Diede un bacio mortale alla sua ragazza La pena aumentata di un anno in appello

Diede un bacio mortale alla sua ragazza La pena aumentata di un anno in appello Istigazione al suicidio, otto anni anziché sette Diede un bacio mortale alla sua ragazza La pena aumentata di un anno in appello La tragedia il 1° dicembre 1971 in uno scantinato della fabbrica dove lavoravano L'accusa aveva richiesto una condanna a ventidue anni per omicidio volontario Istigazione al suicidio: la motivazione della sentenza in prima Istanza è stata confermata alle 21 di ieri al termine del processo d'appello a carico di Antonio Andreuccl, il capofficina della Crometal, che diede un bacio al cianuro a Maria Tummolo, 15 anni, la vittima di questo dramma. La pena è stata portata da 7 a 8 anni. Nella sostanza, tuttavia, 1 giudici hanno accolto la tesi della difesa, che sosteneva essersi trattato di un duplice suicidio, riuscito a metà. I patroni di parte civile, avv. Masselli e on. Spagnoli, hanno sostenuto che si è trattato di « omicidio del consenziente », non di istigazione al suicidio. Come si può spiegare — è stato il senso dell'arringa — che la ragazza sia rimasta sfigurata dal cianuro, mentre Antonio Andreucci ha riportato soltanto una lieve causticazione? Evidentemente, il capofficina della Crometal temeva uno scandalo e ha voluto troncare la relazione. Simulando il suicidio, intendeva mascherare la verità sulla morte della giovane, la sola che abbia veramente succhiato la pastiglia al cianuro. E lui? L'ha appena sfiorata. Quando è stato soccorso dagli operai, appariva ricomposto; due ore dopo il ricovero in ospedale era già perfettamente lucido. II procuratore generale dottor Caccia ha ripreso i motivi d'accusa della parte civile, sostenendo però che s'è trattato di omicidio volontario. Antonio Andre, ucci è un giovane sano di mente, intelligente ed equilibrato, non un succubo. Perché la messinscena del dramma? Per paura di uno n scandaletto ». Ha spinto la ragazza a ingerire la capsula e ha simulato il bacio, sfiorando appena il veleno. Ha chiuso l'arringa chiedendo per l'imputato una condanna a 22 anni per omi- oidio volontario e, in subordine, il massimo della pena (12 anni) per istigazione al suicidio. I difensori avv. Del Fiume e avv. Oberto h^nno messo a fuoco la personalità dell'imputato, «succubo di una volontà più forte» e « incapace di architettare un pia- no diabolico per uccidere la ragazza ». Il protagonista di una tragedia, non di un delitto: voleva morire con Maria Tummolo. Se non ci è riuscito, non è dipeso da lui. I giudici sono entrati in camera di consiglio alle 19. Poi la sentenza su questa storia d'amore e di morte. L'antefatto, in breve. La sera del primo dicembre '71 alcuni operai della Crometal trovano Antonio Andreucci riverso sulla scala. Lo portano alle Molinette. Poco dopo altri compagni di lavoro scendono nello scantinato. In mezzo alla stanza c'è Maria Tummolo, anch'essa dipendente della ditta, morta. Semisvestìta, intorno alla bocca segni di causticazìoni che si ramificano al naso, dove hanno corroso i tessuti fino all'osso. Più tardi Andreucci parla. « Ci volevamo bene da otto mesi, ma non era vero amore. Poi, in casa sua hanno scoperto qualcosa e abbiamo deciso di morire. Nello scantinato è avvenuto l'ultimo incontro. Lei ha acconsentito a essere mia e ci siamo dati il bacio dell'addio con la pastiglia di cianuro fra le labbra ». La versione è ritenuta attendibile dalla polizia e, in seguito, anche dalla magistratura. Il processo di primo grado, celebrato il 7 maggio, si conclude con una condanna del caporeparto a 7 anni per istigazione al suicidio e al risarcimento della parte civile. Dopo la sentenza, la madre della ragazza si lancia contro l'Andreucci e urla: « Assassino, assassino, mia figlia aveva 15 anni ». Infine, la richiesta d'appello, riesaminata ieri.