Il generale e la tortura di Enzo Biagi

Il generale e la tortura LA CRONACA DELLA TELEVISIONE Il generale e la tortura Drammatica puntata di "Un caso di coscienza" di Enzo Biagi: un'intervista a Massu - Un film di Danny Kaye - Stasera "Ladri e quadri" e il "Rischiatutto" Due guerre, ieri, sul video, una sul « nazionale » e una sul « secondo ». Ma un abisso le separava: sul «secondo» era in onda il film comico Così vinsi la guerra con Danny Kaye, sul «nazionale» una puntata intitolata «Guerra senza onore» del programma Un caso di coscienza di Enzo Biagi. In « Guerra senza onore» si è parlato anzitutto e soprattutto di torture, e in particolare è stata rievocata la guerra di Algeria dove la tortura, da parte delle truppe regolari francesi, fu applicata spietatamente, metodicamente, su larga scala. Biagi si è servito di brani di documentario e di sequenze di un film discutibile ma sincero e vigoroso come «La battaglia di Algeri» di Gillo Pontecorvo, dando alla rievocazione una carica impressionante di drammaticità. Ma la cosa più sconvolgente è stata l'intervista che egli ha fatto al comandante francese di allora, il ben noto generale Massu. Oggi Massu è un agiato e riverito signore che è andato in pensione con tutti gli onori e si occupa di organizzazioni varie e — inutile dirlo — della stesura di memorie in cui illustra ed esalta le proprie virtù di soldato inflessibile. Ossuto, con la testa sormontata da un'irta capellatura sale e pepe, il generale ha polemizzato furiosamente con il film di Pontecorvo — che evidentemente gli brucia ancora — accusandolo di mendacio. Poi ha ammesso senza difficoltà l'uso costante della tortura da parte dei francesi a.Termando con una disinvoltura incredibile (cinismo? incoscienza? insensibilità morale?) che si trattava di un'operazione resa necessaria dalle circostanze e che comunque non degradava affatto la dignità umana... Cattolico fervente, l'ex condottiero dei para non è neppure sfiorato da ombre di rimorsi e di scrupoli. Si è limitato a borbottare con cipiglio militaresco: « Sì, all'inizio abbiamo commesso un certo numero di sciocchezze... ». Colonialista tutto d'un pezzo, ha perso le staffe quando Biagi gli ha chiesto un giudizio sui molti francesi oscuri e illustri (basterà rammentare la posizione di Sartre) che sostenevano la lotta di liberazione degli algerini, ed ha esclamato con rabbia: « Traditori! Erano tutti traditori! ». Continuamente infiorata di — come chiamarle? — macabre « amenità », l'intervista metteva i brividi nella schiena. A volte, nei momenti di maggiore oltracotanza e retorica, Massu non sembrava, al limite, neanche vero; aveva l'aria di un attore truccato da Massu che recitasse con ostentazione la parte del militare fanatico. Ma era tutto vero, purtroppo. Ne ha dato conferma, in una successiva intervista, Germaine Tillon, della commissione d'inchiesta sulle atrocità compiute nel Nord Africa: la Tillon ha narrato di un intero villaggio algerino torturato da un reparto di para con il sistema delle violente scosse elettriche senza che a nessuno venisse rivolta una domanda specifica... così, per il gusto di torturare a scopo di « ammonimento »... Trasmissione densa, tesa, che prendeva di petto il pubblico. Il comunista Henry Alleg, giornalista, dice come fu torturato dai para: e depreca (anche se tenta un'impossibile giustificazione) infami metodi talora applicati dalle polizie di Paesi socialisti. E altre interviste: all'ambiguo capitano Medina (ora vicepresidente di un'industria di elicotteri) coinvolto nella strage di My Lai nel Vietnam, al leader di sinistra Apolonio De Carvalho, brasiliano, che ha detto « la tortura nasce come espressione di una concezione politica, è il volto di un regime». A volte le cose di Biagi possono inclinare, con qualche pericolo, verso il sentimentalismo; stavolta no, stavolta il discorso era duro e perentorio. Una trasmissione che resterà come preziosa testimonianza, allucinante documento e motivo di meditazione e di dibattito. * * Qualcuno ha scritto che quasi tutti i film comici sulla guerra sono mistificatorii perché girano in farsa una tragedia spaventosa. Si può essere d'accordo, però annotando che anche i film cosiddetti seri sulla guerra sono, in nove casi su dieci, mistificatorii per enfasi e melodrammaticità... Così vinsi la guerra (1944) dell'abile artigiano Nugent andrebbe bocciato: il conflitto mondiale è visto come una brillante avventura e i massacri tra americani e giapponesi nella foresta come azioni da burletta. Ma Così vinsi la guerra va considerato in altro modo: è la prima pellicola di Danny Kaye, di questo attore fantasista di gran talento che già qui, sia pure con le inevitabili incertezze dell'esordio, fissa il suo personaggio candido e svagato e rivela doti di originale humour. Un rapido passo indietro all'altra sera per annotare che, in luogo del telefilm cecoslovacco, è andato in onda dopo le 22 un reportage sul colpo di Stato in Grecia, con filmati e un dibattito cui hanno preso parte i giornalisti Bartoli, Cingoli, Corradi e Vecchiato. Stasera dopo « Tribuna sindacale », alle 21 e 30 Ladri e quadri di Leandro Castellani, un telefilm di tipo giallo sui furti d'arte. Indi concerto del pianista Ghilels. In alternativa Cinema d'arimozione e alle 21,35 il Rischiatutto col campione Puzzo. Nel pomeriggio sul secondo canale, alle 18,30, nella rubrica Protestuntesimo, sarà trasmesso un servizio sulle disperate condizioni di migliaia di prigionieri politici ancora detenuti nel Sud Vietnam. Il servizio è basato sulla trasmissione diretta del pastore valdese Tullio Vinay. u. bz.

Luoghi citati: Algeri, Algeria, Grecia, Nord Africa, Pontecorvo, Sud Vietnam, Vietnam