Tito è accolto da Breznev a Kiev mentre anche Arafat è in Russia di Paolo Garimberti

Tito è accolto da Breznev a Kiev mentre anche Arafat è in Russia Una serie non casuale di visite in Unione Sovietica Tito è accolto da Breznev a Kiev mentre anche Arafat è in Russia I motivi della visita del Presidente jugoslavo: riaffermazione di autonomia e Medio Oriente - L'invito al leader di Al Fatah : un riconoscimento dei palestinesi (Dal nostro corrispondente) Mosca, 12 novembre. Con un triplice, caloroso abbraccio a Tito e un compito baciamano alla signora Jovanka, Leonid Breznev ha salutato oggi, all'aeroporto di Kiev, gli ospiti jugoslavi, giunti nell'Unione Sovietica per una brevissima visita «d'amicizia». La crisi mediorientale è il pretesto per questa visita (che sarebbe stata sollecitata dal presidente jugoslavo) e il tema principale dei colloqui tra Breznev e Tito, iniziatisi questo pomeriggio. Il negoziato mediorientale ha ora un'appendice nell'Unione Sovietica, arricchita dalla presenza a Mosca (per ora non confermata ufficialmente) di una delegazione del movimento di resistenza palestinese, guidata da Yasser Arafat, il leader di Al Fatah, e da Georges Habbash, Arafat — che è già venuto altre volte nella capitale sovietica, ma che per la prima volta è stato invitato dal governo dell'Urss, con una procedura che costituisce un riconoscimento di fatto dei palestinesi come nazione — sarebbe stato convo- cato a Mosca per discutere la possibilità di una partecipazione dei guerriglieri palestinesi ad una conferenza di pace per il Medio Oriente, e della creazione di una nazione palestinese in territori ora occupati da Israele. Secondo indiscrezioni, Arafat e Habbash dovrebbero incontrarsi con uno dei tre massimi dirigenti sovietici: essendo Breznev a Kiev, probabilmente con Kossighin (che si è occupato direttamente della crisi mediorientale) o Podgorny. Le visite di Tito e di Arafat s'incrociano e forse non casualmente. Secondo fonti jugoslave, il messaggio inviato da Tito ai leaders dei Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu ripeteva, nelle grandi linee, la risoluzione sul Medio Oriente approvata dalla conferenza di Algeri, all'inizio di settembre. In quel documento, i «non allineati» — dopo aver minacciato di «prendere misure collettive o individuali» se Israele avesse insistito «nel suo atteggiamento di sfida alla comunità internazionale» — reclamavano «il ristabilimento del popolo palestinese nei suoi diritti e il ritiro immediato e incondizionato di Israele da tutti i territori occupati», impegnandosi ad «aiutare l'Egitto, la Siria e la Giordania a liberare con tutti i mezzi i ter- rit°ri occupati». Questi propositi non differiscono da quelli espressi dai sovietici prima e durante la\ quarta guerra n.ediorientale. | «Le posizioni dell'Unione So- vietica e della Jugoslavia sul Medio Oriente — ci ha detto una fonte jugoslava — non divergono, salvo sul fatto che la pace in quella regione, come in tutto il mondo, non può essere soltanto l'affare di due Paesi, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica». La diplomazia del «duopolio» — che si è consolidata proprio con la guerra del « Kippur » — inquieta i «non allineati», ma soprattutto la Jugoslavia, gelosa di un'autonomia nei confronti dell'Unione Sovietica, che trova nella «santa alleanza» russo-americana più motivi di diffidenza che di soddisfazione. Dunque, in questa visita di Tito s'intrecciano motivi diversi e complessi. Il Medio Oriente è certamente il motivo di fondo del viaggio del presidente jugoslavo, insieme con i problemi della sicurezza europea. Ma — come spesso accadde in passato, sempre in momenti di crisi — la leadership del «non allineamento» serve a Tito come pretesto e come copertura per correre a Mosca (con un'autorità ben maggiore di quella corrispondente alla potenza e alle dimensioni politiche del suo paese) a riaffermare l'autonomia jugoslava rispetto al blocco socialista. Paolo Garimberti