Liberato il medico di Ottana Il riscatto pagato dal paese di Remo Lugli

Liberato il medico di Ottana Il riscatto pagato dal paese Prigioniero da 23 giorni dei banditi sardi Liberato il medico di Ottana Il riscatto pagato dal paese Gli autori del sequestro credevano che il dottor Fernando Ninna fosse ricco: possedeva un "fazzoletto" di terra che ora sarà venduto - I suoi assistiti e gli amici hanno raccolto i venti milioni richiesti - "Un'avventura terribile — ha detto — non mi sentivo più uomo ma una merce di scambio. Ora devo pensare a pagare i debiti" (Dal nostro inviato speciale) Oltana, 8 novembre. Dopo ventitré giorni di prigionia, il dottor Fernando Ninna, 40 anni, medico condotto di Ottana, è stato rilasciato dai banditi che l'avevano sequestrato per estorsione. «Un'avventura — dice — che non dimenticherò mai. La cosa più avvilente è stata quella di sentirmi non più uomo, ma merce di scambio. Terribile: non l'augurerei nemmeno a una bestia. Per resistere mi hanno dato la forza loro», e abbassa gli occhi sulle teste di due dei suoi quattro figli, che accarezza infilando le mani tra i capelli. Perché potesse riavere la libertà, la sua famiglia ha pagato circa venti milioni di lire. Denaro che non aveva, se non in minima parte. Ne hanno raccolto anche in paese. Si dice che sono state versate tre rate: la prima, di cinque milioni, tutto quanto aveva risparmiato il medico nella sua carriera (laureato nel 1960, incaricato della condotta a Ottana dal 1969, quattro figli, la moglie e il padre a carico); la seconda che dovrebbe essersi aggirata sui dieci milioni, somma raccolta con il versamento di parecchie persone facoltose e benestanti di Ottana e del circondario dove il dottor Ninna è benvoluto e amato; per la terza, pare ci sia stato l'intervento di una personalità del mondo politico sardo. «L'unico aspetto bello della vicenda — dice Ninna — è questo: l'aver visto lo slancio con cui tante persone si sono generosamente sacrificate per me. Avrò debiti finché campo». Aggiunge sua moglie: «Certo, si viene ad essere dei condannati all'ergastolo finanziario». I banditi erano informati male: credevano che il dottor Ninna avesse dei beni; invece non ha nulla, viene da una famiglia operaia, l'unica sua proprietà sono mille metri quadrati di terreno che aveva comprato da due anni, alla periferia del paese, con la speranza di potersi costruire una villetta. «E ora devo ricominciare tutto daccapo, da sottozero, perché ho da pagare i debiti». Soggiunge il professionista: «Se ne sono resi conto di aver sbagliato; credevano che tutti i medici fossero sequestrabili perché, dicevano, guadagnano duecentomila lire al giorno». La prima richiesta è stata di ottanta milioni. L'hanno fatta scrivere per lettera allo stesso sequestrato. Di lettere Ninna ne ha scritte sei, ma a casa sua ne sono arrivate soltanto tre. Gli dettavano loro tutte le disposizioni per allacciare i contatti. Ci sono stati diversi incontri, tra i banditi e rappresentanti della famiglia, due di questi erano Giuseppe Barca, 38 anni, vicesindaco, e Bachisio Pusceddu, gli stessi che ieri sera, intorno alle 23, sono andati a prendere in consegna il medico nella Barbagia di Ololai, vicino al passo, di «Corr'è Boi», tra Orgosolo e Fonni, a milleduecento metri di quota. II dottor Ninna racconta: «A un certo punto hanno capito che si erano sbagliati, che io non avevo denaro, ma si giustificavano, quasi: "Quando un sequestro è stato deciso dev'essere portato fino in fondo". A volte si dicevano dispiaciuti. Mi pregavano di pazientare: "Stia tranquillo, lei tornerà vivo. Se muore per la fatica non è colpa nostra". E io gli replicavo: "Ma chi è che mi porta in giro?"». Il dottor Ninna è sbarbato di fresco, ha l'aspetto ancora florido, è diminuito soltanto di tre chilogrammi. Stanotte, quando è tornato, aveva una barba lunga di ventitré giorni. Dopo gli abbracci alla moglie, al padre, agli amici che trepidamente lo aspettavano in cucina, è andato a svegliare i bambini: Pier Luigi, 10 anni, e Anna Maria, 8 anni hanno pianto di commozione e hanno voluto alzarsi. Gianfranco, di 7, non l'ha ricono sciuto, ha esclamato: «Non sei tu il mio babbo», e si è girato sull'altro fianco; la figlia minore. Maria Rita, ha cinque mesi. Stiamo parlando sulla soglia di casa che è un piccolo edificio dell'Etfas, l'ente di trasformazione fondiaria agraria sarda (le case, abbandonate dai rurali perché il terreno è improduttivo, in parte sono state affittate a privati). Tu t fin torno ci sono colline arse dalla lunga siccità, macchiate dal verde dei cespugli di mirto, corbezzolo e cisto. L'aia che sconfina in mezzo all'erba gialla, è invasa dalle automobili: ce ne sono diciannove, di parenti, amici. Arriva la ventesima: scende il dottor Canetto, di Bortigali. Abbraccia Ninna, il quale, sorridendo, dice: «Salve, collega d'avventura». Canetto, medico anche lui, fu sequestrato il 30 gennaio 1968 insieme con il veterinario dottor Papandrea: i banditi volevano rapire il farmacista di Bortigali, dottor Cuccuru, ma or¬ mai che li avevano presi li tennero. C'è il sole, il dottor Ninna è in camicia e Pier Luigi ha paura che abbia freddo, gli porta fuori una giacca e gliela mette sulle spalle. Lui se la scarica di dosso subito, con un gesto di nervosismo. Scatta: «No, questa sa di delinquenti, puzza di banditi». La prende, la gira, mostra uno j strappo nella schiena. Poi fa vedere cicatrici negli avam-1 bracci e in una gamba. «Si passava tra le sterpaglie, in mezzo ai rovi, ci si buttava giù per pendii scoscesi, ma io ero sempre bendato, in certi momenti mi sentivo venir meno la terra sotto i piedi e cadevo giù anche per quattro o cinque metri. Avevo proprio paura di rompermi, una volta o l'altra, una vertebra o una gamba». Racconta della sera in cui fu rapito mentre tornava da { Olzai, con la sua Renault R5, in compagnia dell'infermiera ! Maria Niola. Un'ombra che j striscia a terra e un macigno l b i e , o o e , . j che sbarra il passo, e all'ultiI mo istante c'è anche un banI dito con un fucile dalla canna i lunghissima. «Tento una sterI zata per passare lo stesso, ma I urto nella pietra, la macchil na sbanda, l'uomo si fa da , una parte con un balzo, apre | lo sportello, mi dice di sceni dere perché ha bisogno della j macchina. Intanto spuntano i fuori altri quattro uomini, j tutti armati. La ragazza pianI ge, uno dei cinque tranquilliz! za: "Non vogliamo voi, ma l'automobile"». Continua Ninna: «Un momento terribile, che non scorderò. Sentendo parlare della macchina avevo creduto. E invece un attimo dopo mi hanno detto: "E' meglio che venga anche lei". Così ho capito che si trattava proprio di sequestro». L'infermiera venne lasciata libera dopo un paio d'ore e il medico iniziò la lunga marcia. «Per tutta la notte, fortuna che ero abituato, perché sono cacciatore. Al mattino, quando ci siamo fermati, mi hanno detto che avevamo fatto ottanta chilometri. Certo si andava di passo lungo». Ieri sera, quando è venuto il momento della liberazione, uno lo ha abbracciato e gli ha detto: «Scasi, era un uomo che non lo meritava, abbiamo dovuto difendere il nostro buon nome, non potevamo rinunciare al riscatto, ci avrebbero derisi. Le anzi, dica che j ha pagato una i ra molto più forte». Remo Lugli Ottana. Fernando Ninna, liberato dai banditi, con la moglie e il figlio Pierluigi (Ansa)

Persone citate: Anna Maria, Canetto, Cuccuru, Giuseppe Barca, Maria Niola, Maria Rita, Papandrea, Pusceddu

Luoghi citati: Bortigali, Fonni, L'aia, Orgosolo, Ottana