"Stefanino,, agli Uffizi di Marziano Bernardi

"Stefanino,, agli Uffizi UNA MOSTRA PER L'INCISORE DELLA BELLA "Stefanino,, agli Uffizi (Dal nostro inviato speciale) Firenze, novembre. Stefano Della Bella, « Stefanino » com'era chiamato per il fisico gentile e le maniere garbate, ben meritava la splendida rievocazione che ora della sua opera ha fatto Anna Porlani Tempesti nel Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi: 320 incisioni scelte tra le 914 che il Gabinetto, compresi i doppioni, possiede, insieme con più di 600 disegni, dell'artista fiorentino (1610-1664). La mostra è illustrata filologicamente e criticamente dall'insigne studiosa in un esemplare catalogo (Firenze, Olschki editore) di 175 pagine e 94 riproduzioni, che aggiorna all'anno in corso le ricerche e le precisazioni iniziate nel nostro secolo da Alessandro Baudi di Vesme (A. De Vesme, Le peintregraveur italien, 1906) e proseguite fino ad oggi dopo il litigo oblio che aveva avvolt colui che nel Sei e Settecento era stato ammirato come l'emulo e il successore del grande Callot. "Versatile cronista" Nel crescente interesse che il pubblico — Analmente anche il pubblico italiano — dimostra per le stampe antiche, moderne e contemporanee, quanto mai a proposito è stato offerto a Firenze questo saggio dell'arte del « più rappresentativo e fecondo incisore italiano del secolo XVII... piacevole e versatile cronista della vita italiana del suo tempo», come lo ha definito uno specialista valentissimo (Ferdinando Salamon, Il conoscitore di stampe, Einaudi). Nato in una famiglia di | scultori, pittori ed orafi, in I dirizzato fanciullo al mestie re di incidere il metallo, si possono citare per la sua formazione culturale e tecnica Remigio Cantagallina, i pittori Giovan Battista Vanni e Cesare Dandini, e indirettamente il Tempesta, il Brill, Filippo Napoletano, Agostino Tassi. Ma, essenzialmente autodidatta, il suo gusto fu improntato dagli esempi di Jacques Callot, operoso per un decennio, fino al 1621, a Firenze, prediletto dalla corte medicea. Se non che, nel paragone d'obbligo CallotDella Bella, e nel giudizio su quale dei due sia « più grande », si deve tener conto (lo ricorda la Forlani Tempesti) che entrambi attinsero alle medesime fonti culturali, cioè fiorentine, e che su entrambi il soggiorno a Roma influì profondamente. Stefanino vi conobbe il Barocco di Pietro da Cortona e del Bernini, assorbì il classicismo archeologico dell'ambiente di Cassiano dal Pozzo, il dolce paesismo del Lortnese e dei pittori olandesi, strinse relazioni con incisori (per esempio il Coliignon) ed editori dì stampe francesi. Quantunque a Roma non incidesse ma soltanto disegnasse instancabilmente cogliendo tutti gli aspetti della vita, anche popolare, la sua affermazione, tornato a Firenze, fu tale che i plagi delle sue incisioni, come le Otto vedute di mare del 1634, correvano in Francia. La gigantesca acquaforte di sei fogli per una complessiva lunghezza di due metri e mezzo, Entrata dell'ambasciatore di Polonia a Roma, con sacrò la sua celebrità. Si trasferì allora, nel 1639, a Parigi. Nel '35, poco più che quarantenne, Callot era morto; si apriva la successione all'incisore favorito dal Richelieu. Per esaltare la grande impresa militare dell'onnipotente ministro, l'assedio della Rochelle, l'artista di Nancy aveva già fornito due stampe. Stimato da Richelieu Il cardinale francese volle dall'artista di Firenze una nuova illustrazione della vittoria e un'altra dell'assedio di Arras. Le due lastre portano la data 1641, e per le dimensioni eccezionali, l'importanza degli avvenimenti, la potenza del committente, aprirono a Stefano, nota la Forlani Tempesti, la strada maestra del più clamoroso successo. Ma la sua incisione più famosa del periodo parigino è quella del Pont Neuf, soggetto già trattato sedici anni prima dal Callot, ma in modo completamente diverso, e sarebbe difficile dire quale delle due stampe sia il maggior capolavoro. Il Della Bella era conscio dello straordinario risultato raggiunto nella prodigiosa veduta prospettica delle due rive della Senna e nella vivacissima rappresentazione di centinaia di persone affollate intorno al monumento del « Vert Galant », e ritornando a Firenze nel 1650 portò con sé il rame dell'acquaforte. Della lastra larga 70 centimetri, venduta in un secondo tempo al Collignon e poi passata in varie mani, non si sa più nulla dal 1857; ma probabilmente esiste ancora, e chi la ritrovasse troverebbe un tesoro. La sorte fu generosa con Stefanino: la protezione medicea a Firenze e a Roma, del Richelieu e del Mazzarino a Parigi, una facilità senza confronti nel lavoro, una fantasia inesauribile nel campo decorativo, un'attitudine quasi romantica a immedesimarsi con la natura, una percezione fulminea della caratterizzazione umana, una capacità rara di assimilazione del meglio dei maestri da lui amati. Per una vita di soli cinquantaquattro anni, una produzione enorme: poche pitture (ciò che costituì il suo rimpianto), ma circa 1050 incisioni all'acquaforte talvolta con qualche ritocco di bulino o di puntasecca, ed alcune migliaia di disegni. Può darsi che non vi si ritrovi il segno del genio che illumina una stampa di Rembrandt o di Goya; e tuttavia mai ne è assente la fusione mirabile dei mezzi espressivi, forniti da una stupenda conoscenza tecnica, con l'intento rappresentativo, sia esso riferito a una scena popolare, a un tema sacro o mitologico, a un paesaggio, a un'invenzione di ornamenti, a un'analisi di costume, alla descrizione di ammali. Inoltre, contemplando ad una ad una attentamente queste stampe esposte agli Uffizi, neppure un terzo dell'intera opera incisa di Stefano Della Bella, ciascuna delle quali richiese, oltre lo studio dell'invenzione e della composizione, un'applicazione manuale incredibile per la definizione limpidissima di innumerevoli particolari, ancora una volta ci si domanda di quali doti disponessero quei maestri antichi per conciliare, in un tempo spesso limitato, una sbalorditiva prolificità con la perfezione dei prodotti. Marziano Bernardi