Abruzzo senza università per la mancanza di fondi? di Filiberto Dani

Abruzzo senza università per la mancanza di fondi? Sono in allarme più di ventimila studenti Abruzzo senza università per la mancanza di fondi? Gli atenei dell'Aquila e di Pescara minacciano la chiusura - Gli enti locali non assicurano i finanziamenti - Unica via di salvezza: la statalizzazione dei due istituti - In pericolo l'anno accademico 1973-74 (Dal nostro inviato speciale) Chieti, 8 novembre. Le università abruzzesi, una all'Aquila e una a Pescara, sono sull'orlo del fallimento: si profila la minaccia della chiusura, più di ventimila studenti rischiano di perdere l'anno di studio. Le due università non sono statali anche se giuridicamente riconosciute, la loro sopravvivenza è legata al filo esile del contributo degli enti locali ed è proprio questo filo che ora si è spezzato. Il collasso di entrambi gli atenei non è però riducibile ad un termine così elementare. Insorgono a dirlo con veemenza professori, studenti, comuni, province, partiti politici ed organizzazioni sindacali, che indicano come unica via di salvezza la statalizzazione delle università d'Abruzzo, tante volte promessa e mai realizzata. Ecco perché, in questi giorni, gli abruzzesi sono scesi sul sentiero di guerra: una guerra, spiegano, che intendono combattere non tanto in difesa di un prestigio quanto di un diritto, quale è quello di avere un ordinamento universitario non soggetto agli alti e bassi finanziari degli enti locali. Gli animi sono accesi, la tensione si accentua di giorno in giorno, si teme che il malumore possa sfociare in disordini. Ovunque proliferano «comitati di agitazione)}, si susseguono assemblee, riunioni, ordini del giorno; il linguaggio degli oratori è duro, pieno di risentimento, talvolta rovente. Gli amministratori pubblici inviano telegrammi al capo del governo e al ministro della Pubblica Istruzione per sollecitare l'immediato intervento dello Stato: se questo intervento non ci sarà, avvertono, essi declinano fin d'ora ogni responsabilità nel caso di «inconsulte manifestazioni di piazza, le cui conseguenze potrebbero essere incalcolabili)). Un rapido cenno retrospettivo. Le università abruzzesi sono state istituite a cavallo degli Anni Cinquanta e Sessanta: la prima all'Aquila, la seconda a Pescara, con il nome di «Libera università Gabriele d'Annunzio». Nate sotto la spinta campanilistica e le pressioni politiche, oltre che per la richiesta dei giovani che vogliono studiare, i due atenei hanno frazionato le loro facoltà, proprio per non far dispiacere a nessuno, nelle quattro province abruzzesi. A Pescara ci sono economia e commercio, lingue e architettura; a Chieti, oltre al rettorato, lettere e filosofia e medicina; a Teramo, legge e scienze politiche (queste tre sedi fanno parte della «Gabriele d'Annunzio»); all'Aquila (seconda università «libera») ci sono magistero, scienze matematiche, fisiche e naturali, ingegneria e medicina. L'università pescarese (dodicimila iscritti) è sostenuta da un consorzio interprovinciale di cui fanno parte le amministrazioni comunali e provinciali di Pescara, Chieti e Teramo che ogni anno, per statuto, sono tenute a versare, con il concorso delle camere di commercio e delle casse di risparmio, un contributo calcolato sull'entità della popolazionne che essi rappresentano (quasi un miliardo di lire). E così l'università aquilana (oltre ottomila iscritti), la cui gestione autonoma è finanziata dagli enti locali. Ma gli enti locali non sono pagatori di prim'ordine; in Abruzzo non ci sono eccezioni. E' accaduto pertanto che i contributi alle due università sono sempre arrivati tardi, quando sono arrivati. Giorni fa, quando il consiglio di amministrazione della «Gabriele d'Annunzio» si è riunito per discutere ed approvare il bilancio preventivo per l'anno accademico 19731974, le cifre hanno rivelato un passivo, vecchio e nuovo, di un miliardo e mezzo di lire. Che fare? La risposta è in questa mozione: «Il consiglio di amministrazione, udita la relazione finanziaria, visti i maggiori oneri di spesa conseguenti alla sentenza della Corte Costituzionale relativa alla retribuzione degli incaricati, considerato che la mancata statalizzazione dell'università ha reso impossibile il protrarsi della situazione finanziaria mancando i mezzi necessari per garantire il funzionamento degli studi, ritiene di non poter provvedere responsabilmente all'approvazione del bilancio preventivo, anche in forma provvisoria)). Niente quattrini, dunque, niente bilancio, niente anno accademico. La reazione alla clamorosa decisione del consiglio di amministrazione è stata a catena. Riunita d'urgenza, l'assemblea dei docenti dell'università «Gabriele d'An¬ nmtprzspvdssmdcpdrcculatiaSlccn nunzio» ha proclamato «l'immediato blocco di ogni attività didattica e scientifica, comprensiva di esami, tesi di laurea e altre forme dì assistenza agli studenti», e ciò in considerazione del fatto che «a partire da questo mese l'università non sarà più in grado di affrontare alcuna spesa essendo stata compromessa la sua libera sopravvivenza». Se Pescara, Chieti e Teramo piangono, l'Aquila non ride. Ecco riunito il senato accademico che, a sua volta, prende atto di un'altrettanto disastrosa situazione finanziaria: l'università aquilana è creditrice nei confronti del comune e della provincia di un miliardo e 200 milioni di lire. E' impossibile andare avanti, meglio sospendere tutte le attività e realizzare così il blocco generale degli atenei abruzzesi. Dice il professor Giuliano Sorani, rettore magnifico dell'università dell'Aquila: «Non c'è soltanto il grosso debito che gli enti locali hanno con noi, quest'anno c'è anche una maggiore spesa di 400 milioni di lire per i soli stipendi. Ma il problema non è esclusivamente Questo. Un ateneo non s' manda avanti pagando stipendi o comprando francobolli: occorre molto di più e gli enti locali non potranno darcelo mai. Soltanto la statalizzazione riuscirà a dare una dimensione diversa alle università d'Abruzzo». Sono anni che si parla di statalizzazione: uno dei governi che si sono alternati alla guida del Paese ha persino elaborato due disegni di leg ge, ma questi non sono mai approdati in Parlamento. «E' chiaro», dice l'onorevole Raffaele Di Primio, socialista, membro del consiglio di amministrazione della Gabriele d'Annunzio, «che se non interverrà lo Stato le università abruzzesi saranno costrette a chiudere i battenti. Gli enti locali non sono assolutamente in grado di sopportare Questo onere finanziario. Oltretutto, i loro contributi coprono si e no la metà del fabbisogno degli atenei. Potremo forse chiedere a Questi enti uno sforzo finanziario per l'anno in corso, ma niente di più: la statalizzazione degli atenei abruzzesi si oppone alla Questione di vita o di morte». Quale sarà dunque la sorte di queste due università? Abolirle neppure a parlarne, e sarebbe ingiusto perché l'Abruzzo ne ha diritto. «L'ideale», dice ancora Raffaele Di Primio, «sarebbe che i due atenei si fondessero: la statalizzazione riguarderebbe un'u¬ nica università, verrebbero potenziati gli insegnamenti, i servizi, l'intero studio ne trarrebbe un grande beneficio». Ma è assai probabile che questa fusione rimanga nel cassetto dei sogni: l'argomento è troppo scottante per essere preso in seria considerazione dalla classe politica abruzzese. Come si fa a togliere a Chieti e a Teramo ciò che hanno già? E come trasferire dall'Aquila a Pescara le facoltà per concentrarle qui assieme alle altre? Succederebbe il finimondo, come è successo per il capoluogo di regione. E allora? | «I due atenei devono essere I statalizzati così come sono». | si ripete nelle quattro province. Sono d'accordo anche le organizzazioni sindacali che hanno inserito il problema della statalizzazione delle due università nelle loro rivendicazioni: e sarà un problema di cui si sentirà parlare domani in occasione di uno sciopero generale che paralizi zerà l'intera regione per ri; chiamare l'attenzione del go ! \ erno sulla condizione di sot' tosviluppo in cui è costret! ta a vivere la popolazione j d'Abruzzo. I Filiberto Dani

Persone citate: Gabriele D'annunzio, Giuliano Sorani, Raffaele Di Primio