Il miglior ateneo è l'esercito di Francesco Rosso

Il miglior ateneo è l'esercito BRASILE, IL REGIME DEI GENERALI TECNOCRATI Il miglior ateneo è l'esercito II governo militare di Rio, che prese il potere nel 1964, è il modello più o meno confessato di tutti quelli del Sudamerica - Questi generali, più esperti in sociologia e finanza che in strategia e tattica, hanno fatto compiere al Paese un gigantesco balzo in avanti - Del resto, gran parte della borghesia colta esce dalle loro scuole che, simili ai seminari cattolici, segnano per tutta la vita - La scuola superiore di guerra è una vera e propria Sorbona (Dal nostro inviato speciale) Rio tic Janeiro, novembre. Paese che vai, generali che trovi: una definizione che in America Latina ha un indiscutibile fondamento, poiché delle undici Repubbliche sudamericane quattro soltanto, e precisamente Colombia, Venezuela, Argentina e Panama, non hanno attualmente un governo castrense. La distinzione fra generali e generali avviene quando si analizza il programma che le varie giunte militari si sono proposte al momento di prendere il potere; ma alla fine ci si rende conto che, per un verso o per l'altro, esiste in America Latina un solo modello di governo militare, quello brasiliano, che tutti gli altri imitano pur differenziandosi negli atteggiamenti nazionalistici che impongono "filosofie della rivoluzione " adeguate ai popoli cui vengono applicate. Detronizzato il presidente eletto Joao Goulart, detto Jango, nel marzo del 1964, ormai preso nella ragna di una demagogia che lo aveva paralizzato più di quanto sia poi accaduto a Salvador Attende in Cile, i generali brasiliani raccattarono il potere senza sparare un colpo. Goulart fuggì esule a Montevideo, allora democratica e disposta ad ospitare fuggiaschi di sinistra; suo cognato Lionel Brizola, ricco fazendeiro e governatore del Rio Grande do Sul, si proclamò comandante di un'immaginaria organizzazione di guerriglia che non disturbò nemmeno lontanamente gli autori del golpe, come non li disturbò il movimento delle "Leghe contadine" che Francisco Juliao, il comandante castro-guevarista, aveva organizzato nel disperato Nordeste. Fu un golpe assolutamente incruento, come quello peruviano, e sulla scena politica sudamericana apparvero generali di una nuova specie, che sapevano pochissimo di guerra, di strategia e di tattica, ma erano invece ben preparati in sociologia, finanza, economia politica, tecnologia. Tutto ciò gli esperti di cose politiche sudamericane già lo sapevano, perché la classe militare brasiliana ha sempre avuto una fisionomia propria, che la distingueva da qualsiasi altra dell'America Latina; ma quello che non sapevano, e non prevedevano, era l'efficienza che i generali brasiliani avrebbero dimostrato nella gestione del potere. La sorpresa dura tuttora, quello che è stato definito "il miracolo brasiliano". cioè il balzo economico fatto negli ultimi otto anni, è stato così gigantesco che nemmeno i più ottimisti potevano prevederlo. Il dominio militare incominciò nel 1964 con molte incertezze e tentennamenti del maresciallo Castelo Branco, un nordestino che credeva negli istituti costituzionali, anche se aveva dovuto sopprimerli per garantire sicurezza al potere militare, e che pensava di indire presto nuove elezioni per restituire il potere ai civili. Ma il secondo presidente, Costa e Silva, vide le cose da una angolazione diversa, anche perché si trovò a governare in un momento di grande sviluppo della borghesia industriale, fenomeno che gli fece intravedere enormi possibilità di progresso economico se il potere fosse stato gestito direttamente dai militari, che potevano imporre con la forza la disciplina, l'ordine sociale, i bassi salari. La linea dura Costa e Silva fu l'iniziatore di quella "linea dura" che, oltre a voler mantenere saldamente e indeterminatamente il potere, mira ad una modernizzazione progressiva e programmata del Paese. La sua linea fu adottata dal terzo presidente, Garrastazu Medici, ed è quasi certo che sarà seguita anche dal quarto, Ernesto Geisel, che sarà eletto dal Parlamento alla suprema carica nel prossimo mese. Ho parlato di presidenti, mai dì generali; in Brasile, quando un militare ricopre una carica pubblica, smette la divisa e diventa civile ad ogni effetto. Ciò non significa che con l'uniforme egli muti anche la sua formazione mentale, o tradisca la casta militare che lo ha espresso e lo sostiene. In Brasile si è militari come nel cattolicesimo si è preti; difficile cancellare il segno con cui si è stati "unti" al momento di indossare la prima uniforme, o di pronunciare i voti. In Brasile si può dire che una grande fetta della borghesia colta sìa stata "unta" dai "voti" militareschi, anche se poi moltissimi hanno rivolto i loro interessi a discipline che non hanno nulla di militare. La scuola brasiliana dei semipoveri è il " Collegio Militare", completamente gratuito, dove i giovani seguono il ginnasio ed il liceo senza preoccupazioni finanziarie; 10 Stato