La tenda del disaccordo di Sandro Viola

La tenda del disaccordo Dopo la firma del patto tra Egitto e Israele La tenda del disaccordo Appena sottoscritto il documento, sono cominciate le schermaglie per interpretare i punti (le linee del 22 ottobre, un posto di blocco che gli israeliani non vogliono cedere all'Ònu) (Dal nostro inviato speciale) Il Cairo, 12 novembre. Per un lungo momento, nessuno dei testimoni dell'incontro tra egiziani e israeliani, ieri, sotto la tenda del chilometro 101, aveva voluto cogliere i segni negativi che pure costellavano la scena. Il movimento di blindati che aveva preceduto l'arrivo di Aharon Yariv, la freddezza ostentata con cui le delegazioni si guardano l'un l'altra, o il piccolo colpo di mano che un gruppo di soldati egiziani (i quali, come si vede dopo, parlano inglese: dunque quasi certamente studenti universitari) aveva tentato un attimo prima dell'arrivo dei due generali, provando a piantare una bandiera egiziana — e rischiando così uno scontro a fuoco — di fronte a quella di Israele che segna il controllo del chilometro 101. C'era in tutti come uno sforzo di non discernere, nell'evento, altro che il suo valore simbolico, il peso storico. Ciò che importava, che sembrava importante quando le due delegazioni erano en¬ trate sotto la tenda dell'Onu, era l'eccezionalità di quello che stava accadendo. Perché dopo 25 anni di intransigenza israeliana e di « rifiuto arabo », ieri 11 novembre, su un lembo di deserto di fianco alla strada Cairo-Suez, stava cominciando un dialogo che soltanto due mesi fa nessuno si sarebbe sentito di pronosticare. Venti minuti più tardi, invece, era già chiaro che i segni negativi andavano ormai prevalendo su quelli positivi. Certo, intorno alla tenda verdastra tutto appariva normale: dal deserto si levava un leggero pulviscolo, gli israe-liani con i capelli lunghi ridevano nelle loro trincee, sui dorsi delle dune passavano lenti i blindati, il sole scintillava sulle baionette innestate dei Caschi blu. Ma dentro alla tenda, qualcosa non andava. L'accordo in sei punti era stato controfirmato dalle parti alcuni minuti dopo l'inizio dell'incontro, e quella firma era poco più di una cerimonia. Il fatto più importante e decisivo era infatti già avvenuto, al Cairo e a Tel Aviv, quando i due governi gare l 1 avevano dichiarato di accettare il « piccolo piano » Kissinger. Come mai, quindi, le due delegazioni continuavano a rimanere sotto la tenda? Ci si era atteso che le parti scambiassero qualche discorso sull'applicazione dei sei punti, che varassero un calendario di nuovi incontri. Ma non era questo che stava accadendo sotto la tenda del chilometro 101. Da non più di una quindicina di metri vedevamo il generale Yariv parlare e parlare, muovere nell'aria il grosso sigaro che aveva acceso, ora stringersi nelle spalle, ora aliarle braccia. Di fronte a lui, gli egiziani sembravano impietriti. Pallido, i folti baffi neri sul viso magrissimo, il vicecapo di stato maggiore Abdel Gani el Ghamazi teneva lo sguardo abbassato sul tavolo. Fermi, muti, erano anche gli altri componenti della delegazione egiziana. Solo il comandante delle truppe dell'Onu, generale Silasvuo, apriva di quando in quando la bocca: ma erano frasi brevissime, cui Yariv continuava a contrapporre lunghi e serrati discorsi. Mezz'ora, quarantacinque minuti, un'ora. Un paio di volte si era visto el Ghamazi sporgersi dalla sua sedia e dire poche parole, e più avanti chiedeva delle carte ad uno dei suoi collaboratori. Questo, da parte egiziana, fu tutto. Ora avevano smesso di parlare anche quelli dell'Onu, e lo stesso Yariv parlava meno, con lunghe pause, di nuovo allargando le braccia. A questo punto l'incontro era stato interrotto. La sera stava calando, un bulldozer scavava la postazione interrata di due carri armati israeliani, e il portavoce dell'Onu corse ad annunciare che gli egiziani avevano chiesto di potersi consultare da soli. Lo show del chilometro 101 era finito, i giornalisti dovevano rientrare al Cairo. La notizia di quello che era accaduto sotto la tenda dell'Onu giunse in città prima dei giornalisti, per telefono. Firmato l'accordo, gli israeliani avevano fatto presente di voler discutere, sottoponendoli ad interpretazione, alcuni punti del « piccolo piano ». Uno di cui già si sapeva che sarebbe stato di applicazione controversa (le linee del 22 ottobre), un secondo venuto fuori improvviso (controllo del posto di blocco al chilometro 101, che secondo l'accordo doveva automaticamente passare ai Caschi blu e che gli israeliani non intendevano invece lasciare), e pare — in seguito — uno o due altri punti. Quella automatica stabilizzazione della tregua che ci si attendeva dall'incontro di ieri, era dunque, almeno in parte, un'illusione. Al chilometro 101 non si era deciso niente, si era soltanto cominciato a discutere. Poche ore dopo, nella notte tra domenica e lunedì, veniva il proclama del ministro della guerra egiziano, generale Ahmed Ismail Ali, ai suoi ufficiali e soldati. Un j proclama che per essere stato emesso il giorno dello « storico incontro », ha un suono troppo guerresco, e | che rappresenta in realtà la reazione del Cairo alla sor1 presa subiia da El Ghamazi i dinanzi ai discorsi di Yariv. Tenersi pronti, dice il ministro egiziano, a rientrare in azione a qualsiasi momento; se il nemico non rispetta la tregua, attaccarlo e colpirlo ir. modo decisivo; l'esercito egiziano ha la possibilità di liquidare la sacca israeliana sulla costa Ovest del Canale. Così, oggi, mentre nella tenda nel deserto continuano minuziose e interminabili, da parte israeliana, le richieste di chiarimento, le proposte di interpretazione dell'accordo, la messa a punto dei dettagli di procedura, la scena di ieri appare già ridimensionata. Essa andava «letta» per quello che era, e non per quello che si sarebbe voluto che fosse. Tutte quelle canne brunite di mitragliatrice, il va e vieni delle autoblindo, le facce gelide dei generali, i tavoli della tenda con sopra le coperte militari, non erano che lo sfondo di una tregua d'armi. Nient'altro che questo: il che vuol dire che i discorsi sulla pace devono restare ancora molto cauti, sospesi giorno per giorno all'altalena dei segni buoni e cattivi che verranno dai due schieramenti. Sandro Viola

Persone citate: Abdel Gani, Aharon Yariv, Ahmed Ismail, Kissinger, Yariv

Luoghi citati: Cairo, Egitto, El Ghamazi, Il Cairo, Israele, Tel Aviv