L'Italia è in Europa? di Renato Proni

L'Italia è in Europa? Un convegno a Bologna del "Club 2000,, L'Italia è in Europa? Troppo spesso il nostro Paese si è trovato ai margini della vita comunitaria, ha mancato ai suoi impegni, addirittura ha rinunciato ai benefici che gli spettavano - Sono le "strutture" a differenziare l'Italia dai partners europei - "Meridionalizzazione" (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 10 novembre. L'Europa, oggi, è arrivata a Bologna. In un grande albergo cittadino, un centinaio di persone hanno discusso di « Seconda lappa », « Preferenze inverse » e « Politica regionale ». Si è aperto così il convegno di due giorni organizzato dal « Club 2000 » (al quale aderiscono in prevalenza dirigenti industriali interessati ai problemi politici e culturali) sul tema scottante e sempre di attualità: « L'Italia è in Europa? ». La domanda è retorica solo all'apparenza. Troppe volte in passato il nostro Paese si è trovato ai margini della vita dell'attività comunitaria, spesso esso ha mancato ai suoi impegni, ha rinunciato a far sentire la sua voce e talvolta persino ai benefìci che gli spettavano. Giustamente, dunque, il dott. Piero Bassetti, presidente della Regione lombarda, nell'aprile i lavori del convegno ha detto che il quesito sull'Italia può essere di natura salottiera ma anche di carattere storico. Bassetti ha tentato subito una risposta: « Una parie dell'Italia è quasi dentro l'Europa, una parte non si sa e una terza parte quasi certamente non lo è ». Il punto fondamentale, però, ha sostenuto il presidente Bassetti, è quale Italia e quale Europa vogliamo e chi ci porterà nell'Europa che noi desideriamo. Ha preso poi la parola Bino Olivi, portavoce della Commissione Cee, che ha fatto l'intervento principale della giornata. Olivi « sofTrc » la creazione dell'Europa da molti anni, ha idee precise sul ruolo italiano nella Cee e le ha anche esposte con lucidità nel volume « Da una Europa all'altra ». Egli ha fatto quindi una limpida analisi dell'attuale fase di integrazione europea. Secondo il portavoce della Comunità, siamo alla vigilia di decisioni, in un momento di particolare fermento e di cambiamento della struttura europea che influenzeranno l'Europa per un decennio. Olivi ha definito « uno dei fatti politici più importanti del dopoguerra in Europa » la dichiarazione comune fatta dai nove ministri degli Esteri dei Paesi della Cee sul Medio Oriente a Bruxelles il 6 novembre. Passando poi ad esaminare la situazione dinamica interna della Comunità, egli ha riconosciuto che il punto di crisi fu raggiunto con la scomparsa delle motivazioni, con il conscguente fallimento della teoria che, mediante misure di carattere economico, si potesse arrivare alla integrazione politica. Olivi, invece, sostiene che « la politica dovrà prevalere sugli aspetti economici ». La dichiarazione dei Nove del 6 novembre non è, quindi, solo la proiezione esterna di questa necessità ma un impegno implicito a proseguire su questa via. 11 14 e il 15 dicembre, a Copenaghen, i capi di Stato e di governo dei Nove parteciperanno ad un nuovo vertice per consolidare soprattutto la cooperazione politica e ridare vigore al processo di integrazione, in vista dell'Unione europea per il 1980. A proposito di ciò, Olivi ha detto che all'Europa « non si deve arrivare con la violenza di un vertice » e con una serie di compromessi fra i capi, tanto più che resta l'incertezza sugli obiettivi finali. Ed ha sostenuto l'opportunità di raggiungere un nuovo trattato, cioè un patto tra europei, mediante un meccanismo decisionale più democratico. 11 prof. Romano Prodi, economista dell'Università di Bologna, ha espresso l'opinione che « la nave Italia è tutta una beffa » e che ci stiamo allontanando dall'Europa. Ci sono discrete similitudini di sviluppo tra il nostro Paese e le altre nazioni europee, egli ha detto, « ma le strutture sono diverse ». In sostanza, la posizione dell'Italia nella Cee viene rimessa in discussione, ha detto Prodi, « ora che il reddito prò capite degli italiani è di quasi duemila dollari all'anno, mentre eravamo saldamente europei nel 1950 quando il reddito era di 650 dollari a testa ». « Per distribuzione di reddito e globalmente, ha quindi dichiarato il prof. Prodi, il nostro Paese è in realtà in Europa ». Il giornalista Enzo Forcella, facendo un quadro culturale, ha detto che l'Europa neo-capitalista non porta avanti i