I sei punti dell'intesa di Andrea Barbato

I sei punti dell'intesa I sei punti dell'intesa (Dal nostro inviato speciale) Tel Aviv, 9 novembre. L'unica guerra-lampo combattuta in Medio Oriente quest'autunno, è stata la «Blitzkrieg» diplomatica di Kissinger, ma non si può ancora dire se sia stata vinta o perduta, in meno di 24 ore, il Segretario di Stato americano aveva inventato una formula di applicazione della tregua, per sottoporla poi all'approvazione di Sadat e di Golda Meir. Doveva essere un segreto sino al momento del sì delle due capitali avversarie. Ma una parte del testo è stata pubblicata a sorpresa stasera, attraverso indiscrezioni raccolte a Islamabad e a Tokio, e ripubblicate a Washington. Il governo israeliano, che sembrava già avviato ad un consenso, si è riunito in seduta straordinaria all'inizio della notte. Sembra che il documento diffuso non coincida con quello sottoposto nei giorni scorsi al governo israeliano dai negoziatori americani, almeno in qualche punto, e si è registrato qualche malumore nella compagine governativa. E' possibile che vi sia ancora qualche ripensamento, o qualche richiesta di chiarificazione, così come è probabile che l'indiscrezione di Kissinger sia stata voluta, per dare una spinta ai negoziati e indurre i governi a prendere un atteggiamento deciso. Prima di riunirsi con i ministri, Golda Meir aveva ancora lungamente incontrato l'ambasciatore americano Keating, nello sforzo di abolire le ultime contraddizioni. A tarda ora, la riunione del governo continuava, e si attendeva un comunicato. Dopo diciotto giorni di pace guerreggiata, seguiti a diciassette giorni di guerra, da oggi si può dunque dire o no che siamo sulla soglia della pace? Il «piano Kissinger» in sei punti e in tre fasi sembrava fino a poche ore fa una realtà politica capace di dischiudere la porta ai negoziati e di scongiurare la minaccia di una ripresa degli scontri. A porte chiuse, il governo israeliano lo aveva già accertato ieri, forse in una versione diversa, ne aveva discusso i particolari di applicazione e i possibili rischi; i dubbi e le riserve dell'ultima ora avevano anche ieri ritardato la partenza da Tel Aviv dell'inviato di Kissinger, Sisco, che aveva perduto l'appuntamento di Amman con il Segretario di Stato, ma che lo aveva poi raggiunto in nottata, portando la notizia del « si » israeliano. Ora, dopo la pausa del sabato e il rapido viaggio domenicale di Golda Meir a Londra, doveva essere il Parlamento di Gerusalemme a ratificare martedì l'accordo. Prima ancora dell'approvazione finale, il generale Aron Yariv (l'ex capo dei servizi segreti che ha condotto tutta questa fase dei colloqui accanto a Golda Meir) era tornato ieri al chilometro 101 della strada Suez-Il Cairo per incontrare gli ufficiali egiziani, e per mettere a punto i dettagli tecnici sul terreno. Anche il suo rapporto sembrava positivo, la strada pareva aperta, e si diceva che domani stesso l'accordo sarebbe stato firmato sotto la tenda sulla strada egiziana allo stesso chilome¬ tro 101. I dissensi di stasera hanno riaperto tutte le ipotesi. E' naturale che ciascuna delle due parti abbia sottolineato nel discutere il compromesso quanto esso fosse vicino alle proprie posizioni di principio, e abbia rivendicato una vittoria diplomatica. Israele sosteneva di aver fatto solo concessioni marginali, specie nella prima fase dei previsti tre «stadi» del colloquio a distanza. E anzi rivendicava un successo di fondo: se l'Egitto accetta di trattare, ciò non significa che ha già riconosciuto l'esistenza dello Stato di Israele? Anche lo Andrea Barbato (Continua a pagina 2 in quarta colonna)