Buscetta nega gli incontri con i "boss,, "Andavo in giro per ragioni di cuore,, di Piero Cerati

Buscetta nega gli incontri con i "boss,, "Andavo in giro per ragioni di cuore,, Il processo per la guerra fra le "cosche,, siciliane Buscetta nega gli incontri con i "boss,, "Andavo in giro per ragioni di cuore,, Il presunto "big" della malavita americana si è dipinto come perseguitato politico e rubacuori - Nel processo di primo grado fu condannato a 14 anni per aver sequestrato due rivali (Dal nostro inviato speciale) Catanzaro, 22 novembre. Uomo d'affari, rubacuori pentito, perseguitato politico: è Tommaso Buscetta, o meglio il suo autoritratto, perché la Commissione parlamentare antimafia lo descrive come un «big della malavita americana, implicato nel traffico della droga e nel contrabbando, con frequenti spostamenti a Sanremo, Ospedaletti e Nizza, quindi regolare spola tra Europa, Stati Uniti, Messico, New York». Tutto questo non è comparso nelle parole di Tommaso Buscetta questa mattina quando è stato interrogato dal presidente della corte d'assise d'appello di Catanzaro. In prima istanza egli era stato condannato a 14 anni di reclusione per il sequestro (all'epoca delle guerre tra «cosche»: 1956-1963) di due presunti mafiosi (Pi sci otta e Carollo) e per associazione a delinquere aggravata dalla scorreria in armi. Sia l'imputato, sia il p.m. avevano però presentato appello. L'imputato ha detto di aver conosciuto Salvatore La Barbera (fratello di Angelo) per che forniva materiale all'impresa Annaloro, con la quale egli era stato in trattative per diventare socio, trattative che poi non approdarono a risultati. Ha ammesso che la suocera acquistò da Annaloro due alloggi per cinque milioni. «La cifra sui documenti è bassa forse per motivi fiscali — ha spiegato —, so che erano stati pattuiti dieci milioni, ma sembra che gli appartamenti non fossero finiti all'atto della consegna e mia suocera potrebbe aver tolto le spese sostenute dal prezzo dell'alloggio ». — Presidente: «Lei conosce Sorge, Diaconia, Gnoffo?». Buscetta: «No. Gnoffo, che è mio coimputato per il sequestro di Pisciotta e Carollo, l'ho visto per la prima volta in aula; ero curioso di sapere chi fosse». In sostanza, per quanto riguarda l'amicizia, a Palermo e in Sicilia, con presunti mafiosi, Buscetta ha ripetuto «Non so», «Non ricordo»; entrò in contatto con parecchie persone con un unico scopo: gli affari dell'azienda, «che va bene», ha detto in aula il presunto boss, ma la difesa è intervenuta e ha subito precisato: «Che andava bene»; a questo punto il p. m., dottor Florio, ha protestato: «Buscetta sembra un manager in piena attività, pare quasi diriga ancora l'azienda, invece è in carcere, appena ritornato dal Brasile». I difensori hanno replicato; e il P/m.: «Non accetto provocazioni. Ho udito suggerimenti all'imputato». La polemica è continuata ancora per qualche minuto, poi il presidente Ferlaino è riuscito a placare gli animi. Buscetta ha detto di aver appreso dai giornali la strage di Villabate e di Ciaculli. Presidente: «Lei ha viaggiato spesso: è andato a Roma, Sanremo, St-Vincent. Era con La Barbera? ». Buscetta: «No; sono stato in parecchie città italiane per incontri sentimentali. So che facevo male, per la mia famiglia, ma c'erano questi motivi sentimentali e sessuali che mi spingevano. Ho agito male». Presidente: «Male o no, questo non c'entra. Mica dobbiamo darle l'assoluzione». Buscetta ha poi negato di essersi incontrato con alcuni presunti boss mafiosi nella capitale e, impietosamente, ha fatto il nome di alcune sue amiche. Ha ammesso di essere stato arrestato a Roma (prosciolto in istruttoria) e a Taranto (condannato a due mesi di carcere e 51 milioni di multa per contrabbando). Ha ammesso anche di essere stato in Valle d'Aosta, a StVincent. «Incontrai in quella cittadina — ha spiegato — alcuni conoscenti appassionati di tiro a volo. Ma io non ho mai sparato — ha tenuto a precisare, allungando il braccio come per giurare — andavo a vederli». Nel Ferragosto del 1962, Tommaso Buscetta si recò con la moglie e i figli in Argentina, poi negli Stati Uniti La famiglia risiede ancora in quel Paese. «Volevo sottrarmi alla curiosità della "tributaria", che mi perseguitava — ha detto l'imputato —, e so¬ prattutto fuggire dalla passione insensata per una donna» e ne ha fatto il nome. All'estero, Buscetta ha detto di aver fatto il manovale e il muratore («Farò avere alla Corte le dichiarazioni delle aziende in cui ho lavorato»), poi comprò una pizzeria e la gestì con i figli. Ma fu arrestato perché era in possesso di un passaporto con un falso nome spagnolo. Liberato, si recò in Brasile. «Con la mia reale identità — ha spiegato Buscetta — entra in un'azienda per la vendita di animali da macello, ma il mio socio era inviso per motivi politici ai governantisecondo loro era comunista. Venni sospettato anch'io, messo su un aereo a Rio de Janeiro, ma non in stato di arresto: quando giunsi a Roma mi misero le manette. Ora sono qui e chiedo scusa per i capelli lunghi, non è colpa mia, ma della burocrazia che da quindici mesi mi impedi sce di andare dal parrucchiere». Contrito, anticapellone, ingiustamente considerato sovversivo: niente capo mafia, anzi. «Tengo a precisare — ha detto Buscetta — che mai ho avuto un processo per traffico di droga». Presidente: «Buscetta, ci dica il nome del suo socio in Brasile». Buscetta: «Per motivi precauzionali, c'è gente e vi sono giornalisti, e per non nuocere al mio socio preferisco non farne il nome. Io sono stato espulso dal Paese come indesiderabile politico». Il p. g. ha fatto alcune contestazioni all'imputato, tra le altre quella secondo cui egli si contraddisse in due interviste concesse ai giornali. «Non ho mai rilasciato interviste», ha replicato Buscetta. (Una però l'ha concessa a un quotidiano di Napoli con il consenso del suo difensore, che l'ha ammesso stamane al termine dell'udienza). Sono stati anche sentiti Gaetano Badalamenti e Gioacchino Pennino, commerciante, accusato di associazione per delinquere. «JVora ho mai aderito a consorterie — ha detto Pennino —, ammetto di aver fatto alcuni viaggi a Sanremo e a Roma; non so nemmeno che cosa sia la mafia». Presidente: «Noi lo sappiamo, ma il difficile è definirla. Lei conobbe Tommaso Buscetta e Giacinto Bazara?». Imputato: «Si, li incontrai al Circolo della stampa dì Palermo, di cui ero socio». Presidente: «Conosceva Calcedonio Di Pisa?» (ucciso il giorno di Santo Stefano del 1962). Imputato: «Forniva il vino alla mia famiglia, per questo aveva in tasca il mio numero di telefono». Pennino ha detto di aver conosciuto anche Rosario Mancilo: «Mi ha venduto un terreno», Angelo La Barbera e Gioacchino Testa «perché si diletta di tiro a volo». Domani la parola tocca alla pubblica accusa. Piero Cerati