E' morto Sergio Tofano "Sto" papà del signor Bonaventura
E' morto Sergio Tofano "Sto" papà del signor Bonaventura E' morto Sergio Tofano "Sto" papà del signor Bonaventura Roma, 28 ottobre. Sergio Tofano è morto nella tarda mattinata di oggi, nella clinica romana Villa Maria Pia, dove era stato ricoverato due settimane fa. L'attore aveva 87 anni: era nato a Roma il 20 agosto 1886. Sullo schermo, in questi due ultimi anni, si è lasciato dirigere da Risi nella « Colonna infame » e da Magni in « Rugantino ». Per la televisione, ancora più recentemente, ha recitato la parte di Parini in uno sceneggiato che deve andare ancora in onda, (Ansa) Attore ironico Come ricordare, se non dalla fine, la vita di un attore che calcava le scene da oltre sessant'anni? Più che all'esordio con Ermete Novelli — 1909! — o all'ascesa nelle compagnie del Talli (1913'23), converrà accennare a due meno remote interpretazioni, neppure in parti di primo piano, e tuttavia esemplari in un profilo dell'artista e dell'uomo. 1961: nell 'Arturo Vi di Brecht, Sergio Tofano è un vecchio guitto che insegna a un gangster dizione e comportamento. In questi panni, fa la caricatura dell'attore, di un certo tipo di attore, con tale perizia e humour, e con uno spicco così netto da prendersi, affatto involontariamente, tutte le risate e gli applausi. Cinque anni dopo, nel Giardino dei ciliegi, eccolo che deve truccarsi da vegliardo (il trucco fu sempre una sua arma e una sua caratteristica) per impersonare un canuto maggiordomo che, in Cecov, ha meno degli ottant'anni che il suo interprete ha già, ma non dimostra. Con poche battute, tra magistrali silenzi e sospiri, strascicando il passo e scotendo il capo, Tofano riesce a comporre una figura indimenticabile. In questa come nell'altra interpretazione, c'era tutto Tofano: la maschera legnosa e la figura allampanata, la voce impastoiata che egli volgeva a suo profitto, e poi una ironia distaccata, una sottile malinconia e anche un senso del pudore che erano le doti meno appariscenti, ma più autentiche, di un artista spesso tacciato di freddezza, addirittura d'intellettualismo. « Un attore che pensa »: già questa definizione, che molti oggi si contenderebbero, non suonava una volta come una lode. Non era figlio d'arte, ma della borghesia e, laureatosi in legge, avrebbe dovuto seguire le orme paterne in magistratura: origini e formazione che gli rimasero come incollate addosso sino a modellare, e talvolta a velare, un'arte discreta e ritrosa, ma anche orgogliosa e caparbia. Qualche tappa: gli anni con Niccodemi, e poi in compagnia con Almirante e la Rissone, con questa e De Sica, con la Merlini e Cimara e, ancora, sino alla vigilia dell'ultimo conflitto, con la Maltagliati e con Cervi. Già allora, oltre che attore, è direttore di compagnia e, sebbene la parola non si usi, anche regista, e quindi testimone e partecipe di quel trapasso dal capocomitato alla regia che impronta il teatro tra le due guerre e che non lo coglie impreparato: pro¬ prio a lui, che è dei pochi superstiti di quel Teatro all'antica italiana lei quale ha intonato un affettuoso epicedio in un suo libro così intitolato, proprio a lui riesce più facile adattarsi alla diversa disciplina degli Stabili. Nel '50 è già al « Piccolo » milanese, poi a Torino e a Roma, arricchendo di nuovi personaggi le sue più memorabili interpretazioni: per tutte. Knock nell'omonima commedia di Romains, che egli riprende alla tv, per la quale, come per la radio, spesso recita. Si è detto spesso di Tofano: ha uno stile, come pochi altri. E questo stile, inconfondibile, ha anche improntato la sua intensa attività di scenografo e costumista, e soprattutto di disegnatore. Chi non ricorda il giacchettino rosso, gli ampi pantaloni bianchi, il fido bassotto del signor Bonaventura che ogni settimana, nelle vignette del «Corriere dei piccoli » firmate Sto, si vedeva immancabile piovere nelle mani un milione? Personaggio popolarissimo in tutta Italia, caro a tutti i bambini che l'attendevano con ansia come i loro genito-1 ri, Bonaventura apparve anche sullo schermo (e per il cinema Tofano interpretò una quarantina di film in gustose caratterizzazioni) e salì spesso in palcoscenico stilizzandosi nei modi di una moderna commedia dell'arte quasi che il suo creatore, in un guizzo d'ironia, volesse mostrarsi al pubblico in un'arguta caricatura di se stesso. Alberto Blandi Sergio Tofano nei panni del Signor Bonaventura ■ E' morto Sergio Tofano "Sto" papà del signor Bonaventura E' morto Sergio Tofano "Sto" papà del signor Bonaventura Roma, 28 ottobre. Sergio Tofano è morto nella tarda mattinata di oggi, nella clinica romana Villa Maria Pia, dove era stato ricoverato due settimane fa. L'attore aveva 87 anni: era nato a Roma il 20 agosto 1886. Sullo schermo, in questi due ultimi anni, si è lasciato dirigere da Risi nella « Colonna infame » e da Magni in « Rugantino ». Per la televisione, ancora più recentemente, ha recitato la parte di Parini in uno sceneggiato che deve andare ancora in onda, (Ansa) Attore ironico Come ricordare, se non dalla fine, la vita di un attore che calcava le scene da oltre sessant'anni? Più che all'esordio con Ermete Novelli — 1909! — o all'ascesa nelle compagnie del Talli (1913'23), converrà accennare a due meno remote interpretazioni, neppure in parti di primo piano, e tuttavia esemplari in un profilo dell'artista e dell'uomo. 1961: nell 'Arturo Vi di Brecht, Sergio Tofano è un vecchio guitto che insegna a un gangster dizione e comportamento. In questi panni, fa la caricatura dell'attore, di un certo tipo di attore, con tale perizia e humour, e con uno spicco così netto da prendersi, affatto involontariamente, tutte le risate e gli applausi. Cinque anni dopo, nel Giardino dei ciliegi, eccolo che deve truccarsi da vegliardo (il trucco fu sempre una sua arma e una sua caratteristica) per impersonare un canuto maggiordomo che, in Cecov, ha meno degli ottant'anni che il suo interprete ha già, ma non dimostra. Con poche battute, tra magistrali silenzi e sospiri, strascicando il passo e scotendo il capo, Tofano riesce a comporre una figura indimenticabile. In questa come nell'altra interpretazione, c'era tutto Tofano: la maschera legnosa e la figura allampanata, la voce impastoiata che egli volgeva a suo profitto, e poi una ironia distaccata, una sottile malinconia e anche un senso del pudore che erano le doti meno appariscenti, ma più autentiche, di un artista spesso tacciato di freddezza, addirittura d'intellettualismo. « Un attore che pensa »: già questa definizione, che molti oggi si contenderebbero, non suonava una volta come una lode. Non era figlio d'arte, ma della borghesia e, laureatosi in legge, avrebbe dovuto seguire le orme paterne in magistratura: origini e formazione che gli rimasero come incollate addosso sino a modellare, e talvolta a velare, un'arte discreta e ritrosa, ma anche orgogliosa e caparbia. Qualche tappa: gli anni con Niccodemi, e poi in compagnia con Almirante e la Rissone, con questa e De Sica, con la Merlini e Cimara e, ancora, sino alla vigilia dell'ultimo conflitto, con la Maltagliati e con Cervi. Già allora, oltre che attore, è direttore di compagnia e, sebbene la parola non si usi, anche regista, e quindi testimone e partecipe di quel trapasso dal capocomitato alla regia che impronta il teatro tra le due guerre e che non lo coglie impreparato: pro¬ prio a lui, che è dei pochi superstiti di quel Teatro all'antica italiana lei quale ha intonato un affettuoso epicedio in un suo libro così intitolato, proprio a lui riesce più facile adattarsi alla diversa disciplina degli Stabili. Nel '50 è già al « Piccolo » milanese, poi a Torino e a Roma, arricchendo di nuovi personaggi le sue più memorabili interpretazioni: per tutte. Knock nell'omonima commedia di Romains, che egli riprende alla tv, per la quale, come per la radio, spesso recita. Si è detto spesso di Tofano: ha uno stile, come pochi altri. E questo stile, inconfondibile, ha anche improntato la sua intensa attività di scenografo e costumista, e soprattutto di disegnatore. Chi non ricorda il giacchettino rosso, gli ampi pantaloni bianchi, il fido bassotto del signor Bonaventura che ogni settimana, nelle vignette del «Corriere dei piccoli » firmate Sto, si vedeva immancabile piovere nelle mani un milione? Personaggio popolarissimo in tutta Italia, caro a tutti i bambini che l'attendevano con ansia come i loro genito-1 ri, Bonaventura apparve anche sullo schermo (e per il cinema Tofano interpretò una quarantina di film in gustose caratterizzazioni) e salì spesso in palcoscenico stilizzandosi nei modi di una moderna commedia dell'arte quasi che il suo creatore, in un guizzo d'ironia, volesse mostrarsi al pubblico in un'arguta caricatura di se stesso. Alberto Blandi Sergio Tofano nei panni del Signor Bonaventura ■
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