamente, la costruzione del chunnel non dovrebbe presentare grandi difficoltà. Certo meno della costruzione già in atto di un altro tunnel sottomarino di cui non si parla mai, quello tra le due isole nipponiche Hokkaido e Honshu. I giapponesi non soltanto devono coprire un percorso più lungo ma devono inoltre aprirsi la strada attraverso rocce di eccezionale durezza. Sotto la Manica, invece, gli strati sono soffici, di vari tipi di creta, e simili sono pure le formazioni nei punti d'accesso. E' quanto rivelò la galleria scavata nel 1880 — ora dietro la porta 20 — che sarà forse «assorbita» dal nuovo tunnel anche se molti vorrebbero che fosse tenuta come monumento incompiuto. Si sorride adesso se si pensa a tutti i timori e i pessimismi, soprattutto di ordine militare, che per un secolo e mezzo hanno impedito l'attuazione di quest'opera. Il primo progetto fu respinto dal premier britannico Lord Palmerston con queste parole: «Cosa? Voi pretendete che il governo contribuisca a un'impresa il cui fine è quello di accorciare una distanza che noi già consideriamo troppo corta?». Tra i «no» inglesi e la crescente indifferenza francese, la polvere scese su tutte le iniziative: e c'è voluto l'ingresso di Londra nella Cee per proiettare l'aspirazione nella sfera della realtà. Non che gli inglesi abbiano dimenticato il pericolo di un'«invasione continentale», tut- t'altro. Ma è delle automobili, dei torpedoni e dei turisti che si preoccupano, non delle fanterie e dei carri armati. Mario Ciriello Parigi. Il tunnel cominciato a Sangatte per l'attraversamento sottomarino della Manica (Foto Gamma)

Persone citate: Douglas-home, Foto Gamma, Pompidou, Shakespeare