Lo speziale misterioso di Guido Ceronetti

Lo speziale misterioso FARMACIA E STORIA Lo speziale misterioso Erano un re e una regina, vissuti nelle delicatezze, e stavano per essere ghigliottinati, eppure facevano un uso esemplarmente moderato delle preparazioni del farmacista al loro servizio. Questa moderazione è rimasta consegnata agli Archivi, in una Memoria dei medicamenti fomiti al Tempio per Luigi Capeto, sua moglie, sua figlia e i suoi domestici dal cittadino Robert apoticario autorizzalo dal Comune per questa fornitura, di cui dà notizia la Revue d'Hisloire de la Pbarmacie, settembre 1958. La reclusione della famiglia reale al Tempio comincia il 13 agosto 1792, ma per qualche mese i prigionieri non sembrano aver fatto richiesta di medici e di farmacisti. Alart-Joseph Robert, primo apoticario del re, diventato il cittadino Robert, fornirà i primi medicamenti in novembre, su ricette dei dottori Le Mosnier e Brunier. A Luigi XVI vengono portate a più riprese, e quasi esclusivamente, bottiglie di siero di latte o petit lail, da prendere tiepido, a bicchieri, durante la mattinata. Ricordo molieresco; il petit lait è nel conto dell'apoticario Fleurant ad Argan, il malato immaginario: una dose di petit lait per raddolcire, lenire, temperare e rinfrescare il saligli? del signore, venti soldi. Rinfrescare, fare scorrere meglio il sangue di un condannato al taglio della testa, ecco un'idea dei medici veramente pratica e caritatevole. Fleurant mette la sua dose venti soldi e Argan corregge: dieci. Nel conto di Robert al Tempio la bottiglia di petit lait costa esattamente dieci soldi. Ma il conto saliva coi supplementi, perché il farmacista si faceva pagare la carrozza dal Lussemburgo al Tempio, e altro denaro andava a un assaggiatore, che per ordine del comune doveva degustare preventivamente tutte le medicine destinate ai prigionieri. La farmacia è interessante come l'amore, ma molto più misteriosa. Se un abile ispettore del cuore umano può arrivare a sciogliere qualche sua smorfia complicata, a stanarne qualche piega sepolta, in tre o quattrocento pagine d'intrigo psicologico o con lo spintone di una massima imprudente, come spiegarsi la presenza, tra le droghe medicinali egiziane (papiro Ebers) delle lacrime di coccodrillo? Le avrà avute Galeno, nella sua bottega sulla Via Sacra? Lacrime di coccodrillo per le nevrosi inimitabili di Nefertiti? E quale arte per procurarsele? Far divorare al nilotico un bambino e aspettare, nello snervante canneto, il singhiozzo annunciatore di una soddisfatta lacrimazione? Oh pastiglie di manna! Oh balsamo di Tolù! Le sciagurate mummie non parlano. La pubblicità farmaceutica nel tempo merita studio attento, come qualsiasi tavoletta cuneiforme che tratti di commercio o di malocchio: da tutto esce una buona occasione di capire pochissimo il divino microcosmo umano. Ecco un notevole testo che estraggo da un celebre settimanale, anno 1928: Il cervello indebolito per qualunque causa, riacquista energia normale, memoria pronta, svegliatezza, mercè il Conceptus alimento eroico del cervello e dei nervi. Rinvigorisce l'organismo, dà un aspetto sano, florido, ingrassa in modo sorprendente, infonde spirito gaio, allegro, ridonando il piacere della vita. Una sola dose che costa L. 14 fa ottenere effetti insperati. Tre generalmente per cura completa L. 40. Opuscolo gratis. Vaglia Ditta Conceptus. Deposito Farmacia Magnetli, Via Tre Alberghi 19. Per l'ingrosso, A. Manzoni - Milano. Da rilevare la denominazione filosofica Conceptus, sia del prodotto che del produttore, la virtù di fare ingrassare che nessun prodotto oserebbe oggi esibire e la scoperta di un Alessandro Manzoni grossista di Conceptus che sarà certo una lieta sorpresa per tutti i manzoniani. Piovene e Citati mi saranno grati. La Lozione Kino-Petrolèa alla violetta Valsecchi & Morosetti, racconta un Calendario del Portalettere 1904 dedicato all'Opera Lirica, associa per la felicità giornaliera delle capigliature malferme la corteccia di china e il nobile petrolio perfettamente depurato e deodorato, in un turbinare di violette prative. Una finezza di questa lozione è che, dissipando le irritazioni della cute e rinfrescando la testa, procur- alla mente una deliziosa sensazione di sollievo. E finalmente, nel secolo dei maggiori odoristi, e