I generali e Peron di Livio Zanotti

I generali e Peron L'Argentina dopo la restaurazione giustizialista I generali e Peron II "movimiento" cerca di riconquistare l'appoggio delle forze armate, che diciotto anni fa rovesciarono il Presidente ora rieletto - Un dialogo limitato e difficile, che solo pochi mesi fa sarebbe stato impensabile - Il notevole peso, anche economico, dell'esercito argentino (Dal nostro invialo speciale) Buenos Aires, 9 novembre. Sul palco d'onore, al centro, ci sono Oscar Bidegain e il generale Raul Carcagno: l'uno governatore della provincia di Buenos Aires, nazionalista della prima ora, amico personale di Perón e adesso simpatizzante per la sinistra del Movimiento, l'altro comandante in capo dell'esercito, successore di Lanussc e Ongania. Hanno accanto le massime gerarchie dell'arma e i dirigenti della gioventù peronista, tutti insieme, per la prima volta. E' la cerimonia che conclude i lavori di bonifica portati avanti nelle zone alluvionate della Pampa dai reparti militari e ottocento militanti giustizialisti, a fianco a fianco per varie settimane. L'iniziativa l'hanno battezzata Operativo Dorrego ed è slato questo il primo segno che si trattava di un'azione politica prima ancora che di un intervento di soccorso alle zone disastrate. Perché il colonnello Dorrego, fucilato nel 1828 dal generale Lavalle, è celebrato dal revisionismo storico argentino come un eroe dell'autentico nazionalismo di fronte agli interessi esportatori dei commercianti di Buenos Aires, «unitari» e cosmopoliti. I soldati sfilano con i fucili in spalla, preceduti dalla fanfara; i giovani peronisti, divisi in brigate, levano in alto cartelli con i nomi dei caduti guerriglieri e inneggiano ai montoneros. Se sul palco c'è imbarazzo, nessuno lo mostra. Il clima è cordiale malgrado sia chiaro a tutti il senso racchiuso da questa parata. Nel mezzo di polemiche non ancora spente, i giovani peronisti hanno accettalo di partecipare alVOperativo Dorrego nell'intento di avviare una campagna di propaganda nelle Forze armate, che diciotto anni fa rovesciarono Perón costringendolo all'esilio. Ma una volta sul lavoro, hanno dovuto fare i conti con le precauzioni che di fronte a tale possibilità avevano preso gli ufficiali responsabili dei reparti militari. II dialogo, dicono oggi, è risultato limitato c difficile. Per l'esercito è stata un'occasione per mostrarsi diverso dal passato, da un passalo lontano appena pochi mesi, quando sarebbe stata impensabile la sola idea di mettere giovani peronisti a contatto con i soldati. Ad averla resa possibile è oggi la necessità per il peronismo di stabilire nuove relazioni con le Forze armate e viceversa. Sette anni di regimi militari hanno compromesso profondamente il prestigio delle Forze armate presso la maggior parte degli argentini. I risultati delle elezioni del marzo scorso ne sono una prova incontestabile. Gli uomini nuovi saliti ai vertici della gerarchia militare lo sanno e vogliono porvi rimedio. Primo tra questi è il generale Carcagno, 51 anni, una carriera compiuta quasi completamente nei ranghi della fanteria. Sarebbe stata appunto questa sua origine ad averlo fatto preferire tra numerosi altri aspiranti, quando il 25 maggio scorso il presidente Camperà dovette decidere a chi affidare l'Arma più potente delle forze armate argentine. Una tradizionale rivalità ha sempre diviso la fanteria dalla cavalleria, che costituisce un corpo di élite, d'estrazione sociale assai alta, dal quale sono venuti fuori negli ultimi dieci anni tutti i massimi gradi dell'esercito, da Pistarini, a Ongania, a Lanussc e Lopez Aufranc «L'esercito non obbedisce a un nomo né stringe patti con i par liti, bensì appartiene irrevocabilmente alla nazione, per difendere la sua integrità, il suo gover no, le sue leggi», ha dichiarato Carcagno annunciando la nuova dottrina del corpo armato che comanda e al quale intende dare un'immagine di neutralità. Non è del resto