L'austerità di Carlo Casalegno
L'austerità L'austerità L'austerità è necessaria, ma scomoda; le misure per risparmiare petrolio sono indispensabili, ma pesanti e costose. Il governo ha dimostrato il coraggio, abbastanza inconsueto, d'affrontare l'impopolarità decidendo provvedimenti severi; risponde all'utile comune accettarli con serena autodisciplina, ma sarebbe un vano esercizio letterario rallegrarsene come per l'avvio a una nuova e felice Arcadia. Ci sembra che, Ira le varie restrizioni possibili dei consumi, il Consiglio dei ministri abbia scelto le più redditizie e le meno inique o dannose. I rifornimenli all'industria non si possono ridurre, se si vuol sostenere la produzione. Il deficit già enorme del bilancio non consente sgravi fiscali sul prezzo della benzina; il deficit crescente della bilancia dei pagamenti impone di contenere al massimo le importazioni. Gli utili e le possibili manovre speculative dei petrolieri, italiani o no. dovranno essere colpiti con rigore; ma non c'è « piano petrolifero » che possa cancellare la realtà di fondo: il carburante resterà più scarso e più caro, comunque si sviluppi il conflitto tra arabi e Israele. Le misure d'austerità non incideranno soltanto su consumi privali che ormai consideriamo necessari, su abitudini consolidate in anni di benessere; colpiranno importanti attività economiche. L'industria dell'automobile, colonna portante del sistema produttivo, e l'attività turistica, in sviluppo impetuoso, rischiano di subire i danni più seri; sarà necessario contenerli anche con aiuti pubblici, come gli sgravi Tiscali alle decine di migliaia d'imprese minacciate dall'improvvisa scomparsa dei « pendolari della domenica ». Non è giusto né utile che alcune categorie sopportino una parte eccessiva del fardello comune: i sacrifici, inevitabili, dell'austerità vanno equamente distribuiti . Le auto ferme di domenica, le città più buie, gli orari ridotti degli uffici e dei teatri non baslano per risolvere né il problema dell'energia, né quello della bilancia commerciale; rappresentano soltanto un rimedio urgente e parziale. Queste misure d'emergenza portano vantaggi economici indubbi, e tuttavia limitati; ma possono avere un effetlo psicologico ancor più utile e importante dei miliardi risparmiati. Sono un duro richiamo alla realtà; un invito, spiacevole ma opportuno, a rendersi conto che l'epoca dell'energia inesauribile ed a basso costo è finita, che il Paese non può continuare a vivere al di sopra dei suoi mezzi, e che la corsa ai consumi privati è imprevidente, anche se non merita tutte le condanne dei moralisti. Perche i provvedimenti restrittivi compensino i sacrifici con qualche utile, è necessario che siano mantenuti per qualche tempo, e fatti rispettare senza cedimenti alle proteste o tanto meno ai privilegi. Forse, superato il difficile inverno, verranno attenuati o aboliti, ne rimarrà soltanto il ricordo ammonitore. Ma sembra più verosimile che, con gli opportuni arrangiamenti, siano destinati a durare come riparo a una lunga crisi: in tal caso avranno una cascata di conseguenze sull'economia e sul costume, fino a imporre modifiche nel nostro « modello di sviluppo » e ad alterare tante nostre abitudini di vita, a far riscoprire il valore perduto della parsimonia o il gusto d'antichi e semplici piaceri. Di fronte alle misure d'austerità il Paese è impreparato, praticamente e psicologicamente. La scossa psicologica può essere assorbita senza difficoltà da un popolo che ha saputo affrontare con sereno coraggio le prove ben più serie della guerra e del dopoguerra; più arduo è rimediare all'inefficienza del settore pubblico e ai vuoti di una inadeguata politica dell'energia. La scarsilà di carburante coincide con una crisi dell'elettricità che è conseguenza di molti errori; i servizi collettivi non sono pronti per affrontare il maggior sforzo imposto dalle limitazioni del traffico privato. Anche se in Europa non siamo gli unici imprevidenti, in questa stretta paghiamo il rilardo delle riforme e la trascuratezza dei consumi sociali. Con un impegno ben pianificato, non è impossibile sviluppare i servizi pubblici, sostenere il turismo con i trasporti collettivi, trovare attività alternative ai settori posti in crisi dalla politica d'austerità. Ma occorrono investimenti per centinaia o migliaia di miliardi e programmi a lunga scadenza, che non possono dare vantaggi in tempi corti; e una volta presa questa strada, sarebbe impossibile o terribilmente dispendioso tornare indietro. Se il periodo d'emergenza sarà breve, dovremo sopportarne con pazienza danni e sacrifici; se si protrarrà, i provvedimenti per ripararne le conseguenze condurranno, non solo in Italia, a profonde trasformazioni dell'economia e della società. Non occorre seguire i profeti dell'apocalisse ecologica o i critici faziosi della società dei consumi per avvertire prossima una svolta: la crisi dell'energia è soltanto uno dei segni che indicano la necessità di correggere il modello di sviluppo seguito dai Paesi industrializzati nell'ultimo ventennio. Presto vedremo meglio nel nostro futuro; intanto il periodo d'austerità imposto dalla carenza di petrolio può indurci a un maggior sforzo per uscire dalle difficoltà economiche. Le rinunce, per quanto amare, sono meglio della bancarotta. Carlo Casalegno
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