anche, secondo Huizinga, dei maggiori odori, nel 1650, fu inventata l'acqua di colonia. L'inventore, di Colonia, si chiamava Paul von Feminis, e a introdurla in Francia — non esilio, ma vera patria adottiva dell'acqua di colonia — furono i soldati dell'armata del Reno. Non è un segno di mollezza, perché di quest'acqua ha bisogno più un esercito di un dandy. Ce ne fosse, e di ottima, nelle nostre caserme! Allora era medicamento, insieme a tutto quel che conforta (thè, caffè, cioccolato li vendevano gli apoticari). Un distillatore e mercante italiano, Gian Antonio Farina, ne ricevette la formula nell'orecchio dall'estremo rantolo del Feminis e in un suo proprio fornello alchemico, a Colonia, via della Bilancia d'Oro, la fabbricava. Nel 1776 compare a Parigi la marca Jean-Marie Farina: appena in tempo per le guerre della rivoluzione e del Bonaparte. La stessa acqua seguita ad essere prodotta contemporaneamente in Francia e in Germania, con la medesima firma: più dolce la francese, più secca e aspra la tedesca. In un giornale di Parigi del secolo XVIII si dà l'indirizzo di un Epicier droguiste, me Dauphine, che ha in deposito l'acqua di colonia, e si accenna al suo uso sia interno che esterno. Quale sarà stato l'uso interno? Pare fosse utilizzata contro scorbuto, annegamento, mal di mare. In soluzione per clistere? Non è impossibile. Ogni bottiglietta, con sigillo e firma, costava trenta soldi. Ancora fumavano le macerie della povera Bastiglia, quando il grande benemerito dell'umanità, il chirurgo dentista Botot, lanciò la sua rossa acqua dentifricia in nome dell'uguaglianza di tutti gli aliti, generosa utopia, che Vilfredo Pareto sensatamente giudicherà insensata. Quale uguaglianza, tra l'alito soave di una Lucile Desmoulins e quello di un Marat? E Zimantrax? La Farmacia Vermondo Valli, angolo San Vincenzino e Foro Bonaparte, scioglie un inno sacro al proprio carbone digestivo sulla « Lettura », durante la Grande Guerra. Gli eserciti si scontrano, i grandi Imperi si liquefano, ma l'indigestione, più forte della Storia, sopravvive a tutto. La pubblicità di Zimantrax riesce ad insinuare nel lettore la persuasione che i gas intestinali siano molto più micidiali del fosgene e dell'iprite, proprio allora sperimentati con buon successo sui campi di battaglia. Terrorizzati, tutti sono invitati a fare urgentemente richiesta di un barattoli dirigendo il coupon di contro alla Farmacia Valli. Cominciava quel genere di propaganda ricattatoria del prodotto medicinale che oggi riempie i settimanali della sua sofferta truculenza. Luigi XVI prende il suo petit lail per breve tempo; il sangue ha appena cominciato a chiarificarsi che già la ghigliottina ne vuole una prova, il 21 gennaio 1793. Per i suoi familiari, il cittadino Robert continuerà a fornire petit lait, sciroppo di malva, succo di foglie di tarassaco, melissa, ipecacuana, miele di Narbona, acqua di rose, numerosi clisteri vermifughi composti con muschio di Corsica, succo di limone, olio d'oliva. Il 1° agosto Maria Antonietta, rinviata al tribunale straordinario, è rinchiusa alla Conciergerie per l'ultimo calvario. Quel giorno le fu dato il suo calmante preferito, di cui è stata ritrovata la formula, a base di sciroppo di capelvenere, acqua di fiori d'arancio e di tiglio, gocce di Hoffmann. Madame Campan nelle sue memorie racconta che la regina, sempre sofferente nel tempo felice di mal di nervi e di crisi spasmodiche, fu compensata nella miseria da una perfetta salute. Si accostava svogliatamente alle solite pozioni calmanti, le riteneva cose per donne felici. La lista dei suoi farmachi dell'ultimo periodo è poverissima: sali d'aceto, qualche brodo... La pochezza di questi conforti medici sorprende, paragonata alla grandezza delle offese patite nella fossa da sbranamenti della giustizia giacobina. Uscita dal tribunale alle quattro e mezza del mattino del 16 ottobre, la carretta della morte venne a prenderla in un mare di tamburi alle undici. Rientrata in cella aveva scritto alla cognata Elisabetta l'ultimo suo biglietto e si era buttata sul letto, in mezzo a due candele accese, sorvegliata da un ufficiale. Rosalie Lamorlière, addetta ai servizi della prigione, le portò un brodo chi aveva sui fornelli, verso le sette. Maria Antonietta ne prese qualche cucchiaiata. Guido Ceronetti