Il re del bosco

Il re del bosco CACCIA e PESCA Il re del bosco Qualche anno fà, un cinghiale lasciò la sua valle, per spingersi a pochi chilometri da Torino. Diverse persone ne segnalarono la presenza in un boschetto. Sui giornali si parlò del bestione come di una belva, pronta a sbranare grandi e piccini. La zona venne circondata e il povero animale venne fucilato con gran sollievo di tutti. Molti infatti credono che il cinghiale abbia un'indole feroce ed aggressiva e, proprio in questi giorni (è la stagione della caccia) alcuni lettori hanno scritto per domandare se è vero che le battute a questo selvatico presentino dei rischi. Rispondiamo che l'aggressività del cinghiale è soltanto un luogo comune. Senza offesa per la fierezza del ■< re del bosco », diremo che questa sua fama dev'essere sfatata. Il cinghiale, selvatico per eccellenza, sfugge l'uomo come la peste: ne ha terrore. Solitario o in branco, se non molestato è innocuo come un porcellino. Si scaglia contro il cacciatore e contro i cani soltanto quando è ferito, perché non ha via di scampo, ma preferirebbe la fuga. Gli esemplari jugoslavi ed ungheresi (da pochi anni immessi in Italia) sono gli unici pericolosi: di grossa mole sono poco agili e vengono con facilità circondati dai cani. Di fronte ai segugi che li azzannano e li tormentano, incalzandoli da ogni lato, questi bestioni sono costretti ad accettare la battaglia: si mettono con la groppa a ridosso d'un albero e vibrano vere e proprie « sciabolate ». L'uomo non corre questi rischi. Durante le « cacciarelle » spara da luoghi sicuri, spesso da un palchetto costruito ad un paio di metri da terra. Il cinghiale, che ha un fiuto formidabile e, nonostante la mole si muove in silenzio nel bosco, anche quando è inseguito dai cani, fa di tutto per passare inosservato. Le « cacciarelle », normalmente si organizzano per una decina di persone, ma quelle più interessanti e caratteristiche, soprattutto nella fase preparatoria, vedono la partecipazione di numerose - doppiette », cento ed anche più. Il momento della caccia vera e propria, quando si sciolgono i cani ed i battitori li incitano con le loro grida, è indubbiamente il più denso di trepidazione ed emozione. Non sono pochi i cacciatori di primo pelo a lasciarsi passare sotto il naso il selvatico senza avere il coraggio di tirare il grilletto del fucile. Tutto in realtà, più che per l'eccezionalità della preda, avviene in conseguenza della carica emotiva che assale il cacciatore, frastornato dalle grida dei battitori e dal latrare dei cani: pericoli non ce ne sono. In questo genere di caccia c'è da aver paura soltanto che il vicino non sia abbastanza prudente nell'usare il fucile caricato a palla. La » cacclarella », generalmente, si conclude con la spartizione delle prede e l'assegnazione delle teste, i « trofei », agli uccisori. In molte zone dell'Italia centrale, soprattutto in Toscana, si osserva ancor oggi un antico rito: chi ha ucciso per la prima volta un cinghiale, viene imbrattato di sangue dalla testa ai piedi, dai cacciatori anziani. Dicono che porti fortuna. Una lettera inglese Una gentile lettera è giunta dalla signorina Clare C, dall'Hampshire (Inghilterra). E' un appello a sostenere la Lega contro la distruzione degli uccelli nella sua campagna contro il massacro annuale. Raccogliamo di buon grado l'appello. 'Sono amica dell'Italia — dice — e non vorrei che nel vostro Paese si uccidessero gli uccellini nati in Inghilterra. Vi prego, salvate I migratori che ci rimangono, che sono un patrimonio di tutta l'umanità ». Non esistono le trote "gonfiate" Un lettore chiede che differenza vi è fra trote di allevamento e trote di torrente. Oggi, I ripopolamenti con salmonldi adulti, vengono latti con capi prelevati da stabilimenti ittici: ocorre almeno un anno perché il pesce acquisti le caratteristiche dell'ambiente, diventi cioè aggressivo, astuto, resistente, solido. Invece, le trote appena « seminate », vengono subito ripescate (trascorrono 6-7 giorni, e anche meno). Spesso quindi ci si illude di mangiare pesce indigeno, invece è di allevamento. Comunque, chi riesce a raggiungere i torrenti di alta montagna (sino al 1500 metri, non oltre) può trovare qualche ottimo esemplare (non per misura, ma per qualità). La trota d'allevamento, per eccellenza, è la irldea, ibrido americano che resiste in acque non molto ossigenate, ma anche le fario e le albine (o giapponesi) vivono nelle vasche. Il sapore delle carni (credo che la domanda del lettore riguardi proprio questo) dipende dal mangime e dall'acqua, che dev'essere comunque sempre corrente. Se l'allevamento è In montagna, allmntato da un torrente e con forte ossigenazione, la carne di salmonide sarà eccellente. In pianura, si corre il rischio di mangiare trote che hanno un leggero sapore di fango. L'alimentazione delle trote nelle vasche rende la carne meno soda e più ' grassa » di quella dei salmonidì indigeni, abituati a resistere alle correnti e alle piene. E' però falso che le trote possano essere trattate chimicamente (con pìreostatici) per accelerarne lo sviluppo: il salmonide non è mai stato « gonfiato » come avvenne per i vitelli. OMERO MARRACINI e PIERO CERATI

Persone citate: Omero Marracini

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Torino, Toscana