valori « borghesi » e che il divario tra l'Italia e le altre nazioni della Cee si sta ampliando al punto che esiste un rischio di emarginazione « La meridionalizzazione — egli ha detto — diviene politica e culturale ». Secondo Forcella, c'è stato uno scontro tra il Nord borghese riformista e il Centro Sud agrario, conservatore e paleocapitalista, ma il riformismo può rinascere. « L'Italia è in Europa — ha detto invece, con vigore, Silvano Levrero della Cgil — perché tutto il suo processo economico è omogeneo a quello europeo ». Si tratta, però, di decidere quale Italia e quale Europa noi vogliamo, cioè (d'Europa dei lavoratori, oppure l'Europa dei monopoli? ». Il rappresentante della Cgil ha detto: « Il problema di fondo è la ristrutturazione della grande industria italiana. E' necessaria una serie di battaglie per evitare le dispersioni nella accumulazione e nella distribuzione del reddito non solo a livello italiano ma in una proiezione europea diretta anche verso il Terzo Mondo ». Per il norvegese J. Galtung, « la Cee è una mafia internazionale con un clientelismo internazionale ». L'intervento di questo professore di « ricerche sulla pace » all'Università di Oslo è stato un po' sbalorditivo ma interessante. Egli ha detto che « l'Europa è classistica e favorisce i mercanti e il sistema capitalista », che la Cee ha trasformato gli imperialismi dei suoi singoli Stati in un unico imperialismo centralizzato. La Cee dunque è, secondo il prof. Galtung, l'impero più grande del mondo. Il professore norvegese intravede chiari segni del riarmo nucleare europeo e non esclude un intervento militare dell'Europa se i Paesi sottosviluppati le negheranno le materie prime. Per queste ragioni, egli ha concluso, «sono felice di non essere dentro l'Europa ». In serata si è svolta una tavola rotonda con la partecipazione dei giornalisti Hale, Noel, Barbieri e Wiicher, sotto la presidenza del prof. Giuseppe Petrilli. Il signor Hale, corrispondente del Sunday Times, ha detto che si tratta di decidere avremo un'Europa di nazioni-Stati oppure una comunità basata sulle istituzioni sovrannazionali. Egli ha aggiunto di vedere in Italia delle cose positive per la creazione dell'Europa futura, nelle sue espressioni sociali ed economiche. Perciò, ha concluso, « gli italiani non devono avere alcun complesso di inferiorità ». Ha parlato poi Albert Wiicher, presidente del gruppo dei corrispondenti esteri in Italia. Wiicher ha sferrato un duro attacco alle istituzioni italiane, alla nostra burocrazia e allo stesso sistema di vita, partendo da piccole esperienze personali e dalle sue osservazioni di giornalista. Egli ha sostenuto che ciò che è tipicamente italiano (o tedesco) distrugge il processo di integrazione europea. Secondo Wiicher « lo Stato italiano è il più grosso problema ». Egli ha inoltre affermato che la dichiarazione comune sul Medio Oriente di Bruxelles rappresenta una Monaco per l'Europa e che in futuro si può prevedere una quarta potenza mondiale non nei Paesi della Cee, ma in quelli petroliferi arabi. Wiicher ha poi criticato il nostro sistema bicamerale, che approverebbe leggi mal elaborate e con enorme ritardo, come è il caso dell'Iva e dell'assicurazione obbligatoria per le automobili. Egli ha poi sostenuto che le strutture italiane devono essere migliorate. «Non ha senso parlare d'Europa, se mancano le poste, gli aeroporti, se è difficile penetrare le dogane ». Ha preso poi la parola il giornalista jugoslavo Frane Barbieri, di Politika. Egli ha affermato che la dichiarazione dei Nove del 6 novembre scorso di Bruxelles sul Medio Oriente non rappresenta affatto una nuova Monaco, ma è d'accordo con Bino Olivi nel ritenerla un importante passo europeo. Ha ribadito che ogni decisione europea che non corrisponda ad una determinata politica americana non può essere presentata come una nuova Monaco. Il presidente dell'lri Giuseppe Petrilli ha poi dichiarato, a proposito della « nuova Monaco » dei Nove: « Secondo me questa decisione è felice e rappresenta il primo buio alla pacificazione nel Medio Oriente: l'unico disappunto è che essa sia giunta troppo tardi ». Petrilli ha poi detto, rispondendo ad una domanda del vero contri-1 ' giornalista jugoslavo, che le industrie a partecipazione statale non si possono integrare attualmente dato che non esiste uno Stato comunitario, ma quando esso esisterà il problema si porrà in termini forse concreti. Renato Proni