Storia e tradizione del lenzuolo che ricorda la Passione di Gesù di Marziano Bernardi

Storia e tradizione del lenzuolo che ricorda la Passione di Gesù Storia e tradizione del lenzuolo che ricorda la Passione di Gesù ;, , ,à &„ H , i .. ,. . ( sono' comc s^na1' ° f,"11^0 '• •» ! suggestione antica della fede od Vi sono genti di paesi lontani | per le quali Torino è la «città i della Sindone», come per altre è | il mito moderno del lavoro. La Sindone è un semplice panno, precisamente secondo l'etimologia greca un «panno di lino». ma di tutte le sacre reliquie [ sparse nel mondo è la più cele- j bre c venerata perché su di essa j sta l'impronta di un uomo già- ccntc nell'immobilità della mor- te, e in varie parli del corpo fe-1rito, che la tradizione cristiana Iafferma essere l'impronta del |corpo di Gesù. IPer accertarlo i credenti risai-1gono agli evangelisti sinottici, jDice Matteo: «E Giuseppe (Giù-1seppe d'Arimatea;, preso il cor- po, l'involse in un lenzuolo netto e lo pose nel suo monumento nuovo che egli aveva fallo tagliar nella roccia, e avendo rotolalo una gran pietra sull'apertai ra del monumento, se ne andò». ! Quasi simile il racconto di Marco: «Egli (Giuseppe), compera: lo un panno di lino, e trailo Gesù giù di croce, l'involse nel | panno e lo pose in un nionuj memo ch'era tagliato dentro una roccia». Uguale per Luca il | seppellimento, ma con l'accenno al sepolcro «nel quale nessuno era sialo ancora posto», e con I l'aggiunta dello stupore di Pieno nel non vedere, il mattino del giorno della Resurrezione, nella tomba null'altro che «le lenzuola che vi giacevano». Più | preciso Giovanni: «Ora venne anche Nicoclemo... portando in torno di cento libbre d'una componi-ione eli mirra e d'aloe. Essi adunque presero il corpo di Gesù e l'involsero in lenztioli con quegli aroma!i, secondo ch'i' l'usanza de' Giudei d'imbalsamare»; ed anche Giovanni vide poi «le lenzuola che giacevano», ed non giaceva bpcm [ un «asciugatoio chi j co» le lenzuola, ma era invailo j da parie in un luogo». Non pare dubbio, dunque, I che la spoglia sia stala avvolta 1 in un panno di lino dopo una ! ! I sommaria imbalsamazione. M | quel panno e la reliquia che si I conserva a Torino tra i funerei 1 marmi della famosa cappella j ideata dal Guarini? Non è que-j1 sto il luogo ne il momento (un . momento trepidamente solenne | | per innumerevoli fedeli) d'entrare in un problema che affatica tanti ferratissimi siiidonologi. Basti dire eh e legittimo supporre — come fu scritto dal monsignore Silvio Solerò — che tutti gli oggetti della Passione siano stati raccolti dagli apostoli e conservati con cura devota e segreta. E' in virtù di questa pietas che un cavaliere piccardo, Roberto di Clary, entrato in Costantinopoli coi crociati nel 1203, potè riferire di una Sindone che si esponeva al popolo ogni venerdì nella basilica di S. Maria di Blakerna. ma che i non si sapeva dove fosse andata a finire dopo la conquista? In quali mani cadde, domandava il Solerò, quando fu riparlilo il bottino tra i crociati? E come pervenne in Occidente il panno torinese? Della sua complicata storia, che lo segnala in vari luoghi di Francia, a noi importa soprattutto una abbastanza certa notizia: che il Sacro Lintco, per antonomasia la Santissima Sindone — tra i vari lenzuoli venerati per avere avvolto, secondo la tradizione cristiana, la salma del Redentore, quello che dà le più al¬ inqmmsgngusmI le garanzie di autenticità — in-1 n torno al 1452 o '53. già trasferì- f ! lo da Lirey nella Champagne a j s! Chambéry in Savoia, venne ceduto da Margherita di Charny. ad Anna di Lusignano, figlia del I bre di Cipro Giovanni II c mo- vLudovi-1 jglie del duca di Savoia . co, figlio di Amedeo Vili. Così | da allora la casa sabauda ne è pdproprietaria esclusiva. Per oltre un secolo la sede della Sindone rimase Chambéry, fu custodita in una grandiosa cappella con apposita collegiata di canonici, dove corse il rischio d'essere distrutta da un incendio nel 1532. La portò con sé nel suo triste peregrinare per il Piemonte invaso dai francesi il duca Carlo 11. Riparato da Vercelli a Milano, ne concesse l'ostensione al popolo dalla loggia del Castello Sforzesco, poi ripetuta a Nizza alla presenza del papa Paolo III, di Carlo V c di i Francesco I di Francia. Reinte- i r o a A o o e e i , l e e e a e a a e i o . o oom o o a ai utaeon e grato nel possesso dei suoi Stati, Emanuele Filiberto la restituì a Chambéry, donde, dopo un'apparizione ad Annccy per il matrimonio di Giacomo di Savoia con Anna d'Estc, la trasferì nel 1578 a Torino per abbreviare il pellegrinaggio a piedi da Milano di San Carlo Borromeo che intendeva adorarla. Gli si prostrò davanti il presule milanese nell'oratorio della Beala Vergine Addolorata, ch'è oggi il vestibolo della chiesa di S. Lorenzo, capolavoro del Guarini. Fu collocata successivamente nel palazzo vecchio ducale, detto di San Giovanni, nel duomo, nell'attuale Palazzo Reale, di nuovo nel duomo, e infine, dal primo giugno 1694, è conservata nella teca d'argento del sontuoso altare disegnato da Antonio Bertola, sotto la fantastica cupola guariniana, dalla cui mirabile maglia di archi intrecciati filtra nelle penombre del solenne mausoleo una luce surreale. Dal 1578, tolto uno «sfollamento» a Genova durante l'assedio del 1706, e un altro a Roma negli anni della seconda guerra mondiale, la reliquia non lasciò più Torino; e da allora le sue ostensioni si ripeterono frequenti dapprima, poi col passar del tempo sempre più rade. Di solilo venivan fatte, su un palco riccamente addobbato di volta in volta, utilizzando il così detto «Padiglione» che sorgeva in piazza Castello a chiudere la piazzetta reale, dove ora è la cancellata del Palagi coi Dioscuri del Sangiorgio; e la cerimonia si svolgeva con grande fasto di cortei, con la partecipazione del sovrano e della sua famiglia, dei dignitari dello Stalo, del clero, di tutto il popolo torinese che si assiepava anche sui tetti delle case. 11 duca, poi il re, riconosceva, toglieva, riponeva i sigilli dell'arca, le musiche echeggiavano, le campane squillavano, cento colpi di cannone rimbombavano dalla Cittadella. Memorabili le ostensioni sotto Carlo Emanuele 111 e Vittorio Amedeo III, quella del 1815 officiata dal pontefice Pio VII dopo la caduta di Napoleone. Infi- ile ì torinesi cinquantenni possono ricordare, allora ragazzini, quella del 1931 in occasione del matrimonio del principe di Piemonte, quando la Sindone rima- ' se esposta in duomo per venti giorni, contemplata da un milione e mezzo di visitatori e pellegrini stranieri. Ma il sacro lenzuolo, anche in un'epoca di incredulità positivistica, accese di colpo l'interesse mondiale quando si sparse la 1 notizia di ciò che aveva visto un fotografo torinese. Secondo Pia. j sviluppando la terza lastra della . I bacinella colma di reagente egli vide comparire «in negativo» e 1 prima fotografia, da lui eseguita, della Sindone nel 189S. Nella con straordinaria nettezza i se gni clic sul lenzuolo erano sempre apparsi incerti. Tal fu la sua commozione che quasi fu collo da malore. Per la prima volta dopo quasi venli secoli un uomo' aveva visto — egli dichiarò — l'autentico volto di Cristo. Marziano Bernardi i