Tattica per gli arabi di Giorgio Romano

Tattica per gli arabi Tattica per gli arabi Hanno imparato più degli israeliani dal conflitto del 1967- Il ruolo dei missili russi e l'inutilità della "linea Maginot" del Sinai (Dal nostro corrispondente) I Tel Aviv, 21 ottobre. Gli israeliani sono fiduciosi per quanto riguarda lo svolgimento delle operazioni sui campi di battaglia, preoccupati per quanto concerne le soluzioni politiche, prossime e remote. Abituati a vincere le guerre che hanno dovuto combattere, sanno che quando le cose dipendono da loro riescono a raggiungere i fini che perseguono; quando dipendono anche dagli altri, si trovano davanti a difficoltà quasi insolubili, ad una congiura di volontà, di puntigli e di coalizioni che è difficile superare. Questa volta le cose sono andate, finora, in modo un po' diverso dalle altre: la vittoria non c'è ancora stata e, quando ci sarà, sarà molto più dura delle altre. Non che \ le altre volte sia stata facile, come ha detto superficialmente qualcuno, ma sono sempre state (nelle ultime due guerre) vittorie lampo, in cui Israele non ha dato tempo e modo all'avversario di respirare, lo ha stordito e disorientato, ha travolto appostamenti e difese, ha fatto credere che i suoi «diavoli» scatenati fossero dieci volte più numerosi di quanto erano, tanto che nel 1967, probabilmente in buona fede, gli j avversari hanno creduto che ci fosse stato un intervento straniero. Gli arabi hanno imparato dalla guerra del 1967 più di quanto non abbiano imparato i loro vincitori: hanno imparato a tacere, e a simulare, hanno imparato persino una certa moderazione verbale al momento in cui hanno scatenato l'attacco dopo averlo preparato con meticolosa cura. Hanno imparato anche alcuni metodi di battaglia dai loro nemici. Con l'installazione di basi missilistiche sulla sponda occidentale del Canale di Suez, intorno al porto di Alessandria, nei pressi del Cairo e della diga di Assuan, gli arabi (consigliati dai russi) hanno creduto di preparare una guerra nuova; la tecnologia sovietica ha in effetti predisposto gli strumenti per una guerra diversa da tutte le precedenti, che avrebbe dovuto avere il potere di immobilizzare l'aviazione avversaria, di impedirle l'attività sul Sinai e \ di nore consentirle azioni of- \ fensive sui campi d'aviazione del Paese, limitando persino le possibilità di quegli scontri aerei in cui si sapeva che la preparazione tecnica Cigli israeliani avrebbe avuto ragione degli avversari. I missili sono stati l'arma segreta della quarta guerra arabo-israeliana, contro la quale (nel campo tecnologi- co) gli israeliani non avevano armi difensive adeguate. Ma è accaduto e accade in questa guerra ciò che avvenne in altri conflitti, anche se con strumenti diversi. La linea Bar-Lev, che gli israeliani avevano predisposto di fronte al Canale sulla riva orientale e in cui avevano profuso mezzi ingentissimi, è crollata nel giro di poche ore, come la linea Maginot; e la linea dei Sam di vario tipo che gli egiziani avevano predisposto (modernissima muraglia di Cina, che avrebbe dovuto sventare l'insidia dell'aviazione e degli aerei senza pilota) è servita per breve tempo: gli uomini di Israele, penetrati oltre il Canale, oltre le linee, oltre le difese, hanno cominciato a smantellarla e a distruggerla pezzo per pezzo. La cronaca della giornata è contenuta in comunicati volutamente stringati che si limitano a spiegare (dopo aver detto soltanto poche parole sulle attività relative al fronte settentrionale) che nel settore occupato dagli israeliani sulla riva ovest, tra il lago Timsa e il Grande Lago Amato, il fronte è stato ulteriormente ampliato in larghezza e ir. profondità e che le forze in esso operanti si avvicinano probabilmente ai quindicimila uomini. Queste forze hanno continuato il loro compito di distruggere le basi di artiglieria e di missili. Sono stati anche messi fuori uso oltre 60 tanks egiziani. Giorgio Romano Tattica per gli arabi Tattica