La pace cercata di Renzo Carnevali
La pace cercata La pace cercata te la guerra a Occidente del Canale, oltre le linee del 1967. Una disposizione generale a trattare sembra appunto farsi strada, in questa congiuntura ideale, tra le parti che contano. La voce di Dayan a Tel Aviv ha eloquenti consonanze con quella di Heykal al Cairo. Egitto e Israele ben colgono l'opportunità offerta ora dall'andamento dei fatti d'arme, consapevoli entrambi dei propri limiti, e le superpotenze arbitre ben colgono, ugualmente, l'opportunità che il momento militare offre loro di salvare la distensione. L'iniziativa diplomatico e l'iniziativa militare sono due parallele, nel conflitto del Medio Oriente, che procedono con snella interdipendenza. Sebbene la diplomazia sia rimasta inerte al principio della guerra, il vero fine dell'attacco sito-egiziano contro Israele era proprio quello di smuovere la diplomazia da lungo tempo incagliata su un dato di fatto disarmante qual era la schiacciante vittoria di Israele nel 1967. L'attacco del giorno del Kippur intendeva rimuovere quel dato di fatto paralizzante e offrire alla diplomazia una realtà più bilanciata, se non autentici vantaggi militari per l'Egitto, su cui trattare ex novo. Ora, la vittoria di Israele nel nord-est e il suo fortunato contrattacco sul Canale di Suez non divergono dai fini del negoziato che si prepara laboriosamente a Mosca. Al contrario, lo incalzano, nel momento favorevole in cui gli egiziani mantengono un piede sulla riva orientale, sia pure su una fascia per loro ammissione ridotta in profondità (15-17 chilometri) , e gli israeliani lo tengono sull'altra sponda. L'accanita battaglia nel settore centrale del fronte egiziano, incominciata ieri con la controffensiva di Israele in corrispondenza delle teste di ponte che alimentano le sue forze operanti sul territorio dell'Egitto vero c proprio, equivale alle quattro ore di colloqui « importanti » (secondo la definizione di Mosca) tra Kissinger e i dirigenti sovietici. Questo è dunque il momento più propizio alla pace. Essa era improbabile due settimane fa, quando i siro-egiziani coglievano un successo reso ingiusto ed effimero dalla sorfesa; potrebbe essere più ard .a e meno sentita domani, quando le divisioni israeliane frantumassero il fronte del Sinai e portassero definitivamen¬ In queste parallele si inserisce maldestro, incitato si direbbe più da Libia e Algeria che dall'Egitto, il ricatto del petrolio. La decisione odierna di sette Paesi esportatori arabi, di cessare le forniture agli Stati Uniti, contrasta con la precedente di ridurre progressivamente l'estrazione. Stranamente essa non va a colpire l'America, che attinge in Arabia una parte trascurabile di greggio, ma l'Europa, perché la contrazione del pompaggio rimane a solo danno degli europei che sono fuori del conflitto. Renzo Carnevali La pace cercata La pace cercata te la guerra a Occidente del Canale, oltre le linee del 1967. Una disposizione generale a trattare sembra appunto farsi strada, in questa congiuntura ideale, tra le parti che contano. La voce di Dayan a Tel Aviv ha eloquenti consonanze con quella di Heykal al Cairo. Egitto e Israele ben colgono l'opportunità offerta ora dall'andamento dei fatti d'arme, consapevoli entrambi dei propri limiti, e le superpotenze arbitre ben colgono, ugualmente, l'opportunità che il momento militare offre loro di salvare la distensione. L'iniziativa diplomatico e l'iniziativa militare sono due parallele, nel conflitto del Medio Oriente, che procedono con snella interdipendenza. Sebbene la diplomazia sia rimasta inerte al principio della guerra, il vero fine dell'attacco sito-egiziano contro Israele era proprio quello di smuovere la diplomazia da lungo tempo incagliata su un dato di fatto disarmante qual era la schiacciante vittoria di Israele nel 1967. L'attacco del giorno del Kippur intendeva rimuovere quel dato di fatto paralizzante e offrire alla diplomazia una realtà più bilanciata, se non autentici vantaggi militari per l'Egitto, su cui trattare ex novo. Ora, la vittoria di Israele nel nord-est e il suo fortunato contrattacco sul Canale di Suez non divergono dai fini del negoziato che si prepara laboriosamente a Mosca. Al contrario, lo incalzano, nel momento favorevole in cui gli egiziani mantengono un piede sulla riva orientale, sia pure su una fascia per loro ammissione ridotta in profondità (15-17 chilometri) , e gli israeliani lo tengono sull'altra sponda. L'accanita battaglia nel settore centrale del fronte egiziano, incominciata ieri con la controffensiva di Israele in corrispondenza delle teste di ponte che alimentano le sue forze operanti sul territorio dell'Egitto vero c proprio, equivale alle quattro ore di colloqui « importanti » (secondo la definizione di Mosca) tra Kissinger e i dirigenti sovietici. Questo è dunque il momento più propizio alla pace. Essa era improbabile due settimane fa, quando i siro-egiziani coglievano un successo reso ingiusto ed effimero dalla sorfesa; potrebbe essere più ard .a e meno sentita domani, quando le divisioni israeliane frantumassero il fronte del Sinai e portassero definitivamen¬ In queste parallele si inserisce maldestro, incitato si direbbe più da Libia e Algeria che dall'Egitto, il ricatto del petrolio. La decisione odierna di sette Paesi esportatori arabi, di cessare le forniture agli Stati Uniti, contrasta con la precedente di ridurre progressivamente l'estrazione. Stranamente essa non va a colpire l'America, che attinge in Arabia una parte trascurabile di greggio, ma l'Europa, perché la contrazione del pompaggio rimane a solo danno degli europei che sono fuori del conflitto. Renzo Carnevali
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