eccezionale che militari latinoamericani accettino il ritorno costituzionale di governi populisti abbattuti a suo tempo con le armi. In Ecuador, José Maria Velazco Ibarra ha potuto riprendere in tre successive occasioni la guida del Paese, dopo esserne stato cacciato altrettante volte. Il brasiliano Getulio Vargas, che molti comparano a Perón, fu costretto ad abbandonare il potere nel 1945 sotto l'accusa di essere un dittatore fascista e nel 1949 venne nuovamente eletto da una grande maggioranza. Nel 1952, Victor Paz Estenssoro ottenne di riassumere legalmente il governo boliviano e con esso l'eredità del colonnello Gualberto Villarocl (del quale era stato ministro delle Finanze), impiccato dai militari insorti nel 1946. In Argentina, i radicali espul- si dalla Casa Rosada con Irigoyen nel 1930, vi rientrarono vcnlotlo anni dopo con Frondizi c poi con lilla, a sua volta caduto sotto il golpe del generale Ongania nel 1966. Nel caso dei militari argentini, il cui interventismo in politica ha tracciato una lunga tradizione di colpi di Stato, essi non rappresentano soltanto i difensori istituzionali delle frontiere nazionali: inseriti come sono organicamente nel sistema di gestione dello Stato, vi possono ben convivere con un governo civile senza il timore di venirne in qualche modo emarginati. Tra i padri del moderno esercito della Repubblica non si enumerano soltanto geniali strateghi e campioni di cavalleria, ma anche tecnici e capitani d'industria. L'impresa Yacimientos Petrolijeros Fiscal, l'Eni argentina, è stata creata dal nulla quarant'anni addietro da un accorto generale, Enrique Mosconi, considerato il precursore di una politica energetica nazionale. Ed è un altro generale, Manuel Savio, il padre della siderurgia argentina, ancora oggi monopolio di Stato. Ufficiali delle tre Armi dirigono attualmente Fabricaciones Militares, un gruppo che opera nei settori siderurgico, meccanico, estrattivo, petrolchimico e nel 1972 ha prodotto un fatturato di 35 milioni di dollari. Sono ingegneri e «managers» ormai ben più adusi al mondo dei consigli di amministrazione che a quello delle caserme, e che alle armi da fuoco preferiscono quelle dell'alta finanza. Sotto di essi, quattordicimila operai distribuiti in 14 fabbriche producono acciaio, esplosivi, carbone di legna, vagoni ferroviari. Fabricaciones Militares, che ha appena inaugurato la sua prima esposizione nazionale, provvede in parte anche alla costruzione di materiale bellico per le Forze armate: un cannone svizzero da 50 millimetri, il carrarmato «Amx-13» su licenza francese, un «trasporto blindalo» leggero | anche di modello svizzero, 2 di-1 versi tipi di aerei antigucrriglia, I mitragliatrici e fucili da caccia. | Sono questi — oltre ai diretti j vincoli, spesso familiari, che ! mia parte dell'alia ufficialità ha ; con i glandi latifondisti e alleva-1 lori dell'interno— i fondamen- ' tali dati di fatto dai quali i pero- \ nisti prendono le mosse per co-1 struire un equilibrio nei rappor-1 ti con le Forze armale, dislimo! dal passato. Perón sa bene che l per avere il potere reale deve ar- ! rivare ad assicurarsi anche il j pieno controllo di quella che i ■ sociologi definiscono «violenza ; istituzionalizzata», o quanto me-' no averla sicura alleala. E' dun- que impensabile che riduca la spesa militare, che secondo alcu-, ni esperti oscilla attorno ai 500 ; milioni di dollari annui. ! " terreno è tanto complesso l quanto delicalo. Uno dei consi! glieli della Casa Rosada ha detj lo recentemente che a dei gene■ rali filo-peronisti ma isolati dal ; grosso degli ullìciali Perón pre' ferisce comandanti non peroni sii però effettivamente rapprc- sentativi della volontà delle For- , ze armate, perché con questi ul- trattare c intendersi. Livio Zanotti ; timi può Buenos Aires. Il presidente Juan Domingo Perón durante un recente comizio nella capitale (Foto Grazia Neri)

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