pensa a tutto. Al "Collegio Militare" affluiscono ragazzi della piccola borghesia i cui genitori non hanno i mezzi per iscriverli ai vari collegi svizzeri, americani, inglesi, francesi, che hanno rette sopportabili soltanto dai ricchi. Il "Collegio Militare" brasiliano è un po' come il seminario cattolico italiano; i giovani con scarsi mezzi finanziari vanno in seminario, completano il liceo, e sovente buttano la tonaca ancora prima di indossarla. Terminato il liceo, coloro che hanno inclinazioni alla caserma, si iscrivono all'Accademia militare di Agulhias Negras, un centro distante un centinaio di chilometri da Rio de Janeiro, e da lì escono ufficiali ad ogni effetto. I più bravi sì iscrivono alla " Escola superior de Guerra " di Rio de Janeiro, detta " La Sorbona ", scuola militare fin che si vuole, ma anche la più efficiente università dell'America Latina, dove i giovani ufficiali si preparano, oggi come ieri, ad amministrare 11 Paese gestendo il potere, ma formandone anche lo scheletro tecnocratico che in pochi anni dovrebbe fare del Brasile il "Colosso Economico", e non soltanto del Sudamerica. Da questa "Sorbona" militare esce quell'armata di specialisti, ingegneri, agronomi, ricercatori, ormai largamente impiegati in attività civili, soprattutto gli aviatori, i soli che conoscono davvero la sterminata vastità del Brasile perché sono loro che collegano le grandi metropoli come Rio, San Paolo, Brasilia, Belo Horizonte, con le sperdute città del Nordeste e delVAmazzonia. In più, escono i generali, i colonnelli, che oggi gestiscono il potere, ma che non sono quei "gorilla" cui ci ha abituati il cliché del generale sudamericano. Tra loro vi sono anche dei conservatori, ma la maggioranza è formata da tecnocrati con idee politiche centriste, con punte che vanno fino all'estrema sinistra. Alla sinistra Non bisogna dimenticare che dai giovani "tenenti", il movimento pararivoluzionario sorto negli Anni Venti, è uscito Luiz Carlos Prestes, figlio di capitano, che nel 1930 guidò una "lunga marcia" dì militari ribelli e divenne il comunista sudamericano più conosciuto nel mondo. Ancora dai giovani ufficiali di sinistra è uscito Carlos Marighella, che tentò di alimentare la guerriglia urbana contro gli attuali generali al potere, e fu ucciso in un'imboscata a San Paolo quando già il movimento era stato stroncato con mano spietata dai militari. Le tendenze estremiste, anche se non affiorano apertamente, sono però tuttora presenti nelle forze armate brasiliane e non è possibile che i generali tecnocrati le ignorino e non ne tengano conto, anche perché essi hanno in comune coi loro colleghi peruviani un desiderio di per¬ fezionismo non rilevabile in dittature militari di altri Paesi sudamericani. Ciò che invece lì differenzia totalmente dai generali peruviani e la discrezione, l'impersonalità con cui gestiscono il potere. Mentre a Lima il personaggio chiave è il generale Juan Velasco Alvarado, già considerato il "Caudillo" della rivoluzione degli indios, è difficile di¬ stinguere la personalità di uno dei tanti generali, divenuti burocrati e tecnocrati, che amministrano il Brasile. C'è un presidente, nominato ogni cinque anni dal Parlamento, ma designato dal presidente uscente, che però non è un personaggio carismatico come lo fu il generale Pe.rón ai suoi bei tempi di dittatore, come lo sono Hugo Banzer in Bolivìa, Stròssner in Paraguay, Alvadaro in Perù; il presidente brasiliano è una figura emblematica, ma chi gestisce davvero il potere sono i tecnocrati militari e civili che compongono il governo. Questi tecnocrati usciti dalla "Scuola superiore di Guerra" hanno fatto una precisa scelta politica ed economica; avviare il decollo del Brasile sfruttando al massimo le incalcolabili risorse del sottosuolo e dell'agricoltura, sia pur pagandolo con costi sociali che solo ì pazienti braccianti e operai brasiliani sono disposti a pagare, programmando per tempi lunghi una più razionale distribuzione dei reddito, ora concentrato in pochissime mani. I generali peruviani erano partiti, nell'ottobre del 1968, quindi già con l'esperienza di quattro anni del golpe brasiliano, col programma di recuperare in tempi brevissimi i dieci milioni di indios emarginati; hanno realizzato la riforma agraria, hanno imposto le " comunità industriali" con la partecipazione agli utili dell'azienda di tutti i dipendenti, stanno per varare le "proprietà sociali", che sono una copia della jugoslava "gestione diretta", ma I senza procurare un centesimo di reddito in più agli indios delle Ande. I generali brasiliani hanno scelto una strada differente. " Non è distruggendo il miliardario Matarazzo, o Pignatari, o altri, che diminuiremo di un cruzeiro la miseria dei nordestini — dicono — ma sviluppando l'economia brasiliana "; e lo stanno facendo con sistemi che vale la pena di analizzare. Francesco Rosso I Rio de Janeiro. Sfilano, alla prussiana, i cadetti: oggi non si preparano soltanto alla guerra, ma alla gestione del potere (Credit Photo)