per gli arabi Hanno imparato più degli israeliani dal conflitto del 1967- Il ruolo dei missili russi e l'inutilità della "linea Maginot" del Sinai (Dal nostro corrispondente) I Tel Aviv, 21 ottobre. Gli israeliani sono fiduciosi per quanto riguarda lo svolgimento delle operazioni sui campi di battaglia, preoccupati per quanto concerne le soluzioni politiche, prossime e remote. Abituati a vincere le guerre che hanno dovuto combattere, sanno che quando le cose dipendono da loro riescono a raggiungere i fini che perseguono; quando dipendono anche dagli altri, si trovano davanti a difficoltà quasi insolubili, ad una congiura di volontà, di puntigli e di coalizioni che è difficile superare. Questa volta le cose sono andate, finora, in modo un po' diverso dalle altre: la vittoria non c'è ancora stata e, quando ci sarà, sarà molto più dura delle altre. Non che \ le altre volte sia stata facile, come ha detto superficialmente qualcuno, ma sono sempre state (nelle ultime due guerre) vittorie lampo, in cui Israele non ha dato tempo e modo all'avversario di respirare, lo ha stordito e disorientato, ha travolto appostamenti e difese, ha fatto credere che i suoi «diavoli» scatenati fossero dieci volte più numerosi di quanto erano, tanto che nel 1967, probabilmente in buona fede, gli j avversari hanno creduto che ci fosse stato un intervento straniero. Gli arabi hanno imparato dalla guerra del 1967 più di quanto non abbiano imparato i loro vincitori: hanno imparato a tacere, e a simulare, hanno imparato persino una certa moderazione verbale al momento in cui hanno scatenato l'attacco dopo averlo preparato con meticolosa cura. Hanno imparato anche alcuni metodi di battaglia dai loro nemici. Con l'installazione di basi missilistiche sulla sponda occidentale del Canale di Suez, intorno al porto di Alessandria, nei pressi del Cairo e della diga di Assuan, gli arabi (consigliati dai russi) hanno creduto di preparare una guerra nuova; la tecnologia sovietica ha in effetti predisposto gli strumenti per una guerra diversa da tutte le precedenti, che avrebbe dovuto avere il potere di immobilizzare l'aviazione avversaria, di impedirle l'attività sul Sinai e \ di nore consentirle azioni of- \ fensive sui campi d'aviazione del Paese, limitando persino le possibilità di quegli scontri aerei in cui si sapeva che la preparazione tecnica Cigli israeliani avrebbe avuto ragione degli avversari. I missili sono stati l'arma segreta della quarta guerra arabo-israeliana, contro la quale (nel campo tecnologi- co) gli israeliani non avevano armi difensive adeguate. Ma è accaduto e accade in questa guerra ciò che avvenne in altri conflitti, anche se con strumenti diversi. La linea Bar-Lev, che gli israeliani avevano predisposto di fronte al Canale sulla riva orientale e in cui avevano profuso mezzi ingentissimi, è crollata nel giro di poche ore, come la linea Maginot; e la linea dei Sam di vario tipo che gli egiziani avevano predisposto (modernissima muraglia di Cina, che avrebbe dovuto sventare l'insidia dell'aviazione e degli aerei senza pilota) è servita per breve tempo: gli uomini di Israele, penetrati oltre il Canale, oltre le linee, oltre le difese, hanno cominciato a smantellarla e a distruggerla pezzo per pezzo. La cronaca della giornata è contenuta in comunicati volutamente stringati che si limitano a spiegare (dopo aver detto soltanto poche parole sulle attività relative al fronte settentrionale) che nel settore occupato dagli israeliani sulla riva ovest, tra il lago Timsa e il Grande Lago Amato, il fronte è stato ulteriormente ampliato in larghezza e ir. profondità e che le forze in esso operanti si avvicinano probabilmente ai quindicimila uomini. Queste forze hanno continuato il loro compito di distruggere le basi di artiglieria e di missili. Sono stati anche messi fuori uso oltre 60 tanks egiziani. Giorgio Romano

Persone citate: Lago Amato

Luoghi citati: Alessandria, Assuan, Cina, Israele, Suez, Tel Aviv