Sardegna: nasce una fabbrica che darà lavoro a 7000 operai di Remo Lugli

Sardegna: nasce una fabbrica che darà lavoro a 7000 operai La più grande industria di fibre italiana Sardegna: nasce una fabbrica che darà lavoro a 7000 operai Lo stabilimento innalza già verso il cielo due ciminiere alte 180 metri; contrasto stridente con il mondo pastorale che lo circonda - Apprensioni per gli inquinamenti (Dal nostro inviato speciale) Ottana, 26 novembre. C'è chi la chiama la « cattedrale nel deserto », cioè una cosa mastodontica ma inutile. Sarà, quando ultimata, la più grande fabbrica italiana di fibre, occuperà oltre settemila lavoratori: uno scontro, dicono i critici, troppo violento tra l'industria e il mondo arcaico-rurale della Sardegna. Comunque lo stabilimento sta venendo su, occupa un'area di due chilometri per uno, lancia già verso il cielo due ciminiere alte centottanta metri, alcuni reparti potrebbero incominciare a produrre, se non ci fosse uno sciopero che da un mese e mezzo paralizza la centrale vapore. Gli insediamenti saranno due, uno dell'Eni, per 250 miliardi, uno della Sir e della sua consociata Siron; per il secondo si sono iniziati soltanto in questi giorni i primi lavori, ci vorranno alcuni anni prima di giungere all'ultimazione. L'Eni, attraverso la Fibra del Tirso (partecipazione paritetica tra Anic, cioè Eni e Montefibre, cioè Montedison) produrrà 60 mila tonnellate all'anno di fibre poliestere, succedanee del cotone, e 50 mila tonnellate di fibre acriliche, succedanee della lana. La Chimica del Tirso (Anic e Montedison) produrrà tutti i servizi necessari al primo stabilimento, vapore, materie prime, energia elettrica. I lavori preliminari si iniziarono nel marzo '70 e quelli di costruzione un anno dopo, l'ultimazione si avrà alla fine del '75. Alla costruzione di questa enorme fabbrica sono impegnati tremila operai dipendenti da 98 imprese specialistiche quasi tutte di origine continentale, ma parecchie con improvvisata configurazione sarda per godere di agevolazioni economico-fiscali. Il venti per cento dei dipendenti viene da altre regioni, gli altri dalle province di Sassari e di Cagliari. Ci sono anche una ditta giapponese e una tedesca con una ventina di uomini. Quando lo stabilimento d'iniziativa Eni entrerà in furi' zione in pieno darà lavoro a 4500 dipendenti localmente e ad altri 2500 in diverse località del Nuorese per le attività manifatturiere. Da parte sua la Sir, quando avrà realizzato il proprio progetto, occuperà localmente 2500 persone e altre 4500 nel Sologo e nel Sarcidano. A Ottana gli occupati saranno quindi in totale settemila. Questa è zona della Barbagia di Ollolai. C'è una grande piana, sulla quale in tempo di guerra era sorto un aeroporto dei tedeschi; sullo sfondo, lontane, ci sono le montagne, quelle avare di erba per i pascoli, quelle nelle quali sorgono paesi dai nomi ormai celebri per le faide, Sedilo, Mamoiada; e più in là c'è il Nuorese più cupo, Orgosolo, Orune ed altri paesi simili in cui la delinquenza ha radici profonde. Il polo industriale di Ottana sorge per decisione politica al centro della Sardegna appunto per cercare di alleviare la miseria, offrire lavoro a chi vive malamente della pastorizia nomade e da essa trae i motivi delle proprie vendette. In Barbagia i servi pastori sono 2500; finora trecento hanno trovato occupazione nello stabilimento che sta sorgendo. I paesi sono antichi, quasi totalmente privi di infrastrutture, le case vecchie, malsane, con servizi inadeguati, antigienici. Ora sta accadendo questo: che i programmatori della fabbrica e le autorità hanno deciso di non costruire in zona delle abitazioni moderne per chi deve lavorare nello stabilimento. S'è detto: non si deve creare un centro che sto¬ nerebbe con gli altri abitati creando una discriminazione. Così i tremila lavoratori attuali hanno già saturato tutti i paesi per un raggio di decine e decine di chilometri, occupando anche i più squallidi e malsani vani. Cosa succederà quando i tremila dipendenti saliranno a settemila? I sindacati sono combattuti nell'indecisione. Vogliono che si provveda a rammodernare i paesi, creando le necessarie infrastrutture: scuole, asili, ospedali, dopolavori. Ma si stanno rendendo conto che anche quando i paesi saranno accoglienti, resterà il fenomeno del pendolarismo, molto grave. «Adesso i collegamenti seno assolutamente inefficienti — dice Salvatore Marras, sindacalista della Cisl —. Chi abita a Fornii, 44 chilometri da Ottana, ad esempio, deve partire con una corriera alle 6 e ritorna a casa la sera alle 19, restando via tredici ore per lavorarne otto. Occorrono mezzi di trasporto nuovi e strade più veloci». II sindaco di Ottana, Mario Lai, aggiunge: «L'insediamento è positivo: sono già tornati 200 dei 450 ottanesì che erano emigrati alla fine degli Anni Sessanta. Ma abbiamo bisogno di una mano per rendere il paese più ospitale. Nelle condizioni del nostro sono tutti gli altri Comuni. La Regione ha espropriato la Satas, la società di trasporti; ora però deve rinnovare il parco automezzi, rendere i servizi efficienti». I centottanta metri di altezza delle due ciminiere dovrebbero consentire la dispersione dei fumi, che non saranno pochi visto che la sola centrale dell'Eni consumerà venti tonnellate all'ora di olio combustibile (nei primi tempi verrà trasportato con autocisterne, poi arriverà un oleodoti cingo 60 chilometri, dal pori) di Oristano ora in costruzione). E l'inquinamento idrico? Per questo c'è molta appren sione a valle, nell'ubertoso Campidano oristanese dove si estendono anche le feconde campagne di Arborea. Lo stabilimento userà 14 milioni di metri cubi di acqua all'anno, 1600 all'ora; acqua che viene prelevata da un lago, usata per risciacquare le materie chimiche e poi immessa nel Tirso, a monte del lago Omodeo che fu creato nel 1914 per l'irrigazione del Campidano, con la costruzione di una diga, in quell'epoca una delle maggiori d'Europa. Dice il sindaco di Oristano commendator Vincenzo Loi: «CcprrvpAmqsimcosscfuptiuuppUi(sacoPsvSqldlai trgfnb2fmccduismcsntdm «Con Quelle acque si irrigano circa 25 mila ettari nei Campidani di Oristano, di Arborea e di Terralba. Sono interessati diecimila posti di lavoro e una popolazione complessiva di 120 mila abitanti. Abbiamo ben motivo di aliar- marci per la minaccia dell'in- quinamento idrico». Allo stabilimento di Ottana si afferma: «Nessuno deve temere. Sì, le acque si sporcano con sostanze acide e sali, ma ogni impianto ha un proprio specifico trattamento degli scarichi e tutte le acque con- fuiscono in un ulteriore impianto di trattamento consortile che le rigenera attraverso un processo biologico e le fa uscire pure». La Regione ha preteso prescrizioni severe per questo ultimo impianto che sarà gestito dalla Cassa per il Mezzogiorno. Dice l'ingegnere Luciano Pizzurra, direttore tecnico del consorzio di secondo grado, cioè quello che raggruppa i diversi consorzi per l'irrigazione dei | Campidani: «Abbiamo chiesto ■ di poter essere noi a control | lare le acque che escono dal- ! l'ultimo impianto di depura¬ zione, ma la Regione ha rispo sto negativamente, vuole affidare il compito al Genio Civile e noi del Genio Civile non ci fidiamo. Si sa come posso no andare le cose. Per questo motivo siamo preoccupati. L'industria ha i suoi diritti, d'accordo, ma anche l'agricoltura deve vivere, non può rischiare d'essere pugnalata alle spalle ». Remo Lugli Ottana. Il costruendo stabilimento Eni-Anic sorge nel paesaggio arcaico rurale della Barbagia

Persone citate: Anic, Luciano Pizzurra, Mario Lai, Omodeo, Salvatore Marras, Vincenzo Loi