Le Cantine Sociali sono valide ma la formula va "riveduta,, di Edoardo Ballone

Le Cantine Sociali sono valide ma la formula va "riveduta,,Nuove prospettive dopo lunghi anni di crisi Le Cantine Sociali sono valide ma la formula va "riveduta,, I debiti, contratti negli ultimi anni, superano i due miliardi e mezzo - Spesso i soci non conferiscono tutto il raccolto: è questa una delle principali cause del mancato "decollo" di questi organismi cooperativi - L'idea nuova dell'associazionismo (Dal nostro inviato speciale) Asti, 5 novembre. Le Cantine Sociali sopravissute nell'Astigiano (una trentina) hanno ancora da pagare 2 miliardi e 600 milioni, per mutui di fondazione, e un miliardo e mezzo per debiti a breve e medio termine verso terzi, in particolare le banche. L'indebitamento iniziale troppo oneroso è stato uno dei principali motivi di crisi e di squilibrio per le Cantine. Anche la sovradimensiona degli impianti contribuisce ad aggravare la situazione: nelle 73 Cantine Sociali del Piemonte c'è una capienza totale di 249 mila quintali d'uva; ma nel 1970 ne furono conferiti soltanto 94 mila quintali e nel '71 circa 80 mila. Le Cantine sono dunque sfruttate per un terzo e i costi di gestione salgono alle stelle. Altro fattore endemico di crisi è l'ammassamento delle Cantine nel raggio di pochi chilometri o addirittura nello stesso paese. L'esempio-limite è quello di Costigliele d'Asti con tre Cantine Sociali, ora tutte chiuse. Ad Alice Bel Colle, un paesino del Monferrato con 1300 abitanti, funzionano due Cantine Sociali e non mancano altri esempi. Ciò significa che talvolta c'è stata una corsa alla Cantina come fatto di prestigio campanilistico senza una concreta ed efficiente programmazione Infine c'è la mentalità di molti soci ad aggrovigliare la matassa. n presidente della Provincia d'Asti, dottor Andriano, ha riferito che nella Cantina di Piova Massaia, ora fallita, alle assemblee si presentavano in media 20 soci su 1400; e purtroppo non è un caso isolato. In un moderno palazzo nel centro di Asti, c'è l'ufficio dell'onorevole Giuseppe Miroglio, deputato democristiano. L'intervista si svolge tra il vociare di una decina di contadini che, al di là della porta, attendono d'essere ricevuti per esporre le loro grane. «Ho ereditato una situazione disastrosa — .quasi si scusa Miraglio — ma sono ancora ottimista. L'idea della cooperasione va rilanciata nella nostra terra ma occorrono uomini e idee nuove. E' inutile chiedere aiuti al Feoga, organismo europeo, se prima non si effettua una completa ristrutturazione delle Cantine». In poche parole, per il de Miraglio occorre innanzitutto curare il malato prima di decidere ulteriori interventi. La Cantina Sociale è agonizzante, ma esistono diagnosi e medicine per farla guarire. Rileva il deputato: «La polverizzazione dei terreni è uno degli ostacoli per una buona riuscita dell'esperimento Cantine. Infatti, nell'Astigiano, la media degli appezzamenti produce 100 quintali di uva per ettaro contro ì 300-400 di altre regioni vinicole. Questo è un grave handicap. C'è dunque un'iniziale carenza tecnica aggravata da una giuridica, ossia gli statuti delle Cantine Sociali. E' assurdo parlare di azioni e di responsabilità illimitata in un organismo nato con scopi cooperativistici». Con tali presupposti negativi, appesantiti dagli scarsi conferimenti, è quasi una regola che le Cantine Sociali paghino ai soci un prezzo per miriagrammo minore di quello che il contadino ricava dal mercato a vendita diretta. E' chiaro che così scompare del tutto la funzione della cooperazione. «Abbiamo ottenuto un intervento della Regione per le Cantine in difficoltà ma questo aiuto è contingente, essendo legato alla disavventura delle grandinate. Per il rilancio della cooperativa urgono provvedimenti organici e non certo parziali». Con il passare degli anni, molti soci sono morti e non c'è stato un ricambio. I giovani hanno preferito un posto sicuro in fabbrica, piuttosto che vivere in un'economia aleatoria, legata ai capricci della meteorologia. Ma la fuga dai campi non cancella i debiti contratti dai padri come soci della Cantina: è la dura legge della responsabilità illimitata. «Proprio questo è uno dei maggiori impedimenti alla cooperazione — sottolinea Miroglio —; è evidente che si è diffidenti verso un organismo che pretende ima responsabilità anche dagli eredi. Ristrutturare le Cantine vuol dire anche fare entrare negli statuti il termine "responsabilità limitata"». Proposte interessanti le ha pure l'Alleanza dei contadini, molto forte nell'Astigiano e nel Novarese. Il presidente regionale, il comunista Oddino Bo, si dichiara fiducioso in un rilancio delle Cantine Sociali purché esistano determinati presupposti. Dice Bo: «Il fallimento c'è stato, ma è inutile cercare un alibi nella mancata coscienza cooperativistica dei contadini Ciò è soltanto una conseguenza mentre le cause vanno cercate a monte». E prosegue: «Fra gli Anni 50 e 60, gli agricoltori ebbero grande fiducia nelle nmslsppnUmsvvsNsngdunpdicpggzlntaPvuvgcrni nuove Cantine Sociali. Ovviamente è subentrata in loro la sfiducia se si considera l'assoluta mancanza di interventi statali per risolvere i loro problemi. La crisi è affiorata più nella crescita che nella nascita della cooperazione. Un esempio: perché non sono mai stati istituiti gli Enti di sviluppo?». in effetti, i contadini speravano in questi enti di intervento agricolo che dovevano sostituire gli Enti di riforma. Nel '65, gli Enti di sviluppo sono sorti in altre regioni ma non in Piemonte ritenuta regione ormai «adulta» e scevra da crisi profonde. «E' stato un grave errore di valutazione — sottolinea Bo — infatti proprio nel Piemonte, punto di arrivo di una tumultuosa immigrazione anche nelle campagne, occorreva un pronto intervento di un ente governativo. Ora stiamo pagando quella mancata realizzazione». A detta del presidente Bo, la via del rilancio delle Cantine implica una totale ristrutturazione « e con ciò intendo anche quella dei vigneti». In Piemonte, infatti, ci sono le vigne più vecchie d'Italia con una media di anzianità che varia dai 20 ai 30 anni. Il «vigneto senile» comporta una diminuzione di prodotto con conseguenze dirette sul conferimento e indirette sulla economicità delle Cantine. «E' evidente — spiega Bo — che in queste condizioni molte Cantine non lavorano a pieno ritmo e quindi non possono pagare i soci. In Piemonte neppure il 50 per cento delle Cantine paga a prezzi di mercato». Il paragone, a questo punto, corre alle cooperative emiliane «organizzate e funzionanti», a quelle venete «attive perché sostenute da un'alta produzione per ettaro» ed infine a quelle siciliane «efficienti perché sostenute da un organico intervento regionale». Insomma, il Piemonte è la «pecora nera» delle Cantine Sociali. Ma come cancellare questa fama poco onorevole? «Esistono proposte valide — risponde il comunista Bo — naturalmente vanno attuate senza riserve mentali. Innanzitutto va affrontato il problema della commercializzazione del vino sfuso e quello dell'imbottigliamento e della commercializzazione dei vini doc confezionati. E' un punto importante per avere una efficace forza contrattuale sul mercato». Oggi, in Piemonte, su 73 Cantine Sociali soltanto 14 sono in grado di imbottigliare mentre le altre, sono parole di Bo, «hanno semplici vasche per ospitare del vino che sarà venduto sottocosto a commercianti e industriali». Un altro strumento, per risollevare le Cantine è, secondo Bo, l'istituzione di un «centro pubblico cooperativo». Spiega il presidente dell'Alleanza: «Esso è una via di mezzo fra soluzione collettivistica sovietica e libero mercato capitalistico. E' una forma di associazionismo, un qualcosa di piìi della cooperazione». Con questo centro si arriverebbe, rileva Bo, all'unificazione dell'offerta tramite l'associazione tra Cantine Sociali e singoli proprietari. La proprietà catastale dei terreni non è toccata, ma in comune ci sarebbero i servizi e la for¬ za contrattuale. «La nostra proposta — dichiara Bo — è gradita sia ai contadini che agli altri partiti dello schieramento democratico. Per renderla attuabile occorre soltanto la buona volontà». E conclude: «Solo in questo modo le Cantine si salveranno dai grandi colossi dell'industria alimentare che di giorno in giorno monopolizzano il mercato rendendo sempre più nana la piccola e media proprietà contadina». Edoardo Ballone

Persone citate: Andriano, Giuseppe Miroglio, Miraglio, Miroglio, Oddino Bo