Moda-industria, prova di due case piemontesi
Moda-industria, prova di due case piemontesi Per risolvere la crisi dell' abbigliamento Moda-industria, prova di due case piemontesi I nuovi progetti della Generalmoda e della "Pep-rose", che cercano di risolvere la situazione ereditata dalla Caesar e dalla Rossini, dopo l'intervento dell'ente pubblico Poco più d'un anno fa, il 10 novembre 1972, un'industria torinese di confezioni maschili, particolarmente colpita dal terremoto del settore tessile nell'autunno precedente c chiusa da sei mesi, riapriva i battenti in un'inaugurazione happening. I grandi laboratori risentivano ancora del lungo vuoto produttivo, i rulli dei tessuti impacchettati, molle le macchine nascoste sotto i teloni, ma lo stair direttivo della Generalmoda, con grande coraggio, ce l'aveva fatta a mettere insieme la collezione di capi per l'inverno 73-74. Ora li presentava alla stampa, ai responsabili della rete di vendita ma anche alle operaie che a tempo serrato avevano reso possibile, con il loro lavoro, l'intero campionario. Un happening fra le macchine da cucire, gli indossatori che sfilavano, invece che su una passerella, sui tavoli per il taglio congiunti fra loro, la maestranza chiamata a spiegare certi particolari di struttura dell'abito: una nuova filosofia di indirizzi produttivi, di scelte interne, per caratterizzare la fascia di mercato in cui agire. Nell'autunno 71. in piena crisi del settore tessile e con le prime avvisaglie di quella dell'abbigliamento, la Caesar non era l'unica azienda ad iniziare un drammatico cammino verso la chiusura. Tutti i nodi dell'empirismo, della stasi strutturale, della programmazione assente, venivano al pettine all'improvviso, denunciando errori capaci di coinvolgere, con il destino della ditta di confezioni, intere compagini sociali, specie là dove le zone depresse avevano, come solo sbocco per la manodopera specializzata, proprio l'industria in pericolo. C'erano ottocento operai alla Caesar, settecento alla Rossari Moda di Borgomanero, con una percentuale dell'85-90 di donne, sotto la spada di Damocle del licenziamento, dopo sfibranti vicende e alternative, quando la Cepi (Gestione partecipazioni industriali) operò il suo intervento. La Caesar fu ribattezzata Generalmoda e la Rossari Moda, dal nome di un cavallo americano, Pep-Rose. « Quando penso a quel primo campionario — dice il dott. Tasso, direttore della Generalmoda — prima immagine d'un nuovo modo di agire, senio che in un anno abbiamo lavoralo duro, ma i falli ci hanno dato ragione. Il fatturalo dei 42 modelli per la primavera '74 è raddoppialo, ora lavorano a ritmo pieno olire i due terzi della maestranza e quello che più conta, grazie ad una coraggiosa politica di vender Vabitj avendone già in fabbrica il tessuto, abbiamo già in casa, e confezionato, il 50°ó dei capi venduti. L'incertezza nella consegna è stalo sempre /'handicap della confezione ». Sono i risultati d'una ristrutturazione interna che ha prima di tutto ottenuto un riaddestramento delle 450 lavoratrici. Otto ore per fare un abito appariva, prima, un limite invalicabile. Ora il tempo, utilmente competitivo per un'azienda di confezioni, ma non ancora ottimale, è di cinque ore e mezzo. Tecniche di lavoro aggiornate e nuovi macchinari — come la macchina che cuce senza filo — permettono una media di produzione giornaliera di 500 capi. E indagini di mercato circa la fascia di clientela maschile a cui indirizzarsi, quella media supcriore, hanno portato a creare una moda globale, semplice e raffinata, di grande vestibilità, con l'abito coordinato a maglia, calze, camicie e cravatte. I nuovi impulsi impressi dalla Gepi alle aziende tessili e d'abbigliamento a gestione totale ed i concreti risultati raggiunti sono tanto più importanti in una situazione economica del settore, che vede, nel primo semestre dell'anno in corso, un decremento d'esportazione pari all'I ilo, dovuto in gran parte a scompensi, che le ristrutturazioni Gepi hanno dimostrato di saper neutralizzare. La parola moda, 6 stato detto di recente al Convegno economico di Perugia, dà fastidio a molti, non viene ricollegata per nulla ad una delle branche più complesse e vive della nostra economia. Oggi al contrario è tramontata la tesi che l'industria dell'abbigliamento e del tessile debba essere lasciata ai Paesi in via di sviluppo; al secondo posto per importanza in Trancia e in Italia, è al terzo in Germania e Stati Uniti. Netta ripresa alla Pep-Rose di Borgomanero, dove la scomparsa della Rossari Moda avrebbe colpito anche più gravemente la manodopera locale. Oggi i 450 lavoratori della Pep-Rose, per la maggior parte donne, rispondono con una produzione di 500 modelli al giorno e un basso indice di assenteismo al clima distensivo dell'azienda rinnovata. Un complesso tecnologico all'avanguardia per attrezzature, impianti e macchinari, dove si agisce in équipe e ogni direttiva, come ogni rinuncia, è discussa negli interessi aziendali. La vendita del campionario per la prossima primavera-estate, forte di ben 120 modelli, registra un fatturato di oltre un miliardo di lire, triplicando esattamente quello della stagione invernale: la collezione, individuala la sua ipotetica cliente, ne ha rispecchiato le esigenze in capi classici, di buon tessuto e gradevole accordo di colori, a prezzi pienamente competitivi e coerente previsione di consegne. « Si parla lauto di disaffezione — ci ha detto il direttore generale della Pep-Rose, Paolo Vitali — da noi c'è addirittura mtusiasmo. Anche se l'azienda è in ripresa nella, abbiamo y. 1...... i m • sogno dell anno prossimo per cosohdara appieno e fino ad allora non ci saranno aumenti !salariali: eppure il lavoro resta |ottimo. Opera di uno staff di-1'rellivo all'altezza del proprio compilo, perfettamente collegalo con le maestranze. Finiti gli arbitrii degli stilisti, la verifica è tecnica e commerciale. La Gepi amministra denaro dello Stato, i suoi controlli sono reali come le direttive, chiare a tulli quelli che operano nell'azienda. Ci sono qui donne che lavorano da quando l'azienda è naia, eppu- ! re per la prima volici sentono pi farne parte ». | Per la Gepi il lavoro non è j più uno strumento, ma un fine, j Una filosofia operativa che si esplica in tutto il complesso set- lore tessile-abbigliamento, specie in queste due aziende picmon tesi, come nelle altre a parteci pazione totale, sparse in tutta Italia, dal Veneto a Napoli, Lucia Sollazzo Una modella d'eccezione, miss Mondo Belinda Green, in stile jeans prèt-à-porter
Persone citate: Belinda Green, Lucia Sollazzo, Paolo Vitali, Rossari, Rossini
Luoghi citati: Borgomanero, Germania, Italia, Napoli, Perugia, Stati Uniti, Veneto
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