Golda Meir oggi da Nixon per "salvare la vittoria,, di Andrea Barbato

Golda Meir oggi da Nixon per "salvare la vittoria,, Il Medio Oriente ancora tra guerra e pace Golda Meir oggi da Nixon per "salvare la vittoria,, Il Premier vuole mettere in chiaro fino a che punto il governo Usa si è impegnato con i russi e può quindi condizionare le scelte israeliane - "Non fatemi domande ora, vi saprò dire di più al mio ritorno" (Dal nostro inviato speciale) Tel Aviv, 31 ottobre. Per « trattare con gli amici prima di cominciare a trattare con i nemici », Golda Meir ha attraversato oggi l'Atlantico. Problemi gravi e difficili decisioni attendono in America l'infaticabile signora che governa Israele, e che è partita sospinta da una opinione pubblica amareggiata e divisa. E' impressione comune che la signora Meir, oltre a discutere il modo di applicare l'ancora incompleto cessate il fuoco, voglia anche capire Ano a che punto il governo americano si sia impegnato con i sovietici, e fino a che punto perciò vorrà condizionare le scelte di Israele. L'appoggio amichevole degli Stati Uniti appare qui ad alcuni fin troppo soffocante, e l'ininterrotto ponte aereo trasporta anche ammo. nimenti e condizioni che in qualche caso Israele giudica inaccettabili. Le armi che hanno permesso agli israeliani l'offensiva finale (come ha detto chiaramente ieri sera in Parlamento Moshe Day a n) ora scottano come un debito non pagato. Gli israeliani hanno capito la fretta di Golda Meir, hanno approvato senza riserve la sua decisione di chiedere udienza a Nixon e a Kissinger. E stamane all'aeroporto di Lod hanno applaudito il primo ministro in missione presso l'alleato, cosi come i soldati ieri l'altro l'avevano ì applaudita al di là del Canale. Golda, si dice qui, sa farsi ascoltare dagli americani, i suoi viaggi sono sempre stati un successo personale, ha superato altri momenti d'incomprensione, come quando seppe riportare nella sua «borsa della spesa» gli aerei Phantom che l'America voleva negare. Anche stavolta, si è convinti qui, saprà far capire agli americani che ci sono posizioni invalicabili e punti irrinunciabili. Salutata dall'intera classe dirigente politica israeliana, !a Meir è partita da Tel Aviv poco dopo mezzogiorno. Si era fermata a parlare qualche minuto nell'aerostazione con Dayan, con Abba Eban, con l'ambasciatore americano Keating, con i due gran rabbini, poi aveva detto poche parole nei microfoni. «Non fatemi domande ora, vi saprò dire di più al mio ritorno. Parto per una missione presso una grande potenza, una nazione che è anche nostra grande amica, come ha dimostrato in ore difficili. E' naturale che vogliamo chiarire certi problemi, in questo spirito d'amicizia». La sua voce è stata interrotta dal rombo di un aereo «C.141» americano in decollo. Golda Meir appariva serena, non affaticata, solo il suo braccio destro mostrava qualche piccola ferita coperta da cerotti. Si è allontanata su un autobus dell'aeroporto, e poco dopo il jumbo-jet della «El-Al» ha lanciato sul mare due segnali di fumo bianco, che hanno permesso ai caccia di scorta di seguirne la scìa. Che non si tratti d'una missione strettamente diplomatica, lo dimostra anche il fatto che nel ristretto gruppo degli accompagnatori, oltre al direttore generale della presidenza del Consiglio, Mordechai Gazit, e al consigliere militare generale Israel Lior, è presente anche il generale Aron Jariv. E' l'uomo che per tre volte nei giorni scorsi ha incontrato gli egiziani sotto una tenda al km 101 della strada Suez-Cairo, discutendo i problemi dei prigionieri e dei rifornimenti alla III Armata egiziana. Ma è anche l'ex capo dei servizi segreti israeliani, l'antico consigliere speciale della Meir, un militare con serie ambizioni politiche nella compagine governativa. I problemi del cessate il fuoco dominano ancora la scena, dunque, e precedono ogni discorso anche preliminare sui negoziati, che invece potrà essere avviato più pienamente — si dice qui — quando Kissinger verrà in Medio Oriente a fine settimana durante il suo viaggio verso Pechino. E' forse in questa fase, più che dinanzi a un tavolo con gli arabi, che Israele sente di dover affrontare difficoltà gravi, e avverte con risentimento la propria solitudine, tanto più drammatica se l'amico più generoso impone un prezzo alla propria amicizia. Gli israeliani si sentono vittime del progetto di distensione, schiacciati dalla «brutale amicizia» russo-americana. E' stata una dura rivelazione per tutti apprendere da Dayan in persona che la macchina da guerra israeliana aveva una autonomia molto limitata, se è vero che le cartucce che sono oggi nei fucili israeliani vengono dagli arsenali americani con il pon-1 te aereo. Il senso di dipenden- za dagli Stati Uniti provoca : sentimenti contrastanti. I sol- i dati in prima linea hanno 1 scritto, sui cartelli alzati nel ; punto in cui la tregua li ha fermati: «Qui passa la linea Kissinger ». L'applicazione del cessate il1 ; fuoco rimbalza su tre angoli morti, strettamente collegati tra loro, che formano la prima preoccupazione di Golda 1 Meir nella sua missione ame¬ ! I | j I ricana. Il primo è quello dei I prigionieri: ora appaiono le I liste, la Croce Rossa trova j aperte le porte anche nei campi egiziani, si hanno nomi ! e cifre, sia pur incomplete. Ma la restituzione sembra le- ! gata (come ha ripetuto Sadat oggi stesso) al fatto che Israele si sottometta ad applicare un altro punto della risoluzione dell'Onu: quello del rispetto della linea raggiunta alle 18,50 del 22 ottobre, e cioè prima di quella avanzata di circa nove chilometri, compiuta in ore ormai di tregua, con la quale il corpo di spedizione israeliano completò l'accerchiamento della III Armata del generale egiziano Wazel. Fu una risposta al fuoco egiziano, fu una iniziativa dei j militari locali, o fu più probabilmente una scelta strategico-politica? Fatto sta che ; quell'operazione è oggi il maggior ostacolo sulla strada dei colloqui arabo-israeliani. | E Israele sa che gli Stati Uniti si sono impegnati con i sovietici (a loro volta impegnati con l'Egitto) a far rispettare l'incerta linea indicata in quel I primo documento di pace. E i intanto Israele si sente beffaI to nel dover autorizzare ogni ! giorno il passaggio dei convoI gli e dei traghetti che, sia pur | fra molte lentezze, vanno a rij fornire il corpo di spedizione I nemico. Andrea Barbato j ; | I Tel Aviv. Golda Meir. all'aeroporto di Lod, parla ai giornalisti prima di partire per gli Stati Uniti. Alle sue spalle il ministro degli Esteri Abba Eban (Tel. Ap)