Europa divisa anche per l'uranio di Alberto Cavallari
Europa divisa anche per l'uranio Due programmi; l'Italia ha aderito (sembra) a quello francese Europa divisa anche per l'uranio (Dui nostro corrispondente) Parigi, 28 novembre. La fabbrica «europea» di arricchimento dell'uranio per fronteggiare la crisi energetica sarà costruita a «cinque» e non a «nove». La decisione francese, presa qualche giorno fa, è stata infatti condivisa dall'Italia, dalla Svezia, dal Belgio, e dalla Spagna, all'assemblea generale dell'Eurodif tenuta a Parigi, e l'impegno è stato assunto. Si è ratificato, in questo modo, che gli europei procederanno divisi in due gruppi verso la produzione di energia elettrica nucleare. Tedeschi, inglesi, olandesi, hanno infatti deciso a loro volta di costruire, tramite .il gruppo Urenco, una seconda fabbrica «europea» a tre. La sola possibilità di attenuare questa frattura, ormai, è che le due fabbriche diventino «complementari» dato che ieri Brandt e Pompidou hanno esaminato questa «eventualità». La notizia non ha destato molto stupore date le conclusioni negative del vertice franco-tedesco di ieri. La stessa adesione francese alla proposta di Brandt di creare un consiglio europeo dell'energia, apparsa già come un'intesa formale per coprire reali e profondi contrasti, viene ancora più svuotata dalla formazione dei due «fronti» concretamente contrapposti. Mentre si cerca di superare le vecchie divisioni in nome di una «cooperazione energetica» nascono infatti le strutture economiche per le future divisioni. Esiste un assenso del governo italiano all'operazione? Quello francese l'ha dato il 23 novembre, garantendo i soci francesi dell'Eurodif alla spesa. Il governo italiano non avrebbe, in senso definitivo e formale, garantito nulla (almeno secondo i suoi rappresentanti) ma appare strano che i due organismi pubblici che sono soci dell'Eurodif (Agip nucleare e Cnen) si siano associati alla costruzione senza il consenso del governo e all'insaputa della diplomazia. Ufficialmente, ieri, si sosteneva da parte italiana la tesi che all'assemblea dell'Eurodif erano in discussione solo il progetto e la scelta del luogo dove eventualmente costruire la fabbrica. Ma questa «copertura» è caduta dopo la notizia dell'accettazione all'unanimità della decisione francese sulla costruzione. Evidentemente l'Italia ha ragioni politiche per non dare pubblicità a quest'impegno che la colloca nello schieramento francese. La decisione era comunque attesa proprio per l'aspetto politico che, in questo momento, essa assume. L'Eurodif, creata nel 1972 a Parigi, per iniziativa francese, e statutariamente come gruppo di studi per la costruzione di una fabbrica europea di uranio arricchito a diffusione gassosa, rappresentava originariamente sei Paesi: Francia, Germania, Inghilterra, Belgio, Olanda, Italia. In seguito si as¬ sociarono anche la Svezia e la Spagna, ma ne uscirono Germania, Olanda, Inghilterra per costituire un gruppo concorrenziale (Urenco) basato sulla diversa tecnica dell'ultracentrifugazione. Nel colmo della crisi del petrolio, il 23 novembre, Parigi fece allora il colpo di testa di decidere la costruzione della fabbrica d'uranio europea «anche se i soci non avessero partecipato». Un tentativo di dissuasione anglo-tedesca naufragò, e per la Francia si trattava di portare fino in fondo l'ultimatum col massimo di consensi. E' indubbio che abbia avuto successo, ed è significativo che l'abbia raccolto mentre il vertice BrandtPompidou non dava risultati. Naturalmente ora resta il problema più grosso: finanziamento e località. L'Eurodif dovrà decidere un aumento di capitale valutato fra un miliardo e due miliardi di franchi per far fronte alle prime difficoltà. Resta anche da definire il sistema di I Finanziamento della costruzio- ne della fabbrica, il cui costo è stimato circa sette miliardi di franchi, escluse le centrali nucleari che la faranno funzionare. E' infine da discutere il luogo: i francesi vogliono impiantarla a Tricastin (presso Pierlatte), gl'italiani a Montalto di Castro, i belgi a Bas-Hoa, vicino a Huy. Praticamente occorre che l'assemblea generale si riunisca un'altra volta per prendere queste decisioni che sono più difficili dell'attuale raggiunta unanimità. Ed è in quel momento che verranno in luce i reali impegni dei rispettivi governi. I francesi non attendevano una risposta così rapida e così unanime dei soci. Ma sono rimasti sconcertati dalla notizia pubblicata oggi dal Financial Times secondo cui gl'inglesi si starebbero orientando verso centrali nucleari che non utilizzano come combustibile l'uranio arricchito, ma quello naturale. Alberto Cavallari
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