Gli oscuri legami con altre violenze

Gli oscuri legami con altre violenze Fascisti: i primi interrogatori a Padova Gli oscuri legami con altre violenze Il procuratore della Repubblica: "E' una faccenda grossa" - Scoperta l'allucinante formula del giuramento per entrare nell'organizzazione Il rituale negli scantinati con i fasci littori ■ Il dott. Viola a Padova Colloqui per Feltrinelli e Franca Rame? (Dal nostro inviato speciale) Padova, 14 novembre. C'è folla davanti al palazzo di giustizia. Si attende l'arrivo di Giampaolo Porta Casucci, lo sconcertante medico di Ortonovo di Sarzana, che avrebbe consegnato alla polizia il dossier contenente i progetti eversivi della cellula neofascista scoperta a La Spezia. La gente forma due siepi compatte ai lati della strada, vuol vedere questo personaggio arrestato per la « trama nera ». Porta Casucci giunge verso le 16,30 a bordo di un'auto scura, sotto abbondante scorta dei carabinieri. Balza dalla vettura e infila svelto il corridoio del tribunale, in mezzo alla tempesta dei flash dei fotografi. Le manette ai polsi, uno sguardo che sembra imperturbabile, cammina eretto e quasi marziale avviandosi verso la scalinata che conduce all'ultimo piano, dov'è la procura della Repubblica. « Ascensore », grida uno dei carabinieri della scorta. Così il medico di Sarzana fa un rapido die1 rofrònt e si lascia inghiottire dall'ascensore. Ancora lampi di macchine fotografiche, qualche abbozzo di domanda che si perde nel vuoto, poi Giampaolo Casucci scompare, muto, dietro la porta dell'ufficio del procuratore, dr. Aldo Fais, seguito dal suo difensore, avvocato Furio Rapelli, di La Spezia. Comincia così la serie di interrogatori a carico dei protagonisti di questa inquietante vicenda fatta di vaneggiamenti repubblichini, di liste di proscrizione, di mappe con crocette che indicano punti strategici da conquistare. Le indagini corrono lungo la « pista nera » del Veneto, e non si sa dove possano arrivare. C'è, ad esempio, chi non esclude la possibilità che l'inchiesta faccia riemergere figure già note della sovversione fascista, definisca i contorni di un presunto « governo ombra » di cui sarebbero state gettate le basi in questi ultimi tempi. « Per il momento non posso dirvi nulla — precisa il dr. Fais — ma credo che vi possano essere a breve scadenza novità importanti. Questa è una faccenda grossa ». Il procuratore della repubblica di Padova vuole sapere molte cose da Giampaolo Porta Casucci, ha in serbo una lunga fila di domande da rivolgere al medico spezzino. Il magistrato fruga tra le pieghe di quello sconvolgente dossier, nel tentativo di mettere insieme tutti i particolari di quel folle progetto di « golpe » all'italiana. Tra i documenti che stavano nei cassetti della cellula neofascista della Spezia c'era anche la formula di giuramento per gli aderenti. Il camerata arruolato diceva così: « Consapevole e cosciente del giuramento che faccio davanti a Dio e agli uomini, accetto e m'impegno di servire, obbedire e combattere con tutte le mie forze, mentali, morali, fisiche, e se necessario con la vita, la causa del comitato d'azione Risveglio Nazionale, che rispecchia il credo del fascismo e la sua intransigente fede verso la patria ». Ripreso fiato, l'avanguardista continuava: « Coerente con i miei ideali di fascista, lotterò a oltranza per il compimento e la completa realizzazione dei 18 punti di Castelvecchio della repubblica sociale italiana. Combatterò contro tutti i partiti in lizza che sostengono o si adattano al sistema vigente del regime attuale e contro la eversione di qualsiasi colore e tipo, affinché col sacrificio trionfino i postulati musso- lìniani, viatico essenziale per la rinascita della nazione, così duramente mutilata dalla zavorra preponderante che la governa. Lo giuro, viva l'Italia ». Questo sinistro rituale si svolgeva probabilmente in qualche scantinato addobbato di fasci littori, di grandi ritratti del duce in elmetto, di manifesti che riesumavano il tragico « Credere, obbedire, combattere ». Al giuramento si accompagnava un brano dello statuto della cosiddetta « giunta esecutiva sociale italiana», che imponeva: «I componenti il comitato dovranno accettare implicitamente, senza riserva, gli ordini che vengono impartiti e devono sentirsi responsabili in qualsiasi evenienza, pena la morte in caso di deviazione. Qualsiasi elemento facente parte del comitato risponderà con la vita delle proprie azioni ». Forse un tribunale speciale aveva il compito di processare i deviazionisti. Gli appartenenti alla cellula avevano anche un distintivo: un bracciale tricolo re sul quale era cucita l'immagine di un'aquila, con accanto la scritta stampigliata della « 18" legione Italia ». Questo l'apparato con cui i neofascisti della Spezia si preparavano a sovvertire le istituzioni democratiche. Nel fol le programma, oltre alla lista delle 1617 persone da eliminare, c'erano piani di oc cupazione di città, azioni di guerriglia predisposte nei particolari. Un progetto in cui si sommano, sopra la funesta retorica di Salò, tutti i rigurgiti della violenza fascista. Ora la magistratura sta lavorando intensamente per cercare di stabilire l'estensione di quel piano, quali erano i confini dell'attività della famigerata « rosa dei venti » se ci sono altre presunte re sponsabilità, se la trama con duce ai mandanti, ai sovvenzionatori. Un lavoro duro, senza dubbio, ma dal quale si attendono risultati che consentano di diradare le inquietudini che sono andate addensandosi in questi giorni. Intanto, mentre l'inchiesta procede speditamente, restano insistenti le voci di colleGiuliano Marchesini (Continua a pagina 2 in quinta colonna) Il giudice Fais