Israele teme che gli americani facciano concessioni all'Egitto di Andrea Barbato

Israele teme che gli americani facciano concessioni all'Egitto Il problema del "consolidamento della tregua,, Israele teme che gli americani facciano concessioni all'Egitto Golda Meir, tornando da Washington, ha accennato ad un "temporaneo disaccordo" con gli Usa - Morti i due osservatori Onu (uno è italiano) sorpresi dalla guerra sul Canale; gli israeliani denunciano che dodici prigionieri furono uccisi dai siriani sulle alture dei Golan (Dal nostro inviato speciale) Tèi Aviv, 5 novembre. «Golda» è tornata in Israele, ma il mistero diplomatico che circonda il suo viaggio americano non si è diradato. Forse i prossimi due giorni, con l'arrivo di Kissinger al Cairo e con la riunione del Parlamento di Gerusalemme mercoledì, diranno quali sono i punti di «temporaneo disaccordo» tra Stati Uniti e Israele ai quali ha fatto cenno starna-, ne all'aeroporto, in una laconica dichiarazione, il primo ministro israeliano. L'attesa per conoscere 11 pacchetto delle proposte cresce qui di ora in ora, ed è abbastanza diffusa la sensazione che la signora Meir sia tornata sostanzialmente a mani vuote, sia pure fra rinnovate dichiarazioni di amicizia. Stasera si è riunito il governo, che era comunque già presente quasi al completo all'aeroporto di Lod stamane. Mentre un certo malumore verso gli Stati Uniti si consolida, gli israeliani temono che la debolezza della Casa Bianca in questo momento, e l'aggravarsi del « ricatto petrolifero », possano indurre Washington a qualche cedimento; e temono che Kissinger vada ai Cairo domani con qualche concessione sostanziale. Gli americani, insomma, sarebbero stati generosi verso Israele nel promettere e concedere tutte le armi più nuove sofisticate (fra le quali congegni elettronici contro-i missili di ultimo modello), ma non avrebbero fatto un passo indietro sulle due questioni fondamentali: l'urgenza di un negoziato sulla base di una almeno parziale ritirata israeliana dai territori occupati nel 1967, e prima ancora la necessità di « consolidare la tregua ». Questa formula, si sa, significa cose diverse a seconda di chi la pronunci, ma il suo tema fondamentale è il ritorno alle linee del 22 ottobre, cioè della prima tregua. Israele sostiene che queste linee non esistono, e che furono comunque alterate da violazioni egiziane; l'Egitto ribatte con buoni argomenti che l'avanzata su Suez avvenne dopo il 22 ottobre, ed è probabile che gli americani vogUano esercitare nuove pressioni su Israele perché apra il corridoio per la terza armata accerchiata. Le due parti avverse trattengono ciascuna un ostaggio per questa fase preliminare delle trattative: ' gli egiziani non resistuiscono i prigionieri, gli israeliani non aprono là morsa intorno alle due divisioni circondate. Nella zona c'è ancora tensione, come ha confermato stasera il portavoce militare. Fuoco di pattuglie, scambio di colpi, tentativi di modifica- re le posizioni, si ripetono su quasi tutto il fronte del Canale, da Nord a Sud. Incidenti minori, che vanno tuttavia ad aggiungersi all'inquietudine di queste ore. Dal Cairo, si raccolgono qui indizi di una specie di ultimatum, che ha spinto ieri sera Moshe Dayan a giudicare possibile anche una ripresa dei combattimenti. Un altro segno di tensione è giudicato qui il fatto che si stia creando qualcosa di simile ad un fronte dei paesi arabi che non hanno accettato la tregua, con intensi scambi di visite tra Bagdad, Algeri e Tripoli. Insomma, l'ipotesi che una parte o l'altra approfitti di queste ore per tentare una sortita intorno al Canale, non è del tutto remota, anche se gli ultimi scontri potrebbero essere soprattutto verbali, una guerra fredda tra comandi militari alla vigilia di qualche decisione politica. Entro poche ore lo scambio dei prigionieri e l'apertura della via di rifornimento alla terza armata potrebbero già essere una realtà. Certo è che Golda Meir al suo ritorno non trova una situazione agevole. Non solo dovrà faticare non poco per far accettare al Parlamento e all'opinione pubblica eventuali patti conclusi a Washington, .ma anche il clima interno è di crisi. Ogni segno di cedimento o di debolezza potrebbe far precipitare il fronte laborista che è al governo. E ciò spiega.anche perché si riparli della possibilità di un governo di coalizione, che dovrebbe includere anche quei settori della destra che soffiano sul fuoco delle pressioni americane, degli errori militari e politici, della minaccia egiziana di una quinta guerra e della tregua troppo affrettata. Due notizie rattristano ancor più il quadro: gU egiziani hanno oggi portato al confine del perimetro da loro occupato, nella zona di Kantara, i corpi senza vita dei due osservatori dell'Onu sorpresi dall'attacco del 6 ottobre nel posto «Copper», sul canale. Sono il francese Banse e il capitano italiano Olivieri, che erano stati dati per dispersi fin dalle prime ore. La moglie del capitano Olivieri aveva telefonato più volte da Roma a Tel Aviv alla disperata ricerca di notizie del marito, la cui morte è ora confermata. Infine, il portavoce militare israeliano ha annunciato di aver consegnato alla Croce Rossa la documentazione che prova come dodici prigionieri di guerra furono legati e poi trucidati dai siriani vicino a Kushnia. i Andrea Barbato Tel Aviv. Golda Meir, tornata dagli Stati Uniti, stringe la mano a Dayan (Tel